domenica 5 aprile 2020

In punta di piedi

Il sentiero e' stretto e in salita e si arrampica sul monte in mille curve, tra gli alberi e le chiazze di neve. Ho il fiatone, gli sbuffi che si condensano nell'aria fredda. Quanti anni potevo avere? 15? 18?
- Zio, non ce la faccio a starti dietro! rallenta!
Tu ti giri, sorridi. Mi dici che per camminare in salita non devo appoggiare i talloni.
- Devi camminare in punta di piedi, sei vuoi arrivare in cima! mi dici.

Ricordi di giorni lontani, istantanee che affiorano nella mia memoria come vecchie fotografie, remote eppure inspiegabilmente vivide. Vorrei poterle estrarre dalla mia mente e conservarle in un album, in un computer, in qualcosa di diverso dalla mia testa, perche' la memoria umana e' labile. Dimentichiamo, anche se non vorremmo. E io ho il terrore di dimenticare. Di perdere la memoria del taglio dei tuoi occhi, il modo in cui camminavi, l'odore dei tuoi vestiti.
Tutte quelle piccole cose che non ho mai osservato volontariamente, ma che facevano da corollario alla tua persona.

Su youtube ci sono i video delle tue conferenze. Non so quanto ho pianto la prima volta che ne ho visto uno. Eccoti li', uguale a come ti ricordo, la tua voce, l'espressione del tuo volto. E' stato struggente vederti vivo, l'illusione di poterti incontrare di nuovo. Ho rivisto quel video almeno dieci volte, solo per sentire ancora il suono della tua voce. E' stato lunedi' 23 Marzo, il giorno dopo la tua morte.

Mamma me l'ha detto subito, quando ci siamo sentite su skype quella domenica, come al solito.
"Flavia, purtroppo devo dirti una cosa". Ho capito subito che parlava di te, aveva le lacrime agli occhi. E' stato un orrendo deja vu di quel 4 Marzo 2018, quando alla consueta chat della domenica ho trovato solo papa'.
- Lo zio ha avuto un ictus, e' in coma, mamma e' partita stamattina per andare da nonna.

In questi giorni ho letto un sacco di necrologi. I tuoi colleghi dell'universita' hanno esaltato la tua intelligenza, il tuo amico Arnaldo ha elencato le montagne che avete scalato insieme, dal McKinley in Alaska al Muztaghata nel Pamir tibetano, a tutte le cime conquistate nelle Ande.

Mi sono resa conto che di una persona si tendono a vedere sempre le stesse cose, come due corpi celesti in orbita sincrona. La prima cosa che colpiva di te era la tua immensa intelligenza, la tua straordinaria memoria, la tua incredibile conoscenza di qualunque argomento, dalla Fisica Teorica alla Chimica, dalla Letteratura alla musica classica, per non parlare di ogni sentiero su ogni rilievo italiano (e una buona parte di quelli esteri) . Ma c'erano tante sfaccettature di te che mi sono ignote. Non so com'eri come professore, non conosco l'espressione che avevi negli occhi quando ti trovavi su qualche remota catena montuosa ai confini del mondo, non so qual era l'ultima cosa a cui pensavi prima di addormentarti nella tua casa di Pavia, non so quali fossero le tue paure, i tuoi sogni. Non so perche' a volte tu preferissi isolarti dalla famiglia. Ci sono tutti i ruoli di cui non ho esperienza diretta, non so come sei stato come figlio, fratello, marito, padre, nonno. Molte cose di te sicuramente non le ho mai capite. Avevi luci ed ombre, non sei stato perfetto. Ma chi di noi lo e'? Io spero solo che tu sia stato felice.

Per me sei stato lo zio migliore che potesse esserci, nei tuoi confronti provo solo gratitudine. Mi ricordo quel pomeriggio passato a parlare insieme dei pianeti del sistema solare. Quanti anni potevo avere? ero poco piu' che una bambina. Quel giorno hai piantato in me il seme dell'amore per l'Astronomia, che negli anni successivi e' germogliato e cresciuto.
Mi ricordo quel giorno del 2006 in cui eri a casa nostra a Genova. Forse avevi qualche conferenza in  citta'? Io mi accingevo a scrivere il primo capitolo della mia tesi di laurea. Era primo pomeriggio, mamma usci' di casa, dicendoci di badare ad una pentola che sobbolliva in cucina. Un'ora dopo il primo capitolo della tesi era pronto, mentre la pentola e il suo contenuto finirono nella spazzatura. Quella tesi mi valse la lode.
Ricordo il giorno in cui ti ho telefonato chiedendoti se potevi fare da testimone al mio matrimonio. Ricordo la sorpresa nella tua voce, la gioia. Ricordo come ogni volta che venivamo in Italia tu cercavi il modo di vederci, anche solo per un giorno. Ti sono enormemente grata per tutto questo.

Quando papa' mi disse che eri in coma, ricordo la mia incredulita'. Ho sempre pensato che saresti morto in una spedizione, caduto in un crepaccio, strappato da una parete di roccia ghiacciata dal vento impetuoso. Sicuramente l'avresti preferito.
Ho sperato, ho pregato, ho acceso candele, ho tentato ricatti e promesse con entita' invisibili pur di poterti riavere indietro. Ogni giorno la speranza di vederti riaprire gli occhi si assottigliava. Quando finalmente sono tornata in Italia, sono corsa al tuo capezzale e non ti ho riconosciuto. Ingrassato, senza occhiali, gli occhi chiusi. Tu gia' non eri piu' li', quello era solo un corpo ormai troppo danneggiato per potersi riprendere.

Arnaldo ha scritto che hai "vissuto in punta di piedi e in punta di piedi te ne sei andato". E hai deciso di farlo proprio adesso, nel momento in cui, a causa dell'emergenza coronavirus, non e' stato possibile celebrare alcun funerale. E questo e' proprio della persona umile e schiva che sei sempre stata.
Mi mancherai immensamente, pensare che non ti vedro' mai piu' mi causa un dolore immenso. Ti custodiro' per sempre nel mio cuore.
Grazie, grazie di tutto. 

giovedì 19 marzo 2020

Il Western Australia ai tempi del Coronavirus

Premessa 
(che vale per qualunque cosa riguardante l'Australia)

Durante il mese di Gennaio sono stata contattata da un numero impressionante di persone. Familiari, amici, gente che ho incontrato una volta e mai piu' vista e perfetti sconosciuti. Tutti avevano un'unica domanda: Com'e' la situazione degli incendi, li' da te in Australia?
Lo so, la televisione e i media italiani hanno problemi con la geografia e tendono a fare di tutta l'erba un fascio, pero' io vivo in Western Australia e gli incendi erano in New South Wales e Victoria. Per dire, da qui a Sydney sono quasi cinque ore di aereo. L'Australia e' un continente.
E' come se qualcuno venisse in Italia aspettandosi di trovare i fiordi, avendo letto che questo e' uno dei paesaggi che e' possibile ammirare in Europa. 
Questo per dire, quello che accade a Sydney non accade qui.

