giovedì 22 dicembre 2016

Il profumo dei gelsomini

E' finalmente arrivata l'estate, qui in Western Australia.
Cielo azzurro e terso, temperature sensibilmente più alte, barbecue all'aperto, maniche corte, i primi bagni nell'oceano.



Dal giardino arriva il profumo del gelsomino in fiore. E' fortissimo e penetrante. Mi riporta col pensiero ad un anno fa, giusto pochi giorni prima di Natale, quando ne ho raccolto un mazzo e l'ho portato ad un'amica. 
- Grazie - mi ha detto lei annusandolo, quando gliel'ho dato - adoro il profumo dei gelsomini. 
E mi ha sorriso.

Quest'anno i fiori resteranno intatti nella siepe del mio giardino, perchè la mia amica non c'è più.
Lo so, è la vita. Era anziana, e nessuno può vivere per sempre. Lei, tra l'altro, non ne aveva più voglia. 
E' che avrei voluto farle un regalo di Natale. 
Lo scorso anno ci eravamo scambiate i regali. Quest'anno stavo pensando al dono migliore da farle, ma non avevo ancora deciso. E' difficile scegliere. E Natale, come mi ripetevo stupidamente, è il 25, c'è tempo.
Ma il tempo non c'è stato.

Sono andata a trovarla in ospedale, quando già si sapeva che era questione di giorni o di ore. 
Mi sono seduta accanto al letto, le ho fatto una carezza sui capelli, le ho tenuto la mano per un po'. 
Quest'anno amica mia, non so cosa regalarti. Preghiere, dal profondo del cuore. Perchè tu non abbia dolore. Perchè, quando arriverà il momento, tu possa non accorgertene nemmeno. Ti regalo un pezzetto del mio cuore, quello dove avrai sempre posto.

Poi mi sono alzata, e la figlia mi ha abbracciata. Poi mi ha detto quello che non potevo immaginare. Che prima di cadere in coma, sua madre le ha detto che aveva un regalo da fare. A me. 
Per Natale, ma non solo. Perchè lei sapeva di essere alla fine.

Il giorno dopo ho ricevuto la notizia. E' stato lieve. Non ha sofferto.
Poi la figlia è venuta a cercarmi al lavoro e mi ha dato il regalo da parte di sua madre.
Dentro la scatolina di una gioielleria c'era un portachiavi d'argento, col mio nome inciso sopra. In un angolo, un pendente col simbolo dell'infinito intrecciato con un cuore. 
Ti vorrò bene per sempre, questo è quello che voleva dirti la mamma - mi ha detto la figlia.

Perchè certe amicizie sono così, sono speciali, oltre il tempo e lo spazio.
Quest'anno, amica mia, ti regalo il profumo dei gelsomini che tanto amavi. Che possa essere intenso come quello che arriva a me in questo momento.


venerdì 25 novembre 2016

Di privacy e agenzie immobiliari

Oggi vi racconto i simpatici risvolti dell'affittare una casa da queste parti. Sono simpatici, proprio simpaticissimi, all'incirca quanto un secchio d'acqua gelata nella schiena in pieno inverno.

Era il Gennaio del 2015 e noi, dopo una estenuante ricerca, eravamo riusciti a trovare una casa qui nel Paesino nel Bush. Non che fosse una reggia, ma insomma, non aveva amianto nei muri, niente buchi nel tetto, niente topi e così via (per leggere come abbiamo trovato la casa, clicca QUI).
Ci siamo affrettati a firmare il contratto, senza immaginare cosa sarebbe successo dopo.

Nella mia esperienza di affitti in Italia, la storia funzionava pressapoco così: vai in un'agenzia immobiliare, vedi delle case, scegli quella che fa per te, firmi il contratto, FINE. A quel punto la casa che hai affittato è la tua casa, l'agente immobiliare sparisce di scena e a te resta solo da pagare l'affitto mensilmente al proprietario. In casa puoi fare quello che ti pare, certo, non puoi buttare giù un muro o cambiare il forno senza avvisare il proprietario, ma per cose piccole tipo attaccare un quadro non c'è nessun problema. 

Qui è completamente diverso. Quando firmi il contratto, implicitamente firmi anche un contratto nuziale con l'agenzia immobiliare. Loro saranno con te, nel bene e nel male, fino al termine del tuo contratto di affitto. Ci saranno SEMPRE. E non parlo di quando ne hai bisogno, ma SEMPRE. 

Comincia tutto con dei fogli "di descrizione", che ti vengono consegnati insieme al contratto. L'agente immobiliare ti dice che devi controllare ogni singola voce e poi fargli sapere per iscritto se c'è qualcosa di diverso o di sbagliato.
La descrizione riguarda ogni singola caratteristica nell'appartamento (che per fortuna abbiamo affittato VUOTO). Ora mi direte, cosa c'è da descrivere in un appartamento vuoto? E' una cosa di questo tipo:
Salotto, muro ovest: bianco, con una piccola crepa nell'angolo in alto a destra. Poco più sotto c'è un segno grigio. Un po' più in là un segno nero di un cm circa. Nell'angolo in basso a sinistra c'è un piccolo buco di 0.5 cm di diametro. 
E così via. Molte delle voci non le avevamo affatto notate finchè non le abbiamo lette ed alcune di esse, pur sapendo l'esatta locazione, non siamo riusciti ad individuarle, viste le esigue dimensioni.
Ora, questo avrebbe dovuto farci pensare, ma noi, anime ingenue, non ci siamo resi conto. 

Non ci siamo resi conto che il foglio con le descrizioni era per fare un confronto tra la casa come ci veniva consegnata e la casa come sarebbe stata dopo.

Cara agenzia ti scrivo
Avevo già raccontato che qui, per fare ogni più piccola cosa, occorre andare in agenzia.
Vuoi mettere un chiodo nel muro? vai in agenzia, compili un modulo per chiedere il permesso del padrone di casa e in soli 15 giorni hai la risposta.
Vorresti tenere un animale domestico? idem come sopra. 
Hai la doccia otturata? vai in agenzia, compili l'apposito modulo, e l'agente vaglierà se sia il caso di chiamare un idraulico. 
E così via.

Ora, lettore, immagina la scena. E' un venerdì sera e torni a casa dal lavoro stravolto. La settimana è stata davvero pesante e intensa e per te non è ancora finita, perchè lavori anche nel weekend. Apri la porta di casa, tutto quello che vuoi è mangiare un boccone, infilarti sotto alla doccia e rilassarti dieci minuti. La porta si apre, entri in salotto e
BIIIIIIIIIIIIP!
Non riesci a capire cosa sia stato quel bip così forte e fastidioso che trapana le orecchie. Comunque sia, ora puoi farti la doc...
BIIIIIIIIIIIIP!
Ti guardi intorno, infine realizzi che proviene dall'allarme antincendio, che qui è obbligatorio in tutte le case. Non hai idea di quale sia il problema e in ogni caso per poter fare qualunque cosa devi chiedere in agenzia. Peccato che siano le 17.30, e l'agenzia chiuda alle 17. E resti chiusa tutto il weekend. 
Ti resta solo Google. Da una rapida ricerca sembra che ci sia la batteria scarica. Ci sono le istruzioni per cambiarla, ma non quelle per il modello che hai tu. 
Alla notte quasi non chiudi occhio per quel benedetto allarme che suona ogni 40 secondi e la mattina dopo ti alzi alle 4 come al solito. Otto ore al lavoro, un'altra notte in bianco e lo stesso domenica. Lunedì mattina non lavori e alle 8.30, ora di apertura dell'agenzia, ti presenti all'agente immobiliare. Non dormi da tre notti e sei sull'orlo dell'esaurimento.
Miss Raggio di Sole ti guarda. Cosa vuoi, ti chiede. Le spieghi il problema. 
- Bisognerà cambiare la batteria - dice lei.
- Lo so. Come si fa? - chiedi tu.
Lei non lo sa. Non solo: è scocciata che tu lo chieda e si capisce benissimo. 
Mantieni la voce ferma, e le spieghi che non ne potete proprio più. Se lei non sa come si cambia, potrebbe almeno dirti chi potrebbe aiutarti? sei autorizzata a chiamare un elettricista? 
Raggio di Sole ti squadra, glaciale, con i suoi occhi azzurri. E' un tuo problema, ti risponde. 
Tu sei esausta e delusa. Con la voce leggermente più alta di prima, ma assolutamente senza urlare, le dici che in casa non ci sono istruzioni per quell'aggeggio e le chiedi dove le puoi trovare.
A questo punto è chiaro che sei la peggiore disgrazia che poteva capitarle. Un'Italiana con questo accento buffo e questi capelli scuri. Raggio di Sole ti guarda come se volesse schiacciarti con la scarpa. Apre un cassetto, e senza dire una parola ti allunga due fogli dove, finalmente, scopri come risolvere il problema. 
Da allora, ogni volta che ti presenti in agenzia, assisti alla seguente scenetta:
Tu entri, Raggio di Sole ti lancia un'occhiata. Ti riconosce. Inarca le sopracciglia. Alza gli occhi al cielo, del tipo "O mio Dio, ecco l'Italiana pazza". Fa un sospirone, come per riprendersi. Infine ti guarda come se volesse spiaccicarti e dice:
- Sì? Cosa succede?

