mercoledì 21 marzo 2018

Periodi di transizione

Mi accorgo che sono passati mesi da quando ho aggiornato il blog, giorni densi di tutto il resto, di quando la vita ti prende e quando torni a casa vuoi solo dedicarti ai bisogni essenziali, mangiare e dormire, non sempre in questo ordine. 
Il fatto è che a volte ci si sente davvero fuori posto, come se all'improvviso le tessere del puzzle della nostra vita avessero subito un terremoto e si fossero rimescolate in un ordine confuso e disturbante. 

Il lavoro, ad esempio. Chi non ha problemi sul lavoro? forse tutti ne abbiamo, prima o poi. Io credevo che la mia difficoltà stesse nel luogo, nei colleghi, nelle persone e che bastasse cambiare per superare il problema, ma la verità è che non sopporto più il lavoro che svolgo in se stesso, un lavoro che non è nemmeno il mio, o quanto meno non è quello che per cui ho studiato. 
Quando stringo la mano a qualcuno per la prima volta, dico che sto svolgendo questa occupazione temporaneamente e che sono "into the process to get my degree recognized here in Australia". In realtà ogni volta che la ripeto, questa frase mi sembra sempre più avulsa dalla realtà, mi chiedo se questo riconoscimento della laurea avverrà mai o se continuerò a dire che sono "into the process" per sempre, illudendomi di raggiungere qualcosa che in realtà è solo un miraggio. 

Cambiare, certo. Non è che non ci abbia pensato. Il problema è che ho 36 anni e, se escludiamo la laurea non riconosciuta, non ho altro in mano e non è facile nemmeno qui trovare un lavoro senza essere qualificati. 
Qualche tempo fa ho trovato un'offerta di lavoro per pulire nottetempo i carrelli del supermercato. Se non avessi un affitto e delle bollette da pagare mi sarei candidata. Purtroppo, finora, la mia attuale occupazione sembra sempre la scelta migliore, anche se mi sta facendo andare fuori di testa. Credetemi sulla parola.
Cambiare, naturalmente. Per fare cosa, mi chiedo ad ogni ora del giorno e della notte, analizzando ogni singola offerta di lavoro nel raggio di cento chilometri.
Qualche giorno fa ho fatto un test proposto da un sito governativo che avrebbe dovuto aiutarmi a capire quali lavori mi sono congeniali. Ho avuto tre risultati, "orefice" era il primo e, per quanto improbabile, era l'opportunità più realizzabile. Gli altri due erano "parlamentare" e "astronauta" e calerei un velo di silenzio.

Forse avrei dovuto farci un pensierino. Immagine da QUI

Facebook mi martella proponendomi di entrare nell'esercito australiano e mi mostra quotidianamente video di donne che hanno fatto questa scelta e ora dichiarano di aver trovato se stesse e il senso della loro esistenza. Purtroppo, nonostante la mia curiosità per il mondo e i miei numerosi interessi, una carriera di questo tipo esula completamente dalle mie aspirazioni. 

E' un periodo di transizione, in cui mi sento sospesa in una specie di limbo. Nel frattempo la vita va avanti, nel bene e nel male. Ho riallacciato i rapporti con una compagna di classe delle medie che non sentivo da anni. Insomma, finora ci siamo scambiate due mail, ma mi sembra comunque interessata ad avere un'amica online. 
E' così difficile mantenere i rapporti con chi vive a migliaia di chilometri di distanza. Non è solo lo spazio che ci divide e rende difficile incontrarsi, è che a poco a poco le cose in comune sembrano diminuire sempre di più, si seguono strade diverse, l'interesse per chi vive una vita completamente diversa in un altro continente piano piano cala e si diventa estranei. Succede anche con i parenti. 
Io non insisto mai, quando mi rendo conto che dall'altra parte non c'è più interesse lascio andare, non impongo a nessuno di dover leggere o ascoltare le vicende della mia vita quotidiana. 
Ma le persone che ho perso mi mancano terribilmente, specie quelle con cui il legame era più forte. E' la vita, mi rendo conto. Le persone vanno e vengono. 

Vivere quaggiù non è difficile solo per le amicizie che si dissolvono, è che volte vorresti prepotentemente essere altrove. Da poco meno di tre settimane il mio cuore è a Pavia, in un reparto di rianimazione, mentre la mia testa cerca di coniugare l'immagine mentale dello zio preferito, il testimone al mio matrimonio, il professore, l'esperto alpinista, con la creatura attaccata ai monitor descrittami dai miei genitori. A volte le cose sembrano completamente prive di senso, tanto da restarne storditi.
Prendo un aereo, ho detto a mia madre. Cosa vieni a fare, mi ha risposto lei. Niente, in effetti. Se io fossi lì non potrei fare assolutamente nulla per migliorare la situazione. Il mio senso di inutilità e impotenza è alle stelle.

Ora ho un groppo in gola, per oggi mi fermo qui.