La situazione qui adesso

Nel momento in cui vi scrivo, in Western Australia ci sono una cinquantina di persone positive al virus, soprattutto gente di ritorno da viaggi all'estero o turisti, e si sono verificati tutti a Perth.
E' stata introdotta la quarantena obbligatoria per chiunque torni (o arrivi) dall'estero, con multa fino a 50.000 dollari e un anno di detenzione per i trasgressori (la severita' della pena e' differente negli altri stati dell'Australia).
Oggi poi e' arrivata la notizia che l'Australia sta per chiudere le frontiere a chiunque non abbia la cittadinanza o un visto di residenza, si parla di almeno sei mesi.

Detto tra noi, non so quanto sara' utile. Il virus si sta propagando in New South Wales, o aboliscono anche gli spostamenti all'interno del continente, oppure questa misura non mi sembra utilissima.

Nel frattempo la vita continua.
Il paese non e' (ancora) in quarantena, le scuole e le universita' sono aperte, i mezzi pubblici funzionano, si puo' cenare fuori e andare a fare shopping.
L'Australiano medio sta iniziando a recepire che questo virus non e' solo "un'influenza". Le autorita' lo sanno da un pezzo, sono stati aperti ospedali e cliniche, ci sono scorte di camici e mascherine, e nel posto dove lavoro abbiamo gia' fatto due training sul coronavirus, e un altro e' in arrivo, sulla "vestizione" obbligatoria per entrare nella stanze delle persone infette e i metodi di disinfezione.

L'intero stato e' in attesa, pronto a combattere.

Nel frattempo gli Australiani sono andati in panico e stanno svuotando i supermercati. Il primo articolo ad andare esaurito e' stata la carta igienica.


Si', lo so, non e' un virus gastrointestinale, ma parliamo di gente che non sa cos'e' il bidet. Compatiteli.
La corsa all'accaparramento degli ultimi rotoli e' arrivata ad estremi assurdi: la gente si e' accapigliata in alcuni supermercati, e un quotidiano si e' sentito in dovere di stampare alcune pagine bianche, gia' tratteggiate, giusto in caso qualcuno ne avesse avuto necessita' mentre era in bagno.



Dopo la carta igienica e' sparita la pasta, la salsa di pomodoro, il sapone, il latte, i surgelati e la carne. Il governo e' stato un po' ambiguo sull'eventualita' di fare scorte, dicendo prima che non era assolutamente il caso, e poi che e' opportuno avere in casa del cibo in caso ci si trovasse in quarantena. Ieri il primo ministro ha ribadito veementemente che il "panic buying" e' assurdo e va interrotto immediatamente, ma ormai il danno e' stato fatto.

La radio e la televisione ripetono incessantemente notizie sul coronavirus, come probabilmente stanno facendo tutti i media del pianeta.

Ieri mattina alla radio:

Primo DJ: avete sentito, la pasta nei supermercati e' finita. Ne e' rimasto solo un tipo.
Seconda DJ: e quale?
Primo DJ: i risoni (risata di sottofondo di una terza persona).
Seconda DJ: i COSA? (risata)
Primo DJ: i risoni.
Seconda DJ: vuoi dire il riso?
Primo DJ: no, la pasta si chiama "risoni" (altra risata).

Forse erano sotto l'effetto di droghe, chissa'. Certo, considerando che l'Australiano medio si intende di pasta quanto io di trattori, tutto e' possibile.

Dieci minuti dopo:

Primo DJ: ... e poi ho sentito questa cosa, che in Italia adesso escono sui balconi e cantano.
Seconda DJ: ma che schifo, a me darebbe fastidio!!! magari sei li' che mangi e i vicini ti disturbano!!

A questo punto ho fermato la macchina e ho preso il cellulare, per cercare su internet il numero telefonico dell'emittente radiofonica e protestare.
Che ne sai tu dell'Italia e della situazione che c'e' adesso per permetterti di dire "ma che schifo".
Ovviamente non c'era campo.

Io non sono terribilmente preoccupata per il virus in se'. Ero in Medio Oriente quando e' scoppiata la MERS, ho fatto il callo all'ansia da Coronavirus (e la MERS ha una mortalita' del 35%).
E' piu' il fatto che ho la famiglia e gli amici a 12.000 km di distanza in un paese prostrato dal virus e sotto chiave.
Al lavoro mi chiedono: "Come stanno i tuoi genitori?" e la risposta e' sempre la stessa: " Bene... per adesso".

Poi stanotte ho sognato che un mio compagno di universita' si era infettato ed era morto. Allegria, direbbe Mike Bongiorno.

Speriamo che passi presto. Teniamo duro. E laviamoci le mani, nel frattempo.

venerdì 6 marzo 2020

La storia infinita del passaporto

Dopo avervi raccontato del giorno in cui sono diventata australiana, oggi volevo condividere con voi le gioie della burocrazia, nello specifico quello che ho dovuto fare per  ottenere il passaporto. 

Il passaporto australiano
Antefatto
Che meraviglia, sono australiana!!! e  oggi completero' il form online per richiedere il passaporto! emozione alle stelle!
La procedura e' la seguente: completare il modulo, stampare i due fogli che appaiono al termine, prendere appuntamento con l'ufficio postale, portare all'appuntamento il materiale richiesto (passaporto italiano, patente australiana, fogli stampati, certificato di cittadinanza e fototessera) e pagare 300 dollari.
Il form online e' lunghissimo e diviso in tipo dodici diverse sezioni, che vanno compilate una per una. Tra queste, una deve essere compilata da una persona che conosci e che in pratica ti fa da garante per ottenere il passaporto. I requisiti sono che la persona sia Australiana, possieda un passaporto e mi conosca da piu' di un anno.
Dopo una veloce revisione delle mie conoscenze, opto per una collega con cui ho un buon rapporto, la contatto e le chiedo se puo' portare il proprio passaporto al lavoro il giorno seguente. Lei accetta, e il giorno dopo, in un momento di pausa, la collega compila diligentemente la parte mancante del modulo online, indicando i propri dati anagrafici, l'indirizzo, il numero di telefono, il luogo di nascita e il numero del proprio passaporto. Torno a casa, stampo i fogli e li metto dentro ad un raccoglitore insieme alle altre cose richieste.
Il giorno seguente non lavoro, per cui prendo un appuntamento con l'ufficio postale del Freaky Village alle 9 del mattino utilizzando l'apposito servizio online. Mi sembra facilissimo. Andra' liscio come l'olio.

Primo tentativo
La giornata si apre con un imprevisto, la macchina del consorte ha un problema, ci sono due spie accese sul cruscotto, per cui lui prende la mia macchina e va al lavoro, chiedendomi di portare la sua dal meccanico. Alle 8.30 esco di casa e prendo la macchina. Il Freaky Village, in cui si trovano sia l'ufficio postale che l'officina, dista 15 km. La macchina ha problemi ad accelerare e vibra come se ci fosse il terremoto. Procedendo molto lentamente arrivo infine in paese e vado dal meccanico.
Sulla porta dell'officina c'e' un foglio di carta che avvisa che oggi e' chiuso. Magnifico.
Vado poi all'ufficio postale. Entro brandendo la mia cartellina, mi dirigo verso l'impiegata e le dico che ho un appuntamento.
Sguardo vago. Mi risponde che i passaporti li fanno solo al pomeriggio, al mattino sono troppo occupati e che no, non guardano mai se qualcuno ha prenotato online. 
Sono gia' arrivata alla macchina quando sento la voce dell'impiegata che mi chiama: si e' ricordata in quel momento che in effetti la loro licenza per fare passaporti e' scaduta.