Il Grande Fratello
In ogni caso, l'aspetto sicuramente meno piacevole di questa forzata relazione sono le ispezioni che avvengono ogni tre mesi ( più altre random). 
Torni a casa dal lavoro, trovi una lettera dall'agenzia immobiliare.
Il succo della missiva è sempre uguale: ispezione tra due settimane, il giorno X, tra le 12 e le 17. Se non sei in casa pazienza, entriamo con le nostre chiavi. 
Il giorno in questione arrivano quando meno te lo aspetti, di solito quando stai cucinando e hai pentole sporche ovunque, oppure quando sei appena tornata dalla spesa e ci sono borsine di plastica sparse per tutto il soggiorno.
Miss Sorriso bussa alla porta come se volesse buttarla giù. Corri ad aprire. 
Lei entra e la casa le fa già schifo, lo capisci dal suo sguardo. Comincia a fare foto. Di ogni singola stanza. Anche del letto che oggi non sei riuscita a fare. Anche della stanza dove tieni la pila di biancheria da stirare. Apre ogni porta, senza chiedere alcun permesso. 
- Questa lampadina è da cambiare - ti dice - questa tendina ha un buco. 
Significa che occorre cambiare queste due cose prima della prossima ispezione. Poi dice che ha finito e va via.

Recentemente siamo stati a fare un viaggio e al nostro ritorno l'erba nel giardino sul retro era molto alta. Abbiamo chiamato il signore che ce la taglia, ma un po' è piovuto, un po' lui era occupato, alla fine è venuto circa 10 giorni dopo la nostra telefonata. 
Un giorno, circa una settimana dopo il taglio dell'erba, torno a casa dal lavoro e trovo una lettera dell'agenzia.
Ci informano che hanno notato che l'erba è alta. Ci fanno sapere che la dobbiamo tagliare. 
Non c'è stata nessuna ispezione, se "hanno notato" che l'erba è alta significa che sono venuti qui a vedere ( e l'hanno fatto giorni fa).
Poi arriva la lettera dell'ispezione. 
Miss Sorriso arriva il giorno prestabilito, guarda il prato tagliato e se ne va col solito bottino di foto di letti sfatti, moquette polverosa e biancheria da stirare. 
Oggi è arrivata una lettera: ci fanno notare che dobbiamo bagnare il prato anteriore e posteriore e strappare le erbacce nell'aiuola davanti a casa. 


A volte mi viene da pensare che la pazienza e la calma siano tutto, nella vita. Non ti arrabbiare, non sentirti controllata stile Orwell. 
Rilassati, rilassati. Conta fino a dieci. Fino a venti. Fino a cinquanta milioni. 
Un giorno forse, riusciremo ad avere una casa nostra, dove fare quello che ci pare.
Per arrabbiarsi poi, c'è sempre tempo :)

martedì 22 novembre 2016

L'Italia e gli Italiani

Trovo che sia estremamente interessante scoprire come il nostro paese venga visto all'estero, specie da parte di chi non c'è mai stato e lo conosce solo attraverso i mezzi di comunicazione o il sentito dire.
Qualche tempo fa avevo pubblicato in questo articolo una serie di domande sull'Italia che mi ero sentita rivolgere quando abitavo in Medio Oriente.
Ora vi propongo un'altra carrellata di peculiarità che ho notato qui dove vivo.

Pelle scura e capo coperto
Alcune persone identificano gli Italiani che vivono oggi in Italia con gli immigrati italiani che sono arrivati qui nel dopoguerra. 
Ad esempio, molte persone sono convinte che in Italia le famiglie di 12 figli siano ancora normali e restano sconvolte quando dico di essere figlia unica. 
In molti mi hanno anche chiesto perchè le donne italiane girino col capo coperto. All'inizio ho pensato che stessero confondendo l'Italia con qualche paese islamico, poi mi hanno spiegato che nel dopoguerra, nelle famiglie immigrate qui dal sud Italia si potevano notare le donne col capo coperto, specie quelle anziane.. e parecchie persone pensano che questo sia un tratto distintivo del paese.

Per qualche strano motivo c'è anche l'idea che gli Italiani abbiano la pelle scura e caratteristiche proprie di altri paesi.
Ad esempio, almeno quattro o cinque persone che non avevano mai parlato con mio marito e che credevano che lui fosse Italiano come me, mi hanno detto con stupore che non sapevano che ci fossero Italiani con i capelli biondi e gli occhi azzurri (!!) come se queste caratteristiche fisiche fossero proprie solo dei popoli anglosassoni.

L'Italiano, questo sconosciuto
Alcune persone sono completamente spiazzate dal fatto che in Italia ci siano i dialetti, al punto che credono che ogni zona del nostro paese abbia la sua lingua, senza immaginare che noi abbiamo sì i dialetti, ma anche l'Italiano, la lingua ufficiale.

Conversazione con una collega che ha sposato un discendente di immigrati italiani:
Lei: come si dice "pumpkin" nella tua lingua?
Io: zucca.
Lei: mia suocera diceva "cucuzza".
Io:  sì, è un terminale dialettale. In italiano però si dice zucca.
Lei: eh, ma magari dite zucca su al nord, perchè quello è il vostro dialetto... la lingua cambia da nord a sud nel tuo paese, no?

Arte e dintorni
- Sai, sono stata in Italia, vent'anni fa. Siamo stati a Roma e a Firenze. E' stato molto bello. Firenze mi è piaciuta in modo particolare perchè ci sono tante statue, mentre a Roma ce ne sono pochissime.
- Come sarebbe a dire che avete ancora le chiese costruite nel medioevo? perchè non le avete buttate giù per sostituirle con qualcosa di più nuovo? è perchè non ci sono soldi?
- Ho visto un programma in televisione sulla Gioconda. Non capisco cosa ci sia di bello in quel quadro. E' piccolissimo!

Le bellezze della Toscana
Lui: Ah, sei Italiana! sono stato in Italia, una volta, è stato bellissimo.
Io: Ah, ne sono contenta! dove sei stato?
Lui: In Toscana. Bellissima regione, la conosci?
Io: sì, la conosco molto bene. Cosa'hai visto di bello, in Toscana?
Lui: le pecore. Splendide, davvero animali bellissimi.
Io:...........ehm........ sì, immagino di sì.. e poi?
Lui: No, nient'altro. Cos'altro c'è? 

Per chi ora si fosse profondamente indignato e pensa che il mio articolo esprima razzismo e intolleranza, tranquilli, sappiate che sto solo raccontando la mia esperienza e sono sicura che l'Australia è piena di persone intelligenti e colte che non hanno problemi a capire perchè ci teniamo stretto il nostro patrimonio artistico e conoscono la Toscana come le proprie tasche. 
Alla prossima.

venerdì 11 novembre 2016

F for food

Oggi parliamo di cibo!
I piatti più comuni, gli alimenti che non si trovano nemmeno a pagarli oro e quelli che mi fanno impressione solo a sentirne parlare. 

Ovviamente, come al solito, io racconto le cose dal mio punto di vista, quello di un'Italiana che vive nel Paesino nel Bush. Abbiamo tutti gusti diversi, quindi sicuramente i cibi che a me non piacciono avranno infiniti estimatori e viceversa, cibi che io adoro saranno odiati da molti. 
Il punto è che non voglio offendere nessuno: quindi, lettore, non venirmi a scrivere commenti tipo: "Il cibo X è buonissimo, non capisci niente". primo, perchè il tuo post è offensivo. Secondo, perchè io riporto solo il mio parere, non una realtà universale. 
Infine, se scrivo che il cibo Y qui è introvabile, intendo proprio qui, nel Paesino nel Bush, 300 km da Perth, meno di quattromila abitanti. Per favore, evita quindi cose tipo: "Non è vero, qui a Melbourne si trova!". Non parlo a nome di tutta l'Australia, e non ho difficoltà a credere che in una città di quasi cinque milioni di abitanti la scelta sia (ovviamente) più varia!

Cominciamo con gli alimenti più difficili da trovare, quelli per cui spenderei volentieri qualche dollaro in più solo per poterli avere saltuariamente nel frigorifero.

Carciofi
I carciofi qui non ci sono. Non li coltivano e non li mangiano. Scenetta di qualche tempo fa:

Collega: Come festeggiavi la Pasqua, in Italia?
Io: di solito andavo a pranzo dalla nonna.
Collega: e cosa ti cucinava?
Io: agnello con i carciofi.
Collega: oddio, i CARCIOFI??? ma li mangiate davvero?
Cioè, collega, stiamo parlando di CARCIOFI, non di teste di lucertola impanate e fritte. Carciofi, normali, buonissimi carciofi.
No, non gliel'ho detto. Ma l'ho pensato.

I miei colleghi hanno anche una spiccata antipatia per limoni e melanzane, due prodotti che, secondo loro "occorre cucinare troppo a lungo per rendere appetibili". Mah.

