domenica 5 aprile 2020

In punta di piedi

Il sentiero e' stretto e in salita e si arrampica sul monte in mille curve, tra gli alberi e le chiazze di neve. Ho il fiatone, gli sbuffi che si condensano nell'aria fredda. Quanti anni potevo avere? 15? 18?
- Zio, non ce la faccio a starti dietro! rallenta!
Tu ti giri, sorridi. Mi dici che per camminare in salita non devo appoggiare i talloni.
- Devi camminare in punta di piedi, sei vuoi arrivare in cima! mi dici.

Ricordi di giorni lontani, istantanee che affiorano nella mia memoria come vecchie fotografie, remote eppure inspiegabilmente vivide. Vorrei poterle estrarre dalla mia mente e conservarle in un album, in un computer, in qualcosa di diverso dalla mia testa, perche' la memoria umana e' labile. Dimentichiamo, anche se non vorremmo. E io ho il terrore di dimenticare. Di perdere la memoria del taglio dei tuoi occhi, il modo in cui camminavi, l'odore dei tuoi vestiti.
Tutte quelle piccole cose che non ho mai osservato volontariamente, ma che facevano da corollario alla tua persona.

Su youtube ci sono i video delle tue conferenze. Non so quanto ho pianto la prima volta che ne ho visto uno. Eccoti li', uguale a come ti ricordo, la tua voce, l'espressione del tuo volto. E' stato struggente vederti vivo, l'illusione di poterti incontrare di nuovo. Ho rivisto quel video almeno dieci volte, solo per sentire ancora il suono della tua voce. E' stato lunedi' 23 Marzo, il giorno dopo la tua morte.

Mamma me l'ha detto subito, quando ci siamo sentite su skype quella domenica, come al solito.
"Flavia, purtroppo devo dirti una cosa". Ho capito subito che parlava di te, aveva le lacrime agli occhi. E' stato un orrendo deja vu di quel 4 Marzo 2018, quando alla consueta chat della domenica ho trovato solo papa'.
- Lo zio ha avuto un ictus, e' in coma, mamma e' partita stamattina per andare da nonna.

In questi giorni ho letto un sacco di necrologi. I tuoi colleghi dell'universita' hanno esaltato la tua intelligenza, il tuo amico Arnaldo ha elencato le montagne che avete scalato insieme, dal McKinley in Alaska al Muztaghata nel Pamir tibetano, a tutte le cime conquistate nelle Ande.

Mi sono resa conto che di una persona si tendono a vedere sempre le stesse cose, come due corpi celesti in orbita sincrona. La prima cosa che colpiva di te era la tua immensa intelligenza, la tua straordinaria memoria, la tua incredibile conoscenza di qualunque argomento, dalla Fisica Teorica alla Chimica, dalla Letteratura alla musica classica, per non parlare di ogni sentiero su ogni rilievo italiano (e una buona parte di quelli esteri) . Ma c'erano tante sfaccettature di te che mi sono ignote. Non so com'eri come professore, non conosco l'espressione che avevi negli occhi quando ti trovavi su qualche remota catena montuosa ai confini del mondo, non so qual era l'ultima cosa a cui pensavi prima di addormentarti nella tua casa di Pavia, non so quali fossero le tue paure, i tuoi sogni. Non so perche' a volte tu preferissi isolarti dalla famiglia. Ci sono tutti i ruoli di cui non ho esperienza diretta, non so come sei stato come figlio, fratello, marito, padre, nonno. Molte cose di te sicuramente non le ho mai capite. Avevi luci ed ombre, non sei stato perfetto. Ma chi di noi lo e'? Io spero solo che tu sia stato felice.

Per me sei stato lo zio migliore che potesse esserci, nei tuoi confronti provo solo gratitudine. Mi ricordo quel pomeriggio passato a parlare insieme dei pianeti del sistema solare. Quanti anni potevo avere? ero poco piu' che una bambina. Quel giorno hai piantato in me il seme dell'amore per l'Astronomia, che negli anni successivi e' germogliato e cresciuto.
Mi ricordo quel giorno del 2006 in cui eri a casa nostra a Genova. Forse avevi qualche conferenza in  citta'? Io mi accingevo a scrivere il primo capitolo della mia tesi di laurea. Era primo pomeriggio, mamma usci' di casa, dicendoci di badare ad una pentola che sobbolliva in cucina. Un'ora dopo il primo capitolo della tesi era pronto, mentre la pentola e il suo contenuto finirono nella spazzatura. Quella tesi mi valse la lode.
Ricordo il giorno in cui ti ho telefonato chiedendoti se potevi fare da testimone al mio matrimonio. Ricordo la sorpresa nella tua voce, la gioia. Ricordo come ogni volta che venivamo in Italia tu cercavi il modo di vederci, anche solo per un giorno. Ti sono enormemente grata per tutto questo.

Quando papa' mi disse che eri in coma, ricordo la mia incredulita'. Ho sempre pensato che saresti morto in una spedizione, caduto in un crepaccio, strappato da una parete di roccia ghiacciata dal vento impetuoso. Sicuramente l'avresti preferito.
Ho sperato, ho pregato, ho acceso candele, ho tentato ricatti e promesse con entita' invisibili pur di poterti riavere indietro. Ogni giorno la speranza di vederti riaprire gli occhi si assottigliava. Quando finalmente sono tornata in Italia, sono corsa al tuo capezzale e non ti ho riconosciuto. Ingrassato, senza occhiali, gli occhi chiusi. Tu gia' non eri piu' li', quello era solo un corpo ormai troppo danneggiato per potersi riprendere.

Arnaldo ha scritto che hai "vissuto in punta di piedi e in punta di piedi te ne sei andato". E hai deciso di farlo proprio adesso, nel momento in cui, a causa dell'emergenza coronavirus, non e' stato possibile celebrare alcun funerale. E questo e' proprio della persona umile e schiva che sei sempre stata.
Mi mancherai immensamente, pensare che non ti vedro' mai piu' mi causa un dolore immenso. Ti custodiro' per sempre nel mio cuore.
Grazie, grazie di tutto. 

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