Secondo tentativo
Sto meditando di andare fino alla cittadina dove lavoro, a 70 km di distanza. Essendo piu' grande, sicuramente l'ufficio postale avra' la licenza in regola e senza dubbio trovero' un meccanico disposto a dare un'occhiata alla macchina del consorte.
Unico dubbio, non so se riusciro' ad arrivare alla cittadina, ma pazienza, ci provo. Prendo appuntamento con l'ufficio postale per l'una e mi metto in marcia.

70 km con questa spia accesa. Riusciro' ad arrivare?
La strada sale e scende dalle colline. Quando sono in salita la velocita' della macchina e' di 25 km/h, mi hanno superato persino i camion col rimorchio.
Finalmente, dopo un tempo infinito e un po' di ansia arrivo nel centro abitato e mi dirigo dal primo meccanico suggerito da Google. Devo sistemare la macchina oggi.
- Hai l'appuntamento? - mi chiede l'uomo dell'officina. Poi si impietosisce e promette che ci dara' un'occhiata.
Ho ancora un'ora prima dell'appuntamento all'ufficio postale e decido di andare in libreria. 

Il negozio in questione e' un piccolo e adorabile bookshop indipendente. Qua e la' tra gli scaffali ci sono dei cartellini che contrassegnano alcuni dei libri come i preferiti di questo o quell'altro membro dello staff. Mi immagino i librai intenti a leggere nei momenti di pausa tra un cliente e l'altro.
Mi avvicino al bancone.
- Come posso aiutarti? - mi chiede sorridendo una ragazza.
Incoraggiata, le espongo il mio quesito. C'e' un libro di cui ho letto la trama qualche mese fa. Non ricordo ne' il titolo ne' l'autore, ma si svolge in India e la trama mi aveva ricordato Jane Austen.
- Un libro di Jane Austen ambientato in India...  - mormora tra se' la ragazza, facendo ricerche sul computer.
Mentre Jane si rivolta nella tomba, le spiego di nuovo cosa sto cercando. La ragazza coinvolge altra gente. Alla fine sono in tre a cercare sul computer. 
- E' questo? mi chiede il proprietario del negozio. 
- No, quello l'ho letto. Non si svolge in India e non e' quello che sto cercando.
- E' quest'altro? - mi chiede la moglie.
- No, ho letto anche quello. Non c'entra niente con Jane Austen e nemmeno quello e' il libro che stavo cercando...
Alla fine compro un altro volume e mi dirigo all'ufficio postale. 

Ci sono due code. una e' per il banco dove si spediscono pacchi e lettere, l'altra mi e' ignota e mi metto in coda li'. Quando e' il mio turno mi viene ovviamente detto che e' la fila sbagliata.
Mi rimetto in coda e finalmente arrivo davanti all'impiegata. Le porgo la cartellina che contiene i documenti ed estraggo il bancomat dal portafoglio per pagare.
Lei mi guarda. 
- Li vedi questi triangolini nella parte alta dei fogli che hai stampato? - mi chiede.
Mi informa che gli stessi triangolini devono apparire anche nella parte inferiore del foglio. E' la prova che il documento e' stato stampato bene. Nei miei fogli i triangolini inferiori sono stati tagliati dalla stampante. Devo ristampare tutto.
Con un diavolo per capello recupero l'auto e torno a casa.
Mannaggia ai triangolini.

Terzo tentativo
Ho stampato il documento tipo quindici volte. Ho mosso la risma di carta, il carrello della carta, ho preso a pugni la stampante. Non c'e' verso di stampare i benedettissimi triangolini inferiori, accidenti a loro. Prendo un altro appuntamento con l'ufficio postale e, dopo una veloce ricerca, decido di andare a stampare i fogli in biblioteca. 
Il giorno seguente, quando termino il mio turno di lavoro, vado in biblioteca. Non ho mai usato i computer qui, per cui chiedo informazioni. La signora dietro al banco mi guarda come fossi deficiente. 
Mi spiega che, una volta che ho dato l'avvio alla stampa, devo recarmi in fondo alla stanza dove si trova la stampante, inserire le monete nell'apposita macchinetta e aspettare che la stampante faccia il suo lavoro.
Mi scoccia un sacco aprire con un computer pubblico la pagina del sito governativo da cui devo stampare. Mi da' fastidio che il tizio seduto accanto a me possa vedere mentre inserisco username e password, ma non ho alternative. Do l'avvio alla stampa e mi scollego immediatamente dopo dal sito, in maniera da non dover lasciare la pagina incustodita mentre vado a stampare.
Uno schermo mi avvisa che ho ben 40 secondi per terminare la procedura. Inserisco le monete, non succede niente. Ora ho solo 20 secondi!!! in panico, chiamo l'impiegata.
Il suo sguardo e' la certezza di avere a che fare con un perfetta cretina. Mi dice che per fermare il conto alla rovescia dei secondi basta toccare lo schermo. La stampa non si e' avviata perche' le mie monete non sono state accettate, scivolando direttamente nella feritoia da cui si prende il resto.
Ripeto la procedura, stampo.

Vabbe', ho fatto la figura dell'idiota, ma ora ho i fogli, con tutti i triangolini necessari.
Corro all'ufficio postale. L'impiegata controlla i triangolini e annuisce, soddisfatta. Poi prende la mia patente, la guarda e il suo viso diventa improvvisamente serissimo.
Mi fa notare che l'indirizzo sul modulo non corrisponde a quello sulla patente. Le spiego che la casa ha due indirizzi. 
- Non e' valido, mi spiace - mi dice con una certa soddisfazione.

Quarto tentativo
Il giorno dopo torno in biblioteca per modificare il modulo e stamparlo e di nuovo, ma non e' piu' possibile nessuna modifica. Occorre ricominciare da capo. Oltretutto, non posso vedere la pagina compilata dalla mia collega, e questo significa che devo chiederle di nuovo di portare il passaporto al lavoro. 
Torno a casa depressissima. Mio marito mi suggerisce di cambiare ufficio postale e, senza rifare tutta la trafila, portare semplicemente con me il foglio dell'agenzia immobiliare che dichiara che i due indirizzi sono relativi alla stessa proprieta'. 
Il giorno dopo prendo appuntamento in un altro ufficio postale, quello del paesino dove lavora il coniuge. Non ho nessuna speranza. Come minimo ci sara' qualcos'altro che non va, magari ho fatto male la firma, oppure la foto non rispetta i canoni richiesti.
L'impiegata e' una pacioccona col viso a forma di cuore.  
- Ma certo che va bene, tesoro - mi dice, quando le tendo il foglio dell'agenzia. 
- Non ti preoccupare, ora in quattro e quattr'otto facciamo tutto - aggiunge, con un sorrisone.