Pecorino e stracchino
I prodotti caseari che si trovano qui sono pochissimi, prevalentemente cheddar e feta, più alcuni formaggi italiani prodotti qui (simil-Parmigiano, ricotta, mozzarella). Il formaggio fatto col latte di pecora è assente dai supermercati, e personalmente sono riuscita a trovarlo solo in un minuscolo caseificio a conduzione familiare a 200 km da qui, l'unico dello stato a produrlo. Costa 87 dollari al chilo e viene venduto in frammenti da 100 - 200 g già confezionati sottovuoto.
Lo stracchino invece non c'è proprio. Nemmeno in Medio Oriente lo trovavo, e per me che sono genovese e ho la focaccia col formaggio nel sangue e nel cuore, questo è un problema. Ma è questione di tempo, ora devo solo reperire del caglio e poi me lo faccio da sola.

Tacchino
La fetta di petto di tacchino in tegame è uno dei miei comfort foods. Qui il tacchino non c'è, o meglio, non si trova fresco in macelleria da affettare, come in Italia. A Dicembre ha fatto la sua apparizione al supermercato l'animale intero e congelato e ne ho acquistato uno per Natale. In seguito mio marito me l'ha chiesto di nuovo, ma il tacchino è un articolo solo natalizio.
Ora che siamo a Novembre e mi sto preparando, come da cinque anni a questa parte, a celebrare il Thanksgiving, sono alla frenetica ricerca di uno di questi animali.
Bene, in Western Australia non ci sono allevamenti di tacchini. I macellai non sanno dove procurarmelo. Il supermercato forse, FORSE, inizierà ad avere tacchini congelati dal 20 di Novembre, quindi proprio pochissimi giorni prima del Ringraziamento. Credo che mi convenga fare un salto a Perth, per vedere se riesco a reperirne uno.

Lievito di birra fresco
Niente lievito in cubetti da tenere in frigo, da queste parti. Nemmeno quando abitavo in Medio Oriente lo trovavo. Sarà un prodotto solo italiano? qui si trova solo il lievito di birra secco (non istantaneo) in bustine. Sorvolo sulla faccia che fa la gente quando racconto che la pasta della pizza me la faccio in casa, perchè è un'altra storia.. (ma forse spiega perchè non si trova il lievito fresco).

Pesce fresco
Il pesce, qui nel Paesino nel Bush, è disponibile in sole due forme: fritto con le patatine, untissimo e di pessimo sapore, da acquistare dal vecchietto che gira col furgoncino, oppure impanato e congelato al supermercato, pronto da friggere con le patatine. Nient'altro. Il mercato del pesce più vicino dista 230 km.

I cibi che proprio non posso vedere (o sentirne il nome!)

Immagine presa da internet
Vegemite
La Vegemite divide il mondo in due categorie: quelli che la amano e quelli che la odiano.
Se non l'avete mai sentita, è un prodotto tipicamente australiano, un estratto di lievito che si spalma sul pane. 
Se non l'avete mai assaggiata forse potreste fare lo stesso errore che ho fatto io: ha lo stesso colore della Nutella, per cui inconsciamente mi aspettavo una cosa dolce. Ecco, è salatissima. Qui pane, margarina e Vegemite è un must, una merenda per i bambini e il pasto serale di molte persone.

Margarina di canola
In questa parte di Australia, il grasso più utilizzato è la margarina. Tralascio i discorsi su quanto poco salutari siano i grassi saturi. La margarina si ottiene dalla canola, ovvero dalla colza geneticamente modificata.  I campi di canola in primavera si ricoprono di fiori gialli dall'odore piuttosto intenso. "Canola stinks", dice la gente, qui. Personalmente trovo che non siano solo i fiori a puzzare, ma anche il prodotto finito. Non riesco a capire come possano mangiarlo. Yuck.

Impanato e fritto
Come dicevo prima, qui il pesce si trova solo impanato e fritto. Fish and chips è uno dei piatti importati dall'Inghilterra e viene gustato insieme alle fette di ananas impanate e fritte, una cosa di cui mi disgusta solo il pensiero.
Ma non è tutto: mi hanno raccontato di posti dove si possono acquistare le barrette di Mars, anche loro impanate e fritte.

Apricot chicken
Pollo cotto nel succo di albicocca e poi coperto con una specie di densa salsa di cipolle. Non ho commenti ulteriori da fare.

Sago, immagine presa da internet
Sago
E' uno dei dessert old-fashioned che è possibile trovare da queste parti. Viene fatto con l'amido ricavato da una palma. Se volete sapere come si presenta, visualizzate nella vostra mente le uova di rospo, immerse in quella roba gelatinosa che le contiene. Fatto? Ecco, così. Giallastro e aromatizzato al limone (è l'unico sapore che si avverte).

Quello maculato
Come in tutto il resto del mondo, da queste parti ci sono poi una serie di cibi normalissimi ma con un nome assurdo. Recentemente ad una cena mi hanno servito lo "spotted dick", che nonostante il nome improbabile è solo una specie di muffin alla frutta.

Un appunto finale: volevo inserire una categoria di cibi australiani che apprezzo, ma ho avuto problemi a scriverla. Mi piace la cucina tipica di molti paesi, ma in effetti l'Australia non ha una cucina "sua", a meno di non parlare del canguro arrosto o di altri piatti a base di animali nativi. Tutto il resto ha viaggiato insieme ai coloni che sono partiti dall'Europa o dall'Asia per stabilirsi nel Continente Nuovissimo. Ecco dunque che ritroviamo una buona parte di cibi inglesi ed irlandesi, più alcune specialità italiane e piatti del sud-est asiatico.
Per quanto riguarda i cibi di tradizione britannica, onestamente non ne vado matta. Certo, capita che per mancanza di tempo si mangi una beef pie per pranzo, o un piatto di fish and chips o di stew in una roadhouse, ma non sono cibi di cui mi nutrirei volentieri tutti i giorni. Ogni tanto va bene, ma solo sporadicamente. Anche la tanto decantata pavlova, una meringa coperta di panna e frutta, pur essendo buona non la giudicherei certo un dolce eccezionale.

E questo per ora è tutto, sul cibo. Alla prossima!

lunedì 7 novembre 2016

Quando lavavano i muri col DDT

Dopo mesi di freddo e gelo, anche qui in Western Australia è arrivata la primavera, salvo ripensamenti dell'ultimo minuto. Sono finalmente riuscita a togliermi il giaccone in piumino d'oca, ho smesso di uscire di casa abbracciata alla borsa dell'acqua calda (il riscaldamento della mia macchina non è un granchè, per usare un eufemismo) e sono ben tre settimane che non trovo il parabrezza ghiacciato quando esco alle 5 del mattino per andare al lavoro.
La temperatura è timidamente salita, con gran gioia delle nostre tasche abbiamo iniziato a non avere più bisogno del riscaldamento e, udite udite, due giorni fa ho addirittura indossato una maglietta a maniche corte. 
Naturalmente ogni medaglia ha il suo rovescio e qui nel bush australiano questo è costituito dal risveglio della fauna dopo la pausa invernale. 

O lettore a cui fanno schifo gli insetti, la parte da leggere per te finisce qui. Chiudi la pagina e dirigiti verso siti di cucina, di giardinaggio o di quelli che sono i tuoi hobby e interessi. 

Per gli stomaci forti che invece hanno deciso di continuare, dico subito che la temperatura più alta ha favorito un'incredibile proliferazione degli insetti, e quando dico "incredibile" fidatevi, non avete idea di cosa sia, in Italia questa situazione non esiste. O meglio, forse esisteva un tempo, tipo nel dopoguerra quando, secondo i racconti di mia nonna, si lavavano i muri interni delle case col DDT per limitare la quantità di insetti. 

Image from abc.net.au
Mercoledì  verso le 14 sono tornata a casa dal lavoro e ho iniziato a preparare il pranzo, in questo caso peperoni ripieni di carne e riso. Come metto la carne a cuocere, vedo fuori dalla finestra della cucina - chiusa e dotata di zanzariera intatta, come tutte le finestre della casa - una quantità incredibile di mosconi, vorrei dire una nuvola ma il termine non rende. 
Ora, come ho già scritto in passato, in casa mia gli insetti entrano in gran quantità all'improvviso e in modo misterioso, immagino dalle prese d'aria sul soffitto di ogni stanza. 
All'improvviso, mentre la carne cuoce, nella stanza si materializzano tipo venti mosconi. A me gli insetti piacciono, i mosconi non mi fanno nessuna impressione, per cui mi limito a mettere un coperchio alla pentola e a continuare poi le mie faccende. 
Ad un tratto mi rendo conto che il bzzz bzzz nella stanza sta diventando davvero insopportabile. Sopra alla mia testa volteggiano  decine e decine di insetti. 

Finisco di cucinare, metto il pranzo in forno e vado al supermercato per cercare qualcosa che mi liberi dai mosconi. Il punto vendita ha un nutrito settore dedicato al "pest control", per cui mi avvicino ed inizio ad esaminare i vari prodotti. Sono tutti insetticidi, e la cosa non mi entusiasma: oltre ad essere contraria all'uso di queste sostanze dentro casa, molti dei veleni utilizzati sono tossici per i gatti e per i nostri due micetti in particolare, visto che si arrampicano ovunque e leccano qualunque cosa. Dopo dieci minuti sono molto scoraggiata. Alcuni prodotti riportano chiaramente sull'etichetta che non devono essere utilizzati in presenza di animali domestici, altre marche non danno nessuna informazione a riguardo.  Non voglio comprare nulla che sia potenzialmente tossico, per cui torno a casa a mani vuote. 
Più tardi rincasa mio marito, ceniamo in mezzo al bzzz bzzz insistente, poi lavo tutti i piatti e li lascio ad asciugare sopra ad un canovaccio, come al solito.