E cosi' e' stato. Ho pagato i 300 dollari e ieri, per posta, e' arrivato il mio nuovo passaporto. 
Quando ho letto "Nazionalita': Australiana" ho avuto una stranissima sensazione, un misto di gioia e stupore. 
Sono Australiana. E ora ho anche il passaporto, nonostante il doppio indirizzo e i malefici triangolini.

lunedì 3 febbraio 2020

Una storia australiana per bambini anticonformisti

C'era una volta, nel grande paese di Down Under, il Principe Calogero del regno degli emu'. 
Calogero era assai bello, alto, con un lungo collo e un piumaggio splendente e quando era un pulcino i suoi genitori erano molto orgogliosi di lui. 
Purtroppo, crescendo Calogero sviluppo' un'indole pigra, piuttosto che fare i compiti preferiva dormire sotto agli alberi. Quando fini' la scuola media il re e la regina del regno degli emu' erano in crisi. 
- E' fuori questione che vada al liceo - disse suo padre.
- Cosa gli facciamo fare? - chiese sua madre - Pensi che sia interessato all'Alberghiero?
Calogero decise di iscriversi alle Magistrali e trascino' la sua poderosa e pelosa mole in classe per cinque anni, con mediocri risultati. Nel tempo libero, il principe amava passeggiare sulla Collina, dove si trovava una casa circondata da alberi da frutta e abitata da due umani e due gatti.




-Cosa ne facciamo di questo figlio? - chiese una giorno il re alla moglie.
- Stupido, pigro e indolente com'e' non c'e' speranza che vada all'universita'. Passa le sue giornate sulla Collina a mangiare frutta e dormire sotto gli alberi, col benestare dei due umani che vivono nella casa. 

Un giorno d'estate, mentre riposava sotto un albero per sottrarsi alla calura, Calogero vide per la prima volta Pasqualina. Pasqualina era quasi calva, aveva un becco molto sporgente e un paio di occhiali dalle lenti spesse come fondi di bottiglia. Non era una bellezza, ma Calogero si innamoro' di lei a prima vista.

Lo sguardo sveglio di Pasqualina, qui senza occhiali
Pasqualina era bruttina, ma molto intelligente. Al termine del liceo scientifico aveva vinto una borsa di studio per Harvard, dove si era laureata in Fisica. Aveva quindi conseguito due master in Astronomia all'Universita' del Texas, il Dottorato in Astrofisica alla Columbia University e lavorava a contratto ai telescopi Keck per conto della NASA. 

Calogero la guardo' negli occhi. L'amore per gli emu' e' una faccenda semplice.
- Pasqualina, ci conosciamo da dieci minuti ma gia' ti amo e voglio dividere la mia vita con te. Lascia stare le stelle, torna in Australia e diventa la regina del mio castello. Passeremo le nostre giornate sulla Collina, mangiando la frutta del giardino. I due umani sono stupidi, sembrano entusiasti del fatto che mangi la loro frutta e riempia il loro giardino di letame. Ti ameranno.

Qualcuno passeggia mentre lavo i piatti, protetto dalla privacy della tendina

- Col cavolo - rispose Pasqualina.
- Calogero, ti rendi conto che diventare la regina del tuo castello vorrebbe dire buttare alle ortiche anni e anni di studio? L'astrofisica e' la mia vita. Non puoi chiedermi di rinunciarvi.

- Ma io ti amo - disse Calogero. 
- Non vedo dove stia il problema - disse Pasqualina - ci sposiamo, tu resti qui e ti prendi cura della casa, io torno alle Hawaii e porto a casa lo stipendio.

E cosi' fu.
Pasqualina torno' alle Hawaii, ma non senza aver lasciato a Calogero otto grosse uova. 
La paternita' fece bene al principe indolente. Covo' le uova con infinito amore e attenzione e divenne incredibilmente solerte nella cura dei pulcini, scoprendo nell'essere padre la sua vera vocazione.



Pasqualina continuo' ad occuparsi delle sue stelle, restando in contatto giornaliero col marito e i figli tramite Skype e passando le sue ferie in Australia. 

-FINE-

Nota: Non sono sicura che Calogero abbia una ragazza. L'ho visto in compagnia, ma non ne ho la certezza.
Quello che e' certo e' che sono gli emu' maschi a covare le uova e ad allevare la prole.
Non chiedetemi cosa facciano le femmine, dopo aver mollato le uova al malcapitato di turno. Forse lavorano davvero alla NASA.

lunedì 27 gennaio 2020

Italian-born Australian

Il 26 Gennaio 1788, il capitano Arthur Phillip, al comando di una flotta di navi, approdo' a Botany Bay, nei pressi dell'odierna Sydney, in New South Wales. Gli uomini che quel giorno arrivarono nel Continente Nuovissimo ne segnarono l'inizio della colonizzazione europea. 

Per quanto controversa e contestata dagli Aborigeni (che ricordano il giorno come l'inizio dell'espropriazione delle loro terre), la data e' stata scelta per l'Australia Day.
Ogni anno, in tutta l'Australia, in ogni citta', paese o gruppo di case in mezzo al nulla viene celebrato l'Australia Day.


E' una festa che celebra la gioia di essere cittadini di questo Paese enorme e meraviglioso, a volte generoso e a volte spietato e terribile, con una popolazione incredibilmente eterogenea, composta da chi era qui dall'inizio dei tempi e da chi arrivo' dopo, da ogni parte del mondo. 
Solitamente c'e' la colazione gratuita verso le 8 del mattino, che viene offerta a chiunque lo desideri.

Nel 2015, pochi giorni dopo il nostro arrivo in Australia, mio marito ed io andammo ad una di queste colazioni, il nostro primo Australia Day. Assistemmo alla consegna dei premi a chi si era particolarmente distinto nella comunita' e naturalmente alla proclamazione dei nuovi Australiani. Quale giorno migliore per ricevere la cittadinanza?
Ricordo una donna con un vestito rosso, ricordo la sua emozione nel leggere il giuramento che la dichiarava australiana. Mentre la guardavo, sapevo gia' che un giorno su quella pedana ci saremmo stati noi. All'epoca, nel 2015, avevamo gia' la residenza permanente, e dovevamo solo aspettare il numero giusto di anni per poter richiedere la cittadinanza.

Quel giorno e' arrivato nel 2018, quando abbiamo compilato la domanda online. I mesi sono poi passati senza ricevere nessuna notizia e sollevando mille dubbi: eravamo idonei o c'erano dei problemi?
Infine, ad Ottobre 2019, mentre tornavamo a casa dopo un viaggio nel nord del continente, guardando pigramente la posta sul cellulare, ho trovato una mail dal ministero dell'interno, che mi informava sulla data del test.

Per diventare cittadini australiani occorre superare un test a scelta multipla di cultura generale australiana. Il materiale per studiare per l'esamino e' disponibile online, sul sito del ministero. Dopo giorni di forsennato ripasso, un giorno di digiuno per l'ansia e una notte insonne, il giorno del test mi sono recata nel luogo indicato e mezz'ora dopo ne sono uscita vittoriosa. 

Infine, meno di due settimane fa il nostro Shire ci ha fatto sapere che la cerimonia si sarebbe tenuta il 26 Gennaio 2020, durante la celebrazione dell'Australia Day.
Nonostante mi fossi ripromessa di cercare di riposare, ieri alle 4.50 avevo gia' gli occhi spalancati per l'emozione. 
Ti immagini se mi accorgo che il vestito ha delle macchie? e se le calze dovessero smagliarsi? non ho dentifricio sulla faccia, vero? e se inciampo sui tacchi?
Quando siamo saliti in macchina rasentavo il panico e continuvo a giocherellare con la catenina della borsa. 

Infine, dopo anni di attesa, e' arrivato il momento. Ho pronunciato il giuramento con la voce che tremava e cercando di contenere le lacrime, in preda all'emozione piu' grande dopo il giorno del matrimonio. Solo poche righe, ma dense di tante cose, le persone che ho incontrato, le cose che mi hanno lasciata senza fiato, tutto quello che amo di questo paese. Solo poche righe, ma che mi hanno legata nel modo piu' intimo possibile con una terra diversa da quella in cui sono nata
Ho ripensato a quel giorno del 2013, mentre eravamo in volo dal Medio Oriente verso Melbourne. Avevamo passato l'equatore, sorvolato Bali, e attendevo col cuore in gola di vedere l'Australia per la prima volta. Dal mio posto accanto al finestrino scrutavo l'orizzonte, ma riuscivo a vedere solo acqua, acqua e nuvole. E poi ad un tratto e' apparsa una costa lontana, la costa di un continente che non conoscevo, ma dove gia' sapevo che sarei andata ad abitare. 
Ho guardato giu' e ho pensato che un giorno, da qualche parte su quella terra lontana, ci sarebbe stato un posto che avrei chiamato "casa".

La foto e' storta, lo so.
Vogliatemi bene lo stesso.


Ho realizzato che l'Australia mi ha dato tanto. Qui ho praticamente imparato a guidare, ho avuto il primo lavoro full time a tempo indeterminato, ho imparato a destreggiarmi in inglese in ogni situazione. L'Australia mi ha fatta crescere. 

E cosi' sono diventata Australiana.
Non sono caduta dai tacchi, non ho smagliato le calze. Il vestito aveva in effetti una macchia sul bordo, ma sono sicura che nessuno l'ha notata.

lunedì 20 gennaio 2020

Questioni d'acqua

Era la fine di Maggio dello scorso anno, un giorno in cui non ero di turno e mi apprestavo a passare una tranquilla giornata a casa. Mio marito si stava facendo la doccia, mentre io preparavo la colazione. Ad un tratto vedo arrivare il coniuge in sala da pranzo ancora svestito e piuttosto alterato: l'acqua era finita.
A scanso di equivoci, va specificato che non era terminata l'acqua calda, ma proprio l'approvvigionamento idrico dell'abitazione. Questo accade perche' qui, nella nostra casa a 15 km dal Freaky Village, non usufruiamo dell'acquedotto, ma abbiamo una cisterna che si riempie con l'acqua piovana ed e' collegata ai nostri rubinetti.

La nostra cisterna

L'acqua era dunque terminata, la cisterna vuota e questo era un problema che andava ovviamente risolto il prima possibile.
Ad un'ora adeguata mi sono dunque recata all'agenzia immobiliare che ci ha affittato la casa, passaggio obbligato per avere una qualche forma di aiuto, e nel giro di un paio di minuti sono risalita in macchina stringendo tra le mani un foglietto col numero di telefono da chiamare.

La ditta in questione si occupa di riempire cisterne ad uso domestico, quindi con acqua potabile. Chiamo, ci accordiamo sull'ora della consegna, il tizio mi chiede quanti litri voglio, avvisandomi che non ne puo' portare piu' di 12.000, capienza della sua autobotte piu' grande.
Faccio un rapido calcolo, non so esattamente quale sia la capacita' del nostro serbatoio, ma sicuramente tiene piu' di 12.000 litri.
Il tipo arriva all'ora convenuta e, mentre scarica quintali di liquido nella vasca vuota, gli faccio un paio di domande. Mi informa che la nostra cisterna ha una capienza di 100.000 litri, quantita' che, se usata oculatamente, di solito dura un anno. Mi insegna anche come controllare quanta acqua c'e' dentro senza dovermi inerpicare in cima per aprire lo sportellino: basta bussare sulle pareti del cilindro.
Si parte dalla base, e si sale. Quando il sordo toc-toc diventa un rimbombante bounc -bounc, significa che si e' raggiunto il livello dell'acqua.

Al termine del travaso, metto in pratica le competenze appena acquisite: il livello mi sembra sempre paurosamente basso, ma in effetti occupa piu' o meno un decimo della cisterna.
Il conto e' salato: per 12.000 litri pago 475 dollari.
Una settimana dopo questo episodio sono iniziate le piogge invernali, e la nostra cisterna si e' gradualmente riempita.

All'epoca, se qualcuno mi avesse chiesto come funziona l'immagazzinamento dell'acqua, avrei risposto con sicurezza: la raccolta avviene dal tetto della casa tramite grondaie, e, con una serie di tubi, trasportata nella cisterna. Ad un certo punto di questo tragitto, l'acqua viene filtrata e diventa quindi potabile. Ci credevo come ad un dogma di fede. Ovvio no? mica ci beviamo la pioggia cosi' com'e'.
Va detto che l'acqua della cisterna e' ottima. Sempre fresca e senza retrogusto di cloro. Conosco parecchie persone che, pur abitando in centri abitati raggiunti dall'acquedotto, si sono fatti installare una cisterna perche' gradivano di piu' il sapore dell'acqua piovana.

Circa un mese dopo, sono tornata all'agenzia a chiedere informazioni sul filtro: va cambiato, ogni tanto? lo dobbiamo pulire?
Ricordo la faccia perplessa dell'impiegata, mentre mi diceva che no, non dobbiamo fare assolutamente niente.



Passano i mesi, le piogge invernali arrivano al termine. Nel 2019 non e' piovuto granche', il fiume che attraversa il Freaky Village non e' esondato affatto, cosa rara.
La nostra cisterna non si e' riempita completamente, il livello dell'acqua e' arrivato piu' o meno a meta'.

Da quando mi sono accorta che il serbatoio non si era colmato, ne ho vegliato costantemente il livello con ansia crescente. Non riesco a valutare quanta acqua usiamo. Quanti litri si consumano lavando i piatti? quanti con le lavatrici? quanta acqua sprechiamo con la doccia? Il livello nella cisterna si abbassa sempre di piu'. Venti centimetri. Quindici centimetri. Dieci centimetri.
Infine, poco prima di Natale, ci siamo decisi a chiamare di nuovo l'uomo dell'acqua, per avere altri 12.000 litri. Lo chiamo di lunedi', lui mi dice che non puo' venire fino a venerdi'. Bastera' l'acqua? presa dall'ansia, inizio a razionare. Lavo i piatti e i vestiti col minimo indispensabile, smetto di farmi la doccia e opto per un lavaggio "a pezzi". Inizio anche a riempire la bottiglia da cui bevo sul posto di lavoro, anziche' a casa.
Mio marito non si lascia contagiare dalle mie preoccupazioni e continua tranquillo con le sue due docce al giorno.
Infine arriva il venerdi' e io mi prendo un giorno libero dal lavoro per poter essere li' quando il tizio arriva. La consegna avviene, sborso altri 475 dollari.