Il mattino dopo mi alzo alle 4 come al solito per andare al lavoro e prendo una tazza pulita dal canovaccio, per farmi un caffè.
La guardo di striscio, e mi rendo conto che non è pulita: dentro c'è qualcosa di bianco. Che strano, penso, eppure l'ho lavata ieri sera.. poi mi rendo conto che le cose bianche dentro alla tazza si muovono. Sono larve di mosca.
Il canovaccio (pulito) è pieno di larve. Sotto alle stoviglie che ho messo ad asciugare si sono rifugiati una decina di mosconi, alcuni vivi, altri già morti, e qualcuno ha evidentemente rilasciato le larve.
Ci sono larve anche nelle ciotole dei gatti. E sul tavolo da pranzo. Intorno, decine e decine di mosconi morti o agonizzanti.

Quando torno dal lavoro, ancora prima di entrare in casa, la prima cosa che noto sono una decina di mosconi che camminano su uno dei vetri della finestra della sala. 
Vado dal ferramenta, espongo il problema. L'uomo mi guarda perplesso. Forse ci vuole la carta moschicida, dice. Ma lui non ce l'ha. Mi suggerisce un negozio dove potrebbero venderla. Mi precipito, la compro, ma sembra complicata da usare, oltre al fatto che i gatti non la ignorerebbero di certo. Con le immagini dei micetti strozzati dalla carta moschicida che ballano sul mio schermo mentale, mi viene l'ideona: l'aspirapolvere!
Inizio con una finestra, poi passo alla successiva, quando ho finito le finestre rifaccio il giro, e così via finchè non sento più ronzare. Infine guardo l'aspirapolvere: il serbatoio, vuoto all'inizio, è pieno per metà. Non oso pensare a quante mosche ho catturato. Il peggio è che dopo dieci minuti ce ne sono di nuovo una decina che mi ronzano sulla testa. 

Torno dal ferramenta, compro della zanzariera da mettere sulle prese d'aria della cucina. Poi mi rendo conto che la devo mettere su tutte le prese (una nei quattro angoli di ogni stanza, più due supplementari in cucina e in bagno) e che la devo fissare senza rovinare l'intonaco (che casca a pezzi per conto proprio), altrimenti le arpie che visitano la nostra casa ogni tre mesi, vestite da agenti immobiliari, con la scusa di fare "l'ispezione", ci faranno pagare l'intonaco come nuovo, sostenendo che lo scrostamento è per colpa nostra.
Mio marito ha qualche dubbio sulla copertura delle prese d'aria, e di comune accordo decidiamo di comprare una lampada blu di quelle che fulminano gli insetti.
Andiamo da Bunnings, una specie di Castorama australiano ed compriamo un dispositivo che, invece di elettrizzare gli insetti, li affoga dentro un apposito scomparto pieno d'acqua.
Torniamo a casa, accendiamo la lampada: i mosconi la gradiscono molto e ci si affollano intorno, ma al termine della serata le mosche catturate sono solo due e le superstiti hanno rilasciato chili di larve in giro.

Infine, provvidenzialmente, ieri sera la temperatura è scesa di botto di quindici gradi e gli insetti sono morti di colpo. 
Ora sono qui, col maglione di pile, ma senza creature che mi svolazzano sulla testa. Si cercano urgentemente soluzioni alternative per quando la temperatura salirà di nuovo, possibilmente senza DDT.

martedì 30 agosto 2016

Quando gli Aborigeni mangiarono la torta pasqualina

E' da quando sono arrivata in Australia che cerco di avere un contatto con gli Aborigeni. Li incontro quotidianamente al supermercato, ma le occasioni per parlare insieme non ci sono. Del resto, quante volte vi è capitato di attaccare bottone con sconosciuti in un posto impersonale come un supermercato?
Mentre sono in fila alla cassa li osservo, guardo i bambini che corrono a piedi nudi tra la corsia dei biscotti e il reparto della frutta, e mi chiedo come fare ad entrare in contatto con loro e il loro mondo. 

Per chi pensa che il "loro mondo" sia l'immagine che l'Australia cerca di dare ai turisti da queste parti, quella di una perfetta integrazione, la valorizzazione delle radici culturali e i numerosi programmi governativi per aiutare i nativi, ecco, le cose sono leggermente diverse. 
Il razzismo è dilagante e le condizioni in cui vivono queste persone sono terribili, da tutti punti di vista. Sono troppo spesso ai margini di una società che li tollera solo come attrazione turistica, ma che in realtà li respinge. Certo, oggigiorno le cose vanno un po' meglio: la Generazione Rubata è finita, non ci sono più massacri, non sono più costretti a vivere in baracche di lamiera nelle "riserve", ma dietro questa facciata le loro condizioni sono indegne di un paese civile. Gli abusi perpetrati nel centro di detenzione giovanile di Don Dale nel Northern Territories (click e click) e la scandalosa vicenda di Ms. Dhu, morta in carcere a 22 anni per una setticemia scambiata per crisi di astinenza, sono solo due dei casi di cronaca recenti.
E la cosa che mi fa più rabbia è che non se ne parla. Sono notizie al telegiornale, articoli sui quotidiani, ma non sono argomenti di conversazione di tutti i giorni. Si parla molto di più di altre cose, di integrazione dei musulmani, di lotta al terrorismo, ma gli Aborigeni non sono qualcosa di cui si parla volentieri. Mi verrebbe da dire che i discorsi su di loro sono un tabù, e lo dico per esperienza personale. 
Ci sono programmi governativi di aiuto, ma funzionano poco e male. 

Per mesi ho cercato un modo di aiutare, nel mio piccolo.
E poi, un giorno, finalmente, si è aperta una possibilità. 
La Clontarf Foundation è un'organizzazione che si occupa di aiutare i ragazzini aborigeni maschi (c'è un'organizzazione analoga per le femmine) a terminare la scuola superiore. E' incentrata sullo sport, che viene visto come il mezzo per aumentare la fiducia in se stessi e tenere questi ragazzini a scuola (la percentuale di chi abbandona è altissima). L'associazione offre cibo sempre disponibile e un luogo sicuro dove poter studiare (molti di questi ragazzini vivono in famiglie poverissime devastate dalla droga o dall'alcool). 
La Clontarf organizza ogni venerdì mattina una colazione gratuita per i ragazzini aborigeni del Paesino del Bush dove vivo, e da parecchi mesi passo il giovedì pomeriggio in cucina a preparare a mie spese i cibi per questa colazione. 
Di solito porto i cibi a scuola (la colazione si tiene in alcuni locali della scuola superiore) e poi vado via, ma una volta mi sono fermata. Avevo preparato una crostata alla crema e una torta al cioccolato, più due pasqualine genovesi, una di bietole e una di funghi.
I ragazzini sono entrati, si sono presentati tutti stringendomi la mano ad uno ad uno, e poi si sono seduti al tavolo. 
- Questa torta di verdura è buonissima! - mi ha detto uno.
- Ma davvero hai fatto due torte?  - mi ha detto un altro - hai fatto due torte PER NOI?
Quest'ultimo commento mi ha fatto piangere, la meraviglia di questo bambino nel vedere che avevo preparato ben due torte tutte per loro mi ha spezzato il cuore e da allora ogni settimana mi impegno più che posso perchè la loro colazione sia buona, varia e nutriente. 

Il mio obiettivo per il futuro è ottenere una specializzazione che mi permetta di aiutarli professionalmente. Nel frattempo, preparo torte, biscotti, focacce e pasqualine. E' solo una piccola cosa, non gli cambio la vita, non li proteggo dall'alcool o dalla droga, ma quando mi incontrano al supermercato mi sorridono, e per me è tantissimo. 

mercoledì 11 maggio 2016

Casa dolce casa

Quando ci si trasferisce in un nuovo paese, trovare casa il più presto possibile è ovviamente tra le priorità iniziali. 
Quando siamo arrivati in Western Australia, nel Gennaio dell'anno scorso, mio marito ed io ci siamo dunque dati subito da fare per trovare un alloggio nel posto dove volevamo vivere, ovvero il Paesino nel Bush. Abbiamo comprato i quotidiani della domenica e coscienziosamente spulciato la sezione affitti dei siti internet delle agenzie immobiliari. 
Le prime due cose che ci hanno colpito sono state il tipo di case disponibili e il loro prezzo: da queste parti non ci sono appartamenti, solo case unifamiliari col giardino davanti e dietro. 
Favoloso, abbiamo pensato. Gli affitti poi, erano incredibilmente allettanti. Certo, ci sono anche qui le case costose, ma molti di quegli annunci reclamizzavano alloggi estremamente economici, tipo una casa con tre camere da letto, soggiorno, cucina, bagno, giardino anteriore e posteriore per l'equivalente di 400 euro al mese, e ce n'erano anche di più economiche. 

In quei primi giorni risiedevamo  a Perth, a circa 300 km da qui, quindi visitare tutti quegli alloggi imponeva per forza di cose di condensare tutte le visite nello stesso giorno, in modo da poter andare e tornare in giornata. Abbiamo quindi chiamato l'agenzia e ci siamo messi d'accordo sul giorno in cui avremmo potuto visitare le case che ci interessavano.
Nella data stabilita siamo partiti da Perth alla volta del paesino nel bush. Mentre la macchina correva nella campagna, ricordo il senso di euforia che ho provato, la gioia assoluta, l'ingenua consapevolezza che quel giorno avremmo trovato la nostra casa. Quel giorno ne avremmo visitate cinque o sei, il prezzo era ottimo, le foto sul sito anche, dunque che problema ci sarebbe potuto essere?

Ma l'inghippo c'era eccome. Prima di tutto, come vi immaginate una casa? se prima di quel giorno mi avessero chiesto come è fatta una casa, avrei risposto che è fatta di mattoni. Tutte le case erano fatte di mattoni, nella mia idea. Ma qui non funziona così. 
Per fare un esempio, io ho una collega che si sta costruendo la casa. Intendo letteralmente, la fa lei. E non ha alcuna conoscenza architettonica, né esperienza come muratore. La casa è composta da un piano rialzato dove tubi di alluminio reggono pareti di alluminio e legno. Poi vengono messi gli infissi, le finestre, le porte, viene fatto l'impianto elettrico, quello idraulico, una bella passata di vernice et voilà, la casa è fatta. Non sono un'esperta del settore, potrebbero esserci altri componenti che lei ha aggiunto, ma in sostanza la casa è così. Questo era per fare un esempio.

Foto presa da internet di una casa australiana su un piano rialzato
Quel primo giorno in cui siamo andati a visitare le case, abbiamo visto per prima una bella villetta azzurra, ed eravamo quasi convinti che quella sarebbe stata la nostra casa, quando l'addetta dell'agenzia immobiliare ha pronunciato quella parolina che non mi sarei mai aspettata di sentire: AMIANTO. Già, la casa conteneva amianto, non ricordo dove nè in che percentuale. 
Perchè qui era così: mischiavano il cemento con l'amianto creando una cosa chiamata fibrocemento, e utilizzavano questo materiale per erigere le abitazioni. 
Poi certo, è arrivata anche qui la notizia che le fibre di amianto fanno male, quindi negli anni '90 hanno smesso di costruire le case con questo sistema, mischiando il cemento con qualche altra porcheria.
Foto presa da internet di casa in fibrocemento

- Però anche se non c'è più l'amianto il materiale si chiama sempre fibrocemento - ha detto la tizia dell'agenzia - quindi se volete sapere se contiene amianto o no dovete scoprire quando è stata costruita la casa. 
Faccio notare il "dovete scoprire" detto dall'agente immobiliare, come se fosse un'amena caccia al tesoro. Ovviamente, i 3/4 delle case che volevamo vedere era fatta di fibrocemento ed era stata costruita in un periodo incerto. E non solo.

La seconda casa che abbiamo visto era una stamberga, e come se non bastasse aveva un enorme buco sui gradini di legno che portavano al piano rialzato (quando dico "piano rialzato" intendo a circa 80 cm - 1 metro da suolo) dove era eretta la casa. 
Non ricordo le altre case (rimuovo velocemente  le esperienze spiacevoli) a parte l'ultima che abbiamo visitato, e che dal sito internet sembrava stupenda. Casa in mattoni, questa. Purtroppo aveva un buco nel soffitto da cui entrava l'acqua (il pavimento di legno del soggiorno era tutto bagnato) ed era strapiena di escrementi di topo. 
Vuoi essere il mio coinquilino?

Quel giorno siamo tornati a Perth piuttosto depressi. 
Siamo tornati qui la settimana seguente, a vedere altre case, ma nessuna ci ha entusiasmato particolarmente. Quello stesso giorno siamo arrivati a Perth in serata e, come al solito, mio marito si è messo a guardare gli annunci. Ha trovato un annuncio appena pubblicato per una casa che non avevamo ancora visto e il giorno dopo siamo corsi di nuovo qui per vederla. 
Quella casa era questa dove abitiamo oggi. 

Ovviamente, come si può capire, questa casa era la migliore di quelle che abbiamo visto. Questo però non vuol dire che sia una buona casa. Per cominciare, il perimetro esterno è fatto di mattoni, ma i muri interni di sicuro non lo sono. Quando ti ci appoggi scricchiolano. 
Il bagno viene direttamente dalla casa vetusta della prozia Carmelinda, con un lavandino microscopico con i due rubinetti, quello per l'acqua fredda e quello per l'acqua calda, che gocciolano in continuazione. La doccia è stata ricavata ponendo un pannello di materiale incerto in un angolo del bagno, pannello che periodicamente si ricopre di una simpatica piantagione di muffe. La vasca da bagno vintage - anch'essa con i due rubinetti - è il mio pezzo preferito: non che l'abbia mai usata, perchè manca il tappo, ma ammiro il materiale, qualcosa di indistinto che vuole assomigliare alla porcellana senza riuscirci minimamente. Il gabinetto si trova in una stanzetta a parte.

Il vero problema di questa casa in realtà, è però il riscaldamento. 
Già, anche qui: come immaginate il riscaldamento di una casa? con i termosifoni? ecco, qui i termosifoni non ci sono. Niente riscaldamento centralizzato. Tutto quello che abbiamo è un condizionatore in salotto che funziona anche per il riscaldamento. 
Se lo volete sapere, no, non è abbastanza. Non riscalda tutta la casa, e appena lo spegniamo, grazie all'isolamento inesistente delle mura, il calore svanisce nell'arco di tre secondi. Non solo: l'aggeggio consuma tantissimo, lo scorso inverno le bollette della luce erano il nostro incubo, e visto che le percentuali danno sempre un'aria professionale, sulla bolletta c'era anche la frasetta: "Questo mese hai consumato il 150% in più della media della cittadina".
Il primo che dice: "Ma in Australia fa caldo" me lo mangio domattina per colazione. In Australia ci sono sicuramente delle zone calde: i deserti della parte centrale. tanto per dirne una, o le zone tropicali a nord. Anche a Perth la temperatura è piuttosto mite, ma qui nell'interno non fa affatto caldo, d'inverno ghiaccia e la temperatura scende sottozero. 

Se vi state chiedendo come fa la gente qui a riscaldare la casa, sappiate che la maggior parte ha il camino. 
- Oggi devo proprio andare a fare legna -  è una frase che sento in continuazione. E visto che nessuno ha il caminetto in camera da letto, per la notte si usano le coperte elettriche. "Che marca usi tu di coperta elettrica" è un gettonatissimo argomento di conversazione per le mie colleghe in pausa caffè. 

Noi, che non abbiamo caminetto nè coperte elettriche, sopravviviamo con le borse dell'acqua calda. Ne abbiamo tre, una a testa più una di emergenza, e di notte dormiamo con due piumini pesanti uno sopra l'altro più una enorme copertona di pile. E le borse dell'acqua calda, ovviamente. 
Non vi dico che delizia alzarmi alle 4 del mattino per andare al lavoro e abbandonare il caldo viluppo delle coperte per avventurarmi nella casa gelida...una delizia, proprio. A scanso di equivoci, sono ironica :)

Qualche giorno fa, parlando con mia nonna al telefono, mi sono sentita rivolgere la domanda:"Perchè non mettete un caminetto anche voi?". Sono scoppiata a ridere. Primo, perchè siamo in affitto e non vogliamo spendere i soldi per un caminetto in una casa che non è la nostra, e secondo perchè noi qui non possiamo fare nulla senza l'autorizzazione del padrone di casa con l'intermediazione dell'agenzia immobiliare. 
E non parlo del caminetto, ma di cose banali: tipo, lo scorso anno abbiamo comprato, insieme a tutti gli altri mobili, anche due librerie che arrivano al soffitto, e dopo averle montate le abbiamo subito riempite di libri. Le istruzioni del montaggio richiedevano di mettere una vite per assicurare il mobile al muro: ecco, l'agenzia ci ha fatto sapere che non possiamo mettere nulla nel muro, viti, chiodi o altro, senza una richiesta scritta al padrone di casa. 
Se abbiamo un problema, tipo lo scarico della doccia otturato, non possiamo risolverlo da soli con uno sgorgante, ma dobbiamo andare in agenzia, compilare un modulo, e successivamente attendere la visita dell'idraulico scelto dall'agenzia (nel paese ce ne sono due, di solito mandano il meno competente).

E non è tutto: ogni sei mesi un impiegato dell'agenzia viene ad ispezionare la casa millimetro per millimetro, per controllare che non abbiamo distrutto un muro o fatto qualcosa che ci faranno pagare a caro prezzo quando lasceremo la casa. 
L'ispezione avviene quando fa comodo agli agenti immobiliari, se siamo in casa bene, altrimenti entrano lo stesso con le loro chiavi. Veniamo avvisati due settimane prima tramite lettera, con un'indicazione approssimativa della fascia oraria, di solito reca la dicitura "dalle 12 alle 17". E non importa se sei al lavoro, se magari non sei riuscita a pulire, se in una camera hai una pila di roba da stirare, se il letto non è fatto: loro entrano in ogni singola stanza e guardano e controllano tutto e fanno foto a qualunque cosa.
Pensatela come volete, magari qui sarà normale, ma a me questa violazione della privacy dà un fastidio immenso. 