Rientro poi in casa, rilassata, e come prima cosa, apro il rubinetto per riempire la mia bottiglia.
Non posso sbagliarmi, l'acqua e' GIALLA. Non solo, e' piena di micro-particelle che ci galleggiano dentro. Il primo pensiero e' che per errore mi abbiano dato dell'acqua non potabile, ma lo elimino subito come impossibile.
Prendo la macchina, corro in agenzia. Porto con me due bottiglie: una e' la mia, riempita con l'acqua del rubinetto, l'altra e' una bottiglietta intonsa di acqua del supermercato, per far vedere la differenza di colore.

L'agente immobiliare non e' particolarmente scioccata.
- Mi sembra che vada abbastanza bene, no? - mi dice, osservando la bottiglia incriminata.
Mi spiega che in tutte le cisterne si forma un sedimento di roba non meglio specificata che giace sul fondo. Quando vi e' stata versata dentro l'acqua, questo strato ha subito un rimescolamento, ma non devo preoccuparmi, basta aspettare un paio di giorni e le cose si stabilizzeranno.

Questa storia del sedimento mi e' nuova e mi turba abbastanza. Da cosa e' formato? Come puo' crearsi un sedimento, se il sistema di raccolta dell'acqua e' dotato del famoso filtro che non necessita di manutenzione?
L'impiegata cerca di tranquillizzarmi e mi sorride. Mi dice che il ferramenta esegue analisi dell'acqua delle cisterne, e di andare da lui, se proprio voglio stare tranquilla.

Non posso sbagliarmi, il Freaky Village ha solo sette negozi, di cui uno e' il ferramenta.
Entro, supero velocemente la corsia della roba da giardinaggio, passo in  mezzo alle motoseghe e finalmente arrivo al bancone, dietro al quale si trova un uomo sui cinquant'anni, con una lunga barba che gli sfiora il petto. Indossa un grembiule verde che ricopre l'addome prominente e su cui risalta la parola "Joseph" stampata in un angolo. Dietro di lui siede una donna all'incirca della stessa eta', impegnata con un inventario.

Io sono molto alterata, arrivo al bancone, vi sbatto sopra le due bottiglie, gli vomito in faccia l'accaduto e lo prego di eseguire immediatamente la famosa analisi chimico - fisica che dovrebbe fornirmi informazioni sulla bonta' dell'acqua che beviamo ogni giorno. Al termine dello sproloquio alzo i miei occhi disperati verso i suoi e scopro con stupore che l'uomo mi sta sorridendo a tutta bocca.

Mi tende la mano.
- Ciao, mi chiamo Joseph, sono il proprietario. Questa e' mia moglie Annie. Non ti ho mai vista qui.

La gente qui e' speciale e un po' matta, non per niente ho soprannominato questo posto "Freaky Village".

Stringo la mano a Joseph, mi presento, cerco di calmarmi e gli spiego di nuovo il problema, sollecitando le analisi.

Joseph prende la bottiglia con l'acqua del rubinetto e la osserva.
- Secondo me va bene - mi dice. Svita quindi il tappo e ne beve qualche sorso.
- Anche il sapore e' OK - aggiunge. Poi mi spiega che l'analisi non la fa lui, occorre mandare i campioni a Perth, ci vuole piu' di un mese.

Davanti alla mia espressione costernata, Joseph esce da dietro al bancone e mi abbraccia.
- Non preoccuparti, davvero. La tua acqua va bene. Non hai idea di cosa la gente si ritrova nella cisterna, opossum morti, colonie di rane, piantagioni di alghe... la tua acqua va bene, fidati. Dai al sedimento il tempo di stabilizzarsi.

 Gli chiedo del sedimento. Come fa a formarsi?
Joseph mi sorride. Mi chiede dove abito. Decido di dare indicazioni vaghe, fornendo solo il nome della strada. E' impossibile che localizzi la mia casa: la via in questione e' lunga piu' di 50 km e collega il Freaky Village con un altro paesino.
- Dev'essere la casa costruita da Jason - dice subito Annie, alzando gli occhi dal suo inventario.
Mi guardano. Non ho idea del nome di chi ha edificato la casa dove vivo in affitto.
- Ci vivi in affitto, no? la casa appartiene a Michael Johnson? mi chiede Joseph.

Ho solo detto il nome della strada, giuro.
Come fanno questi due ad aver individuato la casa?

- Chiama Jason, chiedigli del filtro - dice Annie al marito.
Joseph si dirige verso il telefono, per chiamare l'uomo che ha costruito la casa dove vivo.
- Jason? Ciao, sono Joseph, ti chiamo dal negozio. C'e' qui Flavia, che voleva sapere del filtro della cisterna, e' preoccupata per l'acqua... oh, capisco. Certo, naturalmente. D'accordo, glielo dico. Grazie. Ciao.

Joseph abbassa la cornetta e mi sorride.
- La cisterna non ha filtri -  mi dice.
- Come niente filtri???? quindi ci stiamo bevendo l'acqua piovana cosi' com'e'? con le foglie morte dentro? con la cacca degli uccelli e degli opossum che scorrazzano sul tetto?




Joseph mi sorride di nuovo.
- Esattamente - mi dice - ma e' cosi' per tutti, qui. Non ti preoccupare, dai. Stai bevendo quest'acqua da anni e non hai mai avuto problemi. Se lo desideri, comunque un filtro si puo' sempre mettere. Vuoi che chiamo il proprietario della tua casa per chiedergli di installarne uno?

E' questo e' quanto. Ho abbracciato Joseph ed Annie e sono tornata a casa. Il proprietario si e' detto favorevole all'installazione del filtro, ma non ha detto quando questo potra' avvenire.
L'acqua nel frattempo e' tornata ad essere limpida, il sedimento si e' riassestato e non ci sono piu' particelle galleggianti.
Continuiamo ad usare i rubinetti di casa per la nostra necessita' idrica quotidiana, come del resto stiamo facendo da due anni e come la gente qui ha sempre fatto.
Il filtro dovrebbe essere in arrivo, nel frattempo incrociamo le dita e cerchiamo di non innervosirci troppo.

sabato 11 gennaio 2020

I libri del 2019

Devo confessare che ho una debolezza a cui non riesco assolutamente a resistere. 
Sono una lettrice compulsiva e una compratrice seriale di libri. Per fortuna esistono le biblioteche, per cui non spendo tutto il mio stipendio in carta stampata, ma lo stesso ne acquisto ogni mese un buon numero. 
Anche se utilizzo spesso Amazon e ogni bookstore che capita sulla mia strada viene minuziosamente esaminato, ho una predilezione per le librerie di seconda mano, dove spesso ho trovato volumi non più in commercio per prezzi stracciati. I librai mi adorano.
Amo leggere da sempre. Ho sempre un libro in borsa, che leggo nei momenti di pausa e uno sul comodino, che non vedo l'ora di prendere in mano al termine della giornata.

I libri di cui vi parlo oggi sono una parte di quelli che ho letto nell'anno appena passato.
Di alcuni dei volumi letti purtroppo non ricordo il titolo, quindi non sono stati inseriti in questo elenco. Ho deciso anche di non includere tutti i libri di cucina letti lo scorso anno, con poche notevoli eccezioni. 
Ovviamente, quanto scrivo rappresenta il mio punto di vista. Se avete letto queste opere e ne avete avuto un'opinione diversa, sono lieta di discuterne insieme!