E con questo è tutto, sulle case. In futuro, quando ne avremo la possibilità, compreremo o costruiremo (non noi personalmente, ma gente che lo sa fare) una casa in mattoni. Senza moquette, magari. Con i termosifoni.
E il bidè, che ovviamente qui è sconosciuto :)

mercoledì 4 maggio 2016

Di animali e altre storie

Credo di aver sempre desiderato un gatto, fin dall'infanzia.
Quando avevo circa quattro anni, mia madre portò a casa un gattino trovato per strada. Mi disse che il micetto le era salito su una scarpa miagolando e mordicchiando i lacci e lei si era intenerita.
Purtroppo quel batuffolo di pelo non era destinato a diventare il mio gatto.
Mio padre, che da bambino aveva avuto solo animali da cortile destinati a finire in pentola, si oppose con energia all'ingresso del gattino in casa.
- Perchè dobbiamo avere un gatto? i gatti sono pieni di pulci e fanno pipì ovunque. La casa è fatta per gli umani, gli animali devono stare fuori - disse.
Mia madre non replicò, ed io mi rassegnai al fatto che avrei avuto un gatto semi-addomesticato: sarebbe venuto tutti i giorni per il cibo, ma il resto del tempo l'avrebbe passato per i fatti suoi.
Negli anni seguenti nutrimmo parecchi gatti della zona. Io davo a tutti un nome, ma nessuno di loro era il "mio" gatto.

Un paio di anni dopo, grazie ad un baraccone del luna-park che dispensava premi anche senza aver fatto centro con la pallina nelle vaschette d'acqua, ottenni il mio primo animale: un pesce rosso. L'animale si suicidò il giorno dopo l'ingresso in casa saltando fuori dalla vaschetta.
A parte lo shock causato dalla sua morte prematura, il pesciolino non era ovviamente quello che desideravo: niente pelo, niente carezze, niente animale domestico.
Di prendere una cavia o un criceto non se ne parlava neppure, l'autorità paterna ne aveva vietato l'ingresso in casa.
Per il mio ottavo compleanno mia madre mi regalò due minuscole tartarughe verdi d'acqua dolce. Alle creature vennero appioppati i nomi di Gertrude e Romualdo, e vissero per qualche tempo in una vaschetta sul davanzale della finestra della mia camera.
Io però non ero particolarmente soddisfatta: come si accarezza una tartaruga? la mia interazione con le due bestiole consisteva nel tirarle fuori dalla recipiente e farle camminare sul pavimento della camera. Un giorno erano venuti a trovarmi dei parenti e io stavo per l'appunto facendo camminare le tartarughe sul pavimento, quando mio cugino - all'epoca un bimbo di tre anni - irruppe nella stanza correndo e inavvertitamente calpestò Gertrude.
Lacrime e disperazione, e la tartarughina venne sostituita con un'altra, che chiamai Ildebranda.
Tempo dopo, entrambe le bestiole si beccarono un'infezione agli occhi e passarono a miglior vita.
Per lunghi anni gli unici animali "domestici" furono quelli che trovavo in giardino e nei campi: lumache, lucertole, e soprattutto insetti di ogni genere e specie, che portavo di nascosto in casa e a scuola, cercando di allevarli.

A 29 anni mi sono sposata e mi sono trasferita all'estero, nella penisola arabica. Mio marito condivide la mia passione per i gatti, ma finchè abbiamo vissuto in Medio Oriente non abbiamo mai pensato di adottarne uno.
Poi siamo venuti in Australia, e dopo una frenetica ricerca abbiamo trovato una casa.

Uno dei primi giorni, con ancora tutta la nostra roba ferma a Perth, in attesa di portarla qui, guardando fuori dalla finestra nel giardino sul retro ho visto due batuffoli di pelo.
Uno era bianco e grigio, a pelo lungo, l'altro bianco, grigio, nero e rosso, a pelo corto.
- Kittens! - ho detto a mio marito, guardando fuori.
- Look at the fluffy one, it's beautiful - ho aggiunto estasiata.
- The other one must be the sister - ha detto lui.
Così, senza molta fantasia - devo averla esaurita tutta con le tartarughe - abbiamo chiamato il primo micetto Fluffy, e la sorellina Sister.
Li abbiamo nutriti per lunghi mesi, prima che si fidassero abbastanza da lasciarci avvicinare a loro.

Fluffy e Sister
Avevamo sempre dei dubbi su Fluffy. Quel batuffolo di pelo sarà maschio o femmina? Abbiamo cercato di occhieggiare in mezzo al pelo, ma non si vedeva nulla e alla fine ne abbiamo dedotto che erano due gattine e sono andata dal veterinario locale per chiedere quanto sarebbe costato sterilizzarle e vaccinarle entrambe.
Era anche un modo per salvarle: da queste parti c'è un progetto governativo per salvare la fauna locale (bandicoots, potoroos, etc)dagli animali importati, ovvero volpi e gatti randagi. Il progetto si avvale di bocconi avvelenati che vengono sparsi con cadenza fissa. I parchi nazionali pullulano di cartelli di avvisi per i proprietari di cani, per evitare che i loro animali mangino le esche.

Un cartello di avviso 
Il veterinario mi ha sparato la cifra di 860 dollari per la sterilizzazione di entrambe le gattine. Il prezzo delle vaccinazioni non era incluso.
Sono tornata a casa, e con mio marito abbiamo deciso di pensarci su.

Pochi giorni dopo sono tornata a casa dal lavoro verso le 22.30, e mio marito mi stava aspettando alzato, cosa inusuale. Come ho aperto la porta, mi ha abbracciato e mi ha detto che quel pomeriggio una signora aveva bussato alla porta, dicendo che purtroppo aveva investito un gatto con la macchina, e chiedendogli se quel corpicino martoriato nel sacchetto fosse un nostro gatto. Mio marito aveva lanciato un'occhiata: era Sister.

Dopo questo episodio abbiamo fatto entrare Fluffy in casa. Abbiamo preso un appuntamento col veterinario per una visita, per sapere se la micetta era incinta, se aveva parassiti e genericamente com'era il suo stato di salute, specificando che la gattina era molto nervosa e poco disponibile a farsi manipolare da estranei. Forse bisognerà anestetizzarla, abbiamo aggiunto.
La segretaria ha riso, e ha detto che il veterinario era bravissimo e abituato a trattare con tutti i tipi di animali. Ci ha elencato i suoi titoli, tutti i master che aveva preso, il dottorato, tutti i riconoscimenti. Uno in gamba, insomma.
Il giorno della visita sono riuscita a mettere Fluffy in un trasportino e, tra miagolii disperati e pianti di puro terrore, siamo arrivati nello studio del veterinario, che ci attendeva con un'assistente.
- La anestetizzate per visitarla, vero? - ho chiesto.
L'uomo ha sorriso e, con aria di sufficienza, ha detto che non sarebbe stato necessario.
Sono stata fatta entrare in una stanzetta, dove su di un tavolo erano stati predisposti tutti gli strumenti necessari per la visita. Contro la parete si trovava una voluminosa libreria piena di testi e di targhe di riconoscimento.
Io mi sono tranquillizzata e mi sono messa in un angolo della stanza ad osservare la visita.
L'assistente ha aperto lo sportellino della gabbietta e ha tirato fuori a fatica Fluffy, che cercava di rintanarsi sul fondo. Poi l'animale ha morso e contemporaneamente assestato una bella zampata all'assistente, liberandosi, saltando sul pavimento e andando a nascondersi sotto alla libreria. Il veterinario l'ha tirata fuori, ma lei è saltata sul tavolo buttando per terra tutto quello che vi si trovava sopra e ha poi cercato di arrampicarsi sulla libreria, riuscendo a buttare per terra diversi libri e a danneggiarne uno.
Mentre mi mordevo la lingua, cercando di non dire: "Ve l'avevo detto, che l'anestesia ci voleva" l'assistente è riuscita ad acchiappare di nuovo la gatta e a chiuderla nel trasportino.
A questo punto il veterinario mi ha detto che la visita era finita, che la gatta stava bene, che sì, probabilmente era incinta perchè "le gatte randagie sono sempre incinte", che probabilmente aveva dei parassiti perchè era randagia, ora può andare, sono 200 dollari, grazie.

Cioè, 200 dollari per una non-visita e una sfilza di luoghi comuni che probabilmente potevo elencare anche io, che non so nulla di veterinaria.
Pochi giorni dopo abbiamo scoperto che qui nel Paesino nel Bush c'è un'altra clinica veterinaria, e abbiamo preso un appuntamento.
Questa volta abbiamo trovato persone senza master e dottorati ma con competenza, che hanno anestetizzato l'animale prima di visitarlo.
Al termine della visita sono andata a riprendere Fluffy.
- Buongiorno, com'è andata?
- Benissimo, Fluffy sta bene! ha qualche pulce, ma gli abbiamo già somministrato il trattamento adeguato.
- Ed è incinta?
- No. No, non lo è. In effetti Fluffy è un MASCHIO.

Bene. Ottimo. Se penso che il signor Veterinario Famoso ci ha detto che sì. probabilmente era incinta.. nemmeno in grado di riconoscere il sesso di un gatto.

Così Fluffy è diventato il nostro gatto. L'abbiamo fatto sterilizzare e gli abbiamo fatto mettere il microchip, i due passaggi fondamentali per poterlo registrare presso l'ufficio della contea.
Ci siamo abituati ad essere svegliati nel cuore della notte dai suoi miagolii affamati, abbiamo fatto il callo ai suoi pianti disperati quando facciamo la doccia ("Padrone, è bagnato lì!!! è pericoloso!! esci!!") ci siamo innamorati del suo codone foltissimo, delle zampotte con i ciuffi di pelo tra le dita, del suo essere discreto e riservato ed affettuoso allo stesso tempo.
Fluffy alla finestra

Pelosamente io
Dettaglio del codone e della zampotta pelosa.. sì, sono una crazy cat lady :)
Col tempo ci siamo accorti che Fluffy si stava attaccando troppo a noi, al livello di piangere disperato quando andavamo al lavoro e di farci le feste come un cane ogni volta che tornavamo a casa.
Abbiamo quindi deciso di prendergli una sorellina. Nello stesso periodo una mia collega aveva dei gattini da dare via, così siamo andati a vederli e abbiamo scelto una bellissima micina a pelo corto, che abbiamo chiamato Chai.

Quando l'abbiamo adottata, Chai aveva quasi tre mesi

I due gatti hanno immediatamente stretto amicizia e passano la giornata a giocare insieme, a leccarsi e a dormire l'uno accanto all'altra.

Che sonno...

Chai (anche detta Topilla per le dimensioni ridotte) è assolutamente adorabile. A differenza del fratello si fida di noi completamente e se fosse per lei passerebbe le giornate sopra di noi, ronfando. E' riuscita ad accattivarsi il nostro affetto al punto che tutti i disastri che combina passano in secondo piano :)
Non pensavo che avere degli animali domestici fosse così. Certo, a volte ci fanno impazzire, quando rompono qualcosa o vomitano sulla moquette, ma non si può descrivere l'affetto che danno o il loro modo unico di starci vicino. Sono meravigliosi.

domenica 3 aprile 2016

Wild, Wild Bush

Una delle prime cose che mi ha colpito, qui nel bush, è che tutte le porte d'ingresso delle case sono doppie. C'è la porta vera e propria, di solito di legno, e poi, esternamente, una seconda porta, formata da un infisso metallico su cui è tesa una specie di fittissima zanzariera, anch'essa metallica. 
- Accipicchia, devono avere seri problemi con gli insetti - ho pensato ingenuamente. la prima volta che ne ho vista una. 
In effetti, gli insetti ci sono. Questa è una zona agricola, per trovare la prima pecora mi basta uscire di casa e camminare per tre minuti, se parliamo di galline i minuti si riducono a uno. 
Io ho vissuto in campagna fino ai miei diciotto anni e sono abituata a trovare insetti in casa,  ma devo dire che ad una situazione come quella attuale non ero preparata. 
Immaginate la scena: siete in casa, seduti davanti al computer, tutte le finestre chiuse, la porta d'ingresso chiusa, lo stesso quella sul retro. Ad un tratto, vi accorgete che c'è un moscone. Gli lanciate a malapena un'occhiata. Poi i mosconi diventano due. Poi tre. Poi quattro. Poi cinque. Ah no, sono sette, in effetti. Oh, altri quattro in quest'altra stanza. In camera da letto ce ne sono sei che camminano sui vetri della finestra. Tutto questo nell'arco di 2-3 minuti. Controllate le finestre: tutte chiuse. Porte chiuse, finestre chiuse, ma loro entrano lo stesso. 
E non solo loro. In casa ho trovato lucertole e lumache vive, senza contare naturalmente i ragni. Questo nonostante le doppie porte e le zanzariere fittissime alle finestre. 
Ho poi scoperto a mie spese che non bisogna MAI, per nessun motivo, aprire la doppia porta di sera, con la luce accesa all'interno. Nel giro di un microsecondo entrano centinaia (no, non è un'iperbole, è un numero realistico) di insetti grandi e piccoli.
Ma, in fin dei conti, qui a casa sono fortunata. Nel luogo dove lavoro è peggio.
Tanto per dirne una, nel giardino sul retro vive una coppia di lucertole bobtail.

Foto di bobtail lizard presa da internet

Altra foto presa da internet per dare idea delle dimensioni
Questi lucertoloni ogni tanto trovano la porta aperta ed entrano nell'edificio. Tu stai camminando per il corridoio e ne incontri uno a spasso sulla moquette. Questi animali sono comunque innocui, anche se penso che il morso sia doloroso. Comunque sia, non possiedono veleno.
Ma non sono gli unici ad entrare. Scenetta di venerdì pomeriggio:

Mi reco nell'ingresso della struttura dove lavoro. La mia collega mi corre incontro.

Io: Jane, a proposito di quel farmac..... COS'E' QUELLA BESTIA SUL PAVIMENTO????
Jane: Ah, un serpente. 
Io: COME, UN SERPENTE?? COME E' ENTRATO QUI???
Jane: Mah, probabilmente è passato sotto alla porta. Ma non preoccuparti, Tracy l'ha tagliato a metà.
Io: L'ha tagliato a metà? O.o
Jane: Sì, con un secchio.
Io: Un secchio? ma come ha fatto?
Jane: ha poggiato il secchio sul serpente e ha premuto forte.
Io: (allibita) ma il serpente era velenoso?
Jane: naturale. 

Cioè, qui hanno tanta dimestichezza con i serpenti velenosi che se ne vedono uno non solo non fuggono, come farei io, ma lo tagliano a metà con un secchio. 

Jane: comunque, volevo dirti che non riusciamo a trovare l'altra metà del serpente, sai, la coda. Si è infilata da qualche parte sotto a quegli scatoloni. Se la trovi la butti, per favore? Ora io vado, il mio turno è finito. 

Anche lasciare la collega in compagnia di mezzo serpente dev'essere una cosa normale, da queste parti. 

giovedì 10 marzo 2016

Dove c'è molta luce l'ombra è più nera

Se dico "Australia", che cosa vi viene in mente? i canguri, le spiagge, il surf? O magari un gruppo di ragazzi biondi che fa il bbq in spiaggia il giorno di Natale, in maniche corte? l'Harbour Bridge e l'Opera House di Sydney?
E' vero, l'Australia è tutto questo e molto altro ancora, è un continente bellissimo e spettacolare.

L'altro lato della medaglia lo scopri piano piano, quando vivi qui già da un po'.
Domenica 6 Marzo 2016, una bambina aborigena di dieci anni che viveva nel Kimberley (la regione più a nord del Western Australia) si è impiccata. Aveva dieci anni, DIECI. Dall'inizio del 2016 è stato il diciannovesimo suicidio infantile in Western Australia. Il DICIANNOVESIMO.
Nonostante tutti gli sforzi e i soldi spesi dal governo, le campagne, i progetti e i discorsi, le condizioni di vita degli Aborigeni australiani sono terribili. Hanno la casa sì, magari anche un lavoro, ma come si rimette insieme una vita devastata dall'alcool, dalla violenza domestica?
Chi non vive qui non ha idea delle dimensioni del problema. Avete mai sentito parlare dell'opal fuel? è un tipo di carburante che contiene una minor dose di solventi, per contrastare il fenomeno del petrol sniffing. Provate ad immaginare le dimensioni del problema, se per combatterlo hanno inventato un carburante apposta.



I problemi degli Aborigeni sono immensi e non esiste una soluzione facile. Del resto sono passati attraverso l'invasione britannica, la Generazione Rubata e tutto il resto. E' comprensibile che ci siano dei problemi.

Quello che mi riesce molto più difficile capire sono i problemi degli altri, degli Australiani di discendenza britannica.
Vi faccio un esempio: io lavoro in un paesino di poco più di 1.300 persone, una piccola oasi in mezzo ai campi di grano e alle pecore. In questa piccola comunità, lo scorso anno si sono suicidate diverse persone. Il comune ha istituito un corso intitolato "Suicidio, primo soccorso", aperto a tutta la popolazione. E non è tutto qui.
Ora mi invento un po' di nomi. Le persone di cui parlo esistono davvero, e le conosco personalmente. Non credo che siano note a qualcuno dei miei lettori, in ogni caso un po' di privacy non fa mai male.

Susan ha 19 anni e la madre è in carcere. Il padre è nell'inferno della metanfetamina, Posso raccontarvi storie terrificanti, di lei bambina chiusa in camera mentre il padre assumeva droga con gli amici nella stanza accanto e poi tentava di entrare nella stanza della figlia, o di quando quest'uomo ha ucciso il cane della figlia perchè lei non è riuscita a trovargli i soldi necessari per la dose. Susan ha iniziato a tagliarsi e ha tentato il suicidio due volte.

Jane ha vent'anni ed è amica di Susan. E' in sovrappeso, quando andava a scuola è stata vittima di bullismo e per questa ragione ha interrotto gli studi prima della maturità. Soffre di bulimia e di depressione. La madre l'ha sorpresa più volte ad ingozzarsi di carta.
Ha avuto una relazione di una settimana con un ragazzo, poi lui è sparito. Lei sperava di essere rimasta incinta "perchè almeno mio figlio mi avrebbe amato".