Wild by nature
From Siberia to Australia, three years alone in the wilderness on foot
di Sarah Marquis


Questo è uno dei libri che ho preso in biblioteca.
Una donna e un carrello nelle lande deserte. Sembra che la Mongolia sia popolata da persone orribili, in Cina, se passi con uno zaino, ti seguono per controllare dove ti accampi, in Laos ci sono bestie orrende e trafficanti di droga piuttosto gentili.
Nonostante a tratti sia divertente ed interessante, questo volume mi ha un po' deluso. La sensazione che ho avuto leggendo è che Sarah non sia in realtà minimamente interessata ai posti che visita, non le interessa la gente, è tutto centrato su di lei, sul trovare un posto dove comprare i vegetali per la cena, sul percorrere un certo numero di km ogni giorno per arrivare poi puntuale all'appuntamento con l'elicottero che la porta via. Il viaggio è sì nelle lande deserte, ma e' privo del sapore magico che si prova visitando posti nuovi.
Non lo rileggerei.

The revolutionary youth 
di John Simpson


Ho reperito questo libro in una piccola libreria di Belfast.
I Troubles dell'Irlanda del Nord attraverso gli occhi di un ragazzino cattolico che ci cresce in mezzo, un inglese rapido e colloquiale. Se vi interessa la storia irlandese ve lo consiglio caldamente.


Land of milk and honey
The story of traditional irish food and drink
di Brid Mahon



Attraverso riferimenti alla letteratura e al folklore, l'autrice traccia un resoconto dei cibi irlandesi attraverso i secoli e il loro legame con le feste e le occasioni speciali. Interessante e ben scritto.

Ricette di confine
Il cibo narrato dalla Palestina occupata
di Silvia De Marco



Le tradizioni di una terra occupata attraverso le ricette, in un connubio che cuce insieme cibo ed esperienze, storia e geografia. Consigliato.


The temporary bride, a memoir of love and food in Iran
di Jennifer Klinec


Uno dei libri che lo scorso anno mi hanno stregata. 
Jennifer Klinec, dopo aver lasciato il lavoro in banca, apre una scuola di cucina a Londra e inizia a viaggiare, per scoprire sempre nuove ricette. In uno di questi viaggi si ritrova in una cucina di Yazd, Iran, per imparare a dosare lo zafferano, preparare un riso morbido come seta e dolcetti di pistacchi e acqua di rose.
Oltre al cibo, a Yazd Jennifer incontra il futuro marito. Una storia meravigliosa, scritta con uno stile potente ed evocativo, che con poche parole riesce a far percepire colori, sapori e profumi e ha fatto nascere la mia attuale ossessione per l'Iran.

Food of life
Ancient Persian and modern Iranian cooking and ceremonies
di Najmieh Batmanglij


Sull'onda emotiva del libro precedente, ho frugato la rete alla ricerca del libro "perfetto" di cucina iraniana e incredibilmente mi sono imbattuta in un tesoro, un'opera meravigliosa che unisce arte, poesia e ricette. Se avete mai sognato la cucina iraniana (e se avete letto il libro precedente non potete non farlo), non potete perdervi questo libro. Le ricette sono divine.


Revolutionary ride
di Lois Pryce


Indovinate di cosa parla questo libro? lo so, sono ossessionata. Ma e' l'ultimo libro sull'Iran di cui vi parlo oggi, promesso.
Nel 2011, in un momento di massima tensione tra il governo britannico e quello iraniano, la scrittrice di viaggio Lois Pryce trova un pezzo di carta con poche righe scritte sopra, attaccato sulla sua moto parcheggiata fuori dall'ambasciata iraniana di Londra. Nel biglietto, un ignoto cittadino iraniano, colpito dagli adesivi che testimoniano lunghi viaggi, chiede al proprietario della moto di andare in Iran, per avere la prova che gli Iraniani non sono terroristi.
Intrigata, Lois decide di accontentarlo e si imbarca in un meraviglioso viaggio attraverso l'Iran, in sella alla propria moto. Ovviamente consigliatissimo.


Genius dessert
di Kristen Miglore


Questo e' un libro di ricette. Ma sono le migliori in assoluto, selezionate accuratamente. Volete la ricetta dei brownies piu' buoni? e' nel libro. I chocolate chips cookies che faranno sbavare i vostri amici? e' nel libro. La torta all'olio piu' buona?  e' in questo libro. Lo trovate su Amazon, non perdetevelo.


The wounded sinner
di Gus Henderson


L'identita' di una famiglia aborigena a Leonora, nell'outback del Western Australia, i problemi di ogni giorno, le liti con i figli, il senso di appartenenza ad una terra e l'estraniamento causato dai pregiudizi. Consigliato a chi e' interessato alla vita degli aborigeni australiani di oggi.
Per lavoro, ho avuto la fortuna di conoscere l'autore personalmente (una persona meravigliosa, che tra le altre cose ha conseguito un PhD in Writing) e di intrattenere con lui conversazioni sulla situazione degli aborigeni in  Australia. 


On Rue Tatin
di Susan Loomis


I sogni sono realta', per Susan. Trasferitasi dagli USA in Francia per seguire un corso di cucina, Susan si ritrova con un lavoro, un marito, due figli e un sacco di amici in brevissimo tempo. Infine la famiglia decide di comprare una casa a Louviers, in Normandia e Susan apre una scuola di cucina.
Da leggere quando avete bisogno di pace.


La piccola pasticceria in fondo alla strada
di Ellen Berry


Questo romanzo mi ha insegnato a non farmi attrarre dalle copertine invitanti.
Roxanne e' nata in un paesino dello Yorkshire che ha abbandonato appena ha potuto per inseguire il sogno di una vita glamour a Londra. Anni dopo si ritrova a lavorare per una rivista di moda e ad essere fidanzata col belloccio di turno. I sogni crollano quando il suo nuovo capo cerca di affossarla senza ragione e il belloccio la tradisce con la segretaria.
Roxanne decide allora di tornare al paesino, si lascia catturare dall'atmosfera agreste che ha sempre odiato e conosce un tizio del posto che naturalmente e' il Vero Amore.
Proprio no.


Convenience store woman
di Sayaka Murata


Ci ho provato, davvero, ma io e le autrici giapponesi proprio non siamo in sintonia.
Ho fatto questo acquisto perche' ho letto da qualche parte che l'opera ricordava Eleanor Oliphant, libro che ho amato: questo libro e' completamente diverso.
Keiko Furukura ha 36 anni ed e' una commessa part-time in un mini-market. La sua vita e' tutta qui: non ha aspirazioni, sogni, idee, personalita', nulla. Vive per il supermercato, il suo obiettivo giornaliero e' vendere il cibo in offerta speciale, riempire gli scaffali, partecipare agli assurdi riti depersonalizzanti imposti dalla direzione. Un giorno arriva un collega pazzo e puzzolente, il tipo che importuna le donne seguendole per strada, e che viene licenziato dopo pochissimo.
Keiko lo invita a trasferirsi a casa propria e, nonostante l'appartamento sia piccolissimo, i due non si vedono neppure: lei vive dentro un armadio in camera da letto, lui dorme nella vasca da bagno. Nonostante tra loro non vi sia alcun tipo di rapporto, ad entrambi sembra di aver migliorato il proprio status: lui vive sulle spalle di lei e non deve piu' lavorare, le amiche di lei la credono fidanzata e non la strassano piu' con la necessita' di trovarsi un uomo. 
Una storia tristissima che non consiglio a nessuno. 

A baby in a backpack to Buthan: an Australian family in the land of the Thunder Dragon
di Bunty Avieson


Bunty Avieson, il marito e il loro bimbo si trasferiscono per lavoro prima in India e poi nel piccolo regno del Bhutan, sull'Himalaya. Le gioie e gli orrori del viaggiare con un bambino piccolo in un Paese in via di sviluppo e completamente diverso.
Sicuramente interessante, ma molto lento.


The single ladies of Jacaranda Retirement village
di Joanna Nell


Il romanzo si svolge in Australia, in una non precisata cittadina sulla costa est. I retirement villages sono una specie di quartieri, spesso cintati da mura, che contengono "units", ovvero mini-appartamenti per una sola persona dove molti anziani decidono di trasferirsi dopo la pensione o in caso di vedovanza. 
Peggy Smart ha 79 anni e mezzo, è vedova e vive in una di queste micro-villette con Basil, il suo cagnolino. Le sue giornate sono scandite dalle medicine che deve prendere, dalle visite dal dottore e dal rapporto teso con i figli che vorrebbero farla entrare in una casa di riposo. 
Peggy è segretamente interessata a Brian, 84 anni, il segretario del comitato residenti del Jacaranda Retirement Village, che vive qualche units più in là della sua, e sogna di invitarlo a cena a casa sua. 
Un giorno nel Retirement Village arriva Angie Valentine, una vecchissima amica di infanzia di Peggy, e la vita della protagonista cambia totalmente.
Divertente e ben scritto, ma decisamente irreale. 

Il club delle lettere segrete
di Angeles Donate


In un paesino sulle montagne fuori Madrid, una donna anziana e' terrorizzata dalle brutte notizie: la sua amica Sara, la postina del paese, sta per essere trasferita a causa dell'esigua quantita' di posta da consegnare. Come salvare la situazione? 
Una storia delicata che ha il sapore di una fiaba, da leggere quando si ha bisogno di tranquillita'.

Teacher
di Gabby Stroud

Gabrielle Stroud ricostruisce la propria vita di insegnante, dalla laurea piena di sogni fino al giorno in cui capisce di non poter piu' insegnare. Magnifico per farsi un'idea del carico assurdo che pesa sulle spalle di chi fa dell'educazione dei bambini la propria vita, e anche per chi si lamenta del sistema italiano.



The unlikely adventures of the Shergill Sisters
di Balli Kaur Jaswai


Seguendo le ultime volonta' della madre mancata da poco, tre sorelle inglesi di origine indiana intraprendono un pellegrinaggio in Punjab, alla ricerca della proprie radici. 
Un romanzo sui segreti, le incomprensioni e le differenze che nascono all'interno delle famiglie. Sullo sfondo, appena attenuata, l'India di oggi, con tutti i suoi problemi. 
Bello, anche se a tratti un po' lento.


Very good lives: the fringe benefits of failure and the importance of imagination, 
di J.K. Rowling


Questo e' il discorso che l'autrice di Harry Potter fece ai laureandi di Harvard nel 2008. E' bellissimo e ho una sorpresa: lo potete trovare gratuitamente sul sito dell'universita' di Harvard, QUI. Se non avete voglia di leggerlo, nella stessa pagina c'e' il video. 
Non perdetevelo!

America for beginners
di Leah Franqui


Tre persone completamente diverse - una ricca vedova indiana, un uomo povero originario del Bangladesh e un'aspirante attrice americana - si ritrovano in viaggio insieme dalla costa orientale degli Stati Uniti a quella Occidentale. Una storia piuttosto balorda e con un finale che non mi ha convinto affatto.


The real doctor will see you shortly: a physician's first year
di Matt McCarthy


Il primo anno di specializzazione di un medico americano, la fatica, la paura di sbagliare, gli errori, le soddisfazioni. Se vi interessa l'ambiente medico e' una lettura estremamente interessante.


Schools of fish
di Alan Sampson


Alan Sampson e' un intelligente e capace preside di scuola superiore, famoso per trasformare scuole problematiche in centri di eccellenza. Le lunghe ore passate lavorando richiedono pero' un tributo: mentre il suo matrimonio finisce, Alan si ritrova in una delle scuole peggiori in cui abbia mai lavorato, e l'alunno piu' problematico e' Greg Sampson, suo figlio. 
Mentre Alan cerca un modo per gestire i problemi caratteriali del figlio, Greg e' alle prese con i propri problemi di dislessia e apprendimento e con un padre che non lo capisce ed esige piu' di quanto lui sia in grado di dare.
Solo quando entrambi avranno il coraggio di uscire dalle regole scritte dell'educazione scolastica troveranno un terreno comune su cui costruire un rapporto. 
Bellissimo.

Maid
di Stephanie Land


A seguito di una storia occasionale con un uomo violento, Stephanie Land si ritrova, ancora giovanissima, ad essere una madre single e con enormi problemi finanziari. Il libro descrive la vita allucinante negli alloggi per senzatetto, i pregiudizi con cui deve scontrarsi ogni giorno, le umiliazioni del lavoro di domestica e il sogno di poter studiare e migliorare la propria situazione. 
Verserete tantissime lacrime, ma tranquilli: Stephanie e' riuscita a laurearsi e ora la sua vita e' cambiata.


Confessions of a Qantas flight attendant
Owen Beddall


Questo libro e' la prova di come a volte i titoli traggano in inganno.
Mi aspettavo una raccolta di fatti divertenti capitati sugli aerei, invece il libro parla di tutt'altro.
L'autore racconta la sua vita di assistente di volo  soffermandosi soprattutto sui locali da lui frequentati nelle varie localita' del mondo e le persone che vi ha incontrato. Una parte del libro e' anche dedicata agli incontri  - questi si', fatti sugli aerei - con persone dello spettacolo.
L'ho trovato terribilmente noioso, non sono riuscita a finirlo.


Mother, can you not?
Kate Friedman -  Siegel


Il rapporto madre - figlia e' sempre complesso e particolare. In questo caso la madre, oltre ad essere fuori di testa, e' anche una produttrice e direttrice televisiva di successo.
Allucinante.


Weird things customers say in bookshops 
Jean Campbell


Magnifica raccolta di cose assurde che le persone sono riuscite a dire in libreria. Per trascorrere momenti divertenti.

All my patients have tales: favorite stories from a vet's practice 
Jeff Wells

Le avventure di un veterinario americano, i casi piu' inusuali e quelli piu' divertenti.
Mi e' piaciuto tantissimo.


Not afraid of the fall
Kyle James

Una giovane coppia decide di lasciare il lavoro ben pagato e partire per un viaggio di 114 giorni attraverso il mondo. Per quanto l'esperienza sia stata senz'altro eccezionale, purtroppo lo stesso non si puo' dire dell'abilita' narrativa dell'autore.
Non lo rileggerei.

Per oggi e' tutto, alla prossima.