Sheila ha 18 anni e ha già un bambino. Non ha mai smesso di fumare e bere durante la gravidanza e ha smesso di interessarsi del figlio due giorni dopo che era nato.
- Ma lo allatti?
- Nooo, figurati!! chi me lo fa fare? anzi, sto cercando qualcuno che me lo tenga tutto il giorno, se no io come faccio a vivere?

Sara è la madre di Jane. E' rimasta incinta per la prima volta quando aveva 14 anni, e la madre l'ha cacciata di casa. Oggi vive con Jane (l'ultimogenita), e col secondo marito, che è alcolizzato e alza le mani su di lei.

Laurel ha scoperto solo dopo un anno di matrimonio che suo marito era dipendente dal crack.
Oggi è la mamma single di un bambino di dieci anni.

Milly era una mia collega. Vive in un camper ed è alcolizzata. Un giorno l'ex marito è andato a cercarla e ha trovato il camper in subbuglio, con escrementi ovunque. Ed è venuto a raccontarlo sul posto di lavoro dell'ex-moglie. Milly è stata ricoverata per una settimana in Psichiatria, poi è tornata al lavoro e ha dato le dimissioni.
Non vado avanti, mi fermo qui, ma l'elenco è lungo.

Giusto per dire: non abito a Scampia. Questa zona è stupenda. Bellissima e rigogliosa, sembra di essere dentro alle Bucoliche di Virgilio. Non esiste malavita organizzata. Non c'è corruzione. Gli stipendi sono leggermente sotto la media del paese, ma comunque buoni (guadagno più qui di quanto abbia mai guadagnato in Italia) e in ogni caso permettono largamente di arrivare a fine mese. Tutti hanno la casa di proprietà (casa, non appartamento) col giardino davanti e dietro, la terra, i polli. C'è un'ottima assistenza sanitaria pubblica. Il lavoro qui nel bush è poco, questo sì, ma basta spostarsi di poco per trovarlo. E si trova, ve lo garantisco.
Qui c'è un grosso disagio sociale di fondo, e non riesco a capire dove stia il problema. E non è solo qui nel bush, tutti dicono che "nelle città è peggio".
Se il primo pensiero che vi viene in mente è una cosa tipo: "E allora? anche in Italia c'è la droga" ecco, il fenomeno è completamente diverso. In Italia non siamo messi così male. Qui c'è un profondo malessere, una completa perdita di speranza, una specie di depressione generale e mi sto arrovellando per cercare di capirne il motivo.

Oltre a questo, l'uso della metanfetamina, specie quella in cristalli che da queste parti si chiama "ice" e che è la droga più diffusa, per dirla in parole povere frigge il cervello (per approfondire: QUI , QUI e QUI).
Qualche giorno fa stavo parlando con una occupational therapist specializzata in demenza. La signora mi diceva che è allarmante il numero di persone sotto ai 35 anni che qui in Australia sviluppa una demenza precoce in seguito all'assunzione di ice. Ragazzini di vent'anni che non ricordano il proprio nome. Questa demenza solitamente evolve poi in Alzheimer.
La terapista mi diceva che il dramma è che, mentre le demenze senili sono studiate, ci sono degli approcci terapeutici e delle strutture adeguate, per questi ragazzini con la demenza precoce non c'è nulla. Nessuna terapia, nessuna struttura specializzata che possa accoglierli, niente.

Parlo sempre di cose buffe o divertenti sull'Australia, ma oggi ho voluto raccontarvi anche un lato negativo. Il prossimo post sarà più allegro, promesso. 

domenica 28 febbraio 2016

We are ready.

Secondo il calendario Noongar - il gruppo aborigeno che abita nel sud del Western Australia -  l'anno è diviso in sei stagioni. I primi mesi dell'anno, i più caldi e secchi, coincidono con la stagione degli incendi. 
Gli incendi, qui nel bush, sono una realtà che non si può ignorare. Sono eventi naturali, solitamente appiccati dai fulmini e hanno una potenza devastatrice impressionante, con muri di fiamme alti oltre 15 metri che si muovono spinti dal vento. Ci si sente piccoli, qui. Gli incendi sono solo uno dei modi in cui la Natura può ammazzarti, in questo continente bellissimo, un modo per ricordarti che è lei la più forte. 
Dopo che il fuoco è passato, le piante ricrescono immediatamente, più belle di prima, una natura che rigenera se stessa dalle proprie ceneri, come la mitica fenice. 
Alcune piante e alcuni animali sopravvivono solo grazie agli incendi: ci sono alberi che possono fiorire (o rilasciare i semi) solo dopo che è passato il fuoco, o insetti che possono deporre le uova solo nella cenere calda. Un ciclo continuo di nascita e morte che si succedono in modo violento e inaspettato.

Ovviamente il governo fa tutto il possibile per salvaguardare le persone e le abitazioni e minimizzare il rischio. Ad esempio, appena inizia l'estate scatta il total fire ban, ovvero il divieto assoluto di accendere fuochi di ogni tipo, siano essi fuochi di bivacco, fuochi per cucinare o fuochi per bruciare l'erba appena falciata sul tuo campo. 


Le date del total fire ban variano da contea a contea, ma solitamente vanno da Ottobre a fine Marzo.

Da quando sono qui, ci sono stati innumerevoli incendi "grossi", che hanno catturato per settimane le prime pagine dei giornali e hanno costituito materiale per innumerevoli servizi televisivi. L'anno scorso c'è stato l'incendio di Northcliffe, che dopo aver bruciato migliaia di ettari di foresta si è avvicinato alla cittadina di Northcliffe che è stata dichiarata "indifendibile" costringendo all'evacuazione di tutti gli abitanti. Solo il cambio del vento ha salvato in extremis il paese.
Lo scorso Novembre mi trovavo nella cittadina di Esperance con mio marito, per una breve vacanza di tre giorni. Il secondo giorno, mentre entravamo in un locale per pranzare, è iniziato a piovere e a tuonare. Roba di dieci minuti, tanto che quando siamo usciti era già finito. Eppure, quel temporale così breve ha appiccato il fuoco, abbiamo visto da lontano la colonna di fumo. Quell'incendio, oltre ad aver abbattuto un sacco di abitazioni, ha falciato tre vite umane. 
Circa un mese fa c'è poi stato l'incendio di Harley e Waroona, a sud di Perth, che ha distrutto un centinaio di abitazioni. 
Questi sono solo alcuni dei più grossi, ma ci sono nuovi roghi quasi ogni giorno.

Con l'approssimarsi della stagione degli incendi televisione, radio e giornali ripetono allo sfinimento che occorre prepararsi. "Are you bushfire ready?" è il titolo della campagna pubblicitaria. 





Occorre preparare la propria casa e la propria vita all'eventualità dell'incendio. Pulire il cortile dalle sterpaglie, tenere gli alberi potati, pianificare una zona frangi-fiamme, preparare l'acqua e, se il rischio si avvicina, tenere pronta una valigia con abiti e cibo di emergenza in caso di evacuazione improvvisa.  


La presa di coscienza del pericolo è stata accompagnata da una scoperta che mi ha lasciata senza parole: In Western Australia ( forse anche nel resto dell'Australia, non so) i vigili del fuoco professionisti, quelli che sono pagati per fare questo lavoro, sono solo a Perth
Nel resto del paese ci sono i volontari, ogni paesino del bush ha il suo gruppo di volontari, che sono addestrati come se fossero professionisti a spese del governo del Western Australia. 
Per dare un'idea di quanto sia "il resto del paese", l'Italia ha una superficie di poco più di 300.000 km quadrati. Quella del Western Australia è di circa 2.530.000 chilometri quadrati, più di otto volte la superficie italiana. 
Non so perchè qui nel bush i professionisti non ci siano, immagino perchè la gente è poca. I professionisti vengono da Perth ad aiutare i volontari solo in caso di incendi di enormi dimensioni. 

Questa scoperta è stata associata subito alla domanda: "Sono solo volontari? E se non fossero abbastanza?" e da lì alla decisione di entrare a far parte del gruppo il passo è stato brevissimo.
Mio marito ed io siamo entrati nella bushfire brigade locale a Dicembre. 
Mi ricordo la prima riunione a cui abbiamo presenziato, alla caserma, nella stanza dietro al garage che ha i due camion in dotazione alla squadra.
Mi aspettavo di trovare un gruppo di omoni grandi e grossi, e ho scoperto che la nostra squadra (siamo una quindicina) è composta per la maggior parte da ragazzini di vent'anni. Loro spengono gli incendi, loro tirano fuori la gente dalle lamiere dell'auto incidentata, loro neutralizzano le perdite di sostanze tossiche o pericolose. 
Ognuno di loro lo fa solo come volontariato, solo per servire la comunità, e trovo che questa solidarietà che nasce dal fatto che  siamo pochi e dobbiamo aiutarci l'un l'altro per sopravvivere sia un lato meraviglioso del vivere nel bush.
Mio marito ed io finora abbiamo solo presenziato alle riunioni e alle esercitazioni, ma a breve inizieremo l'addestramento serio, quello che ci permetterà poi di scendere in campo e di dare una mano davvero. 
Per quanto mi riguarda non solo sono pronta, ma anche non vedo l'ora.