martedì 9 dicembre 2014

La casa è vuota

"La casa è vuota" è il titolo del primo capitolo di uno dei libri più amati della mia infanzia, Il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett.
Ieri è stata la nostra casa a vuotarsi, o meglio, il nostro ex appartamento, visto che da questa mattina non ci abitiamo più. 
Quando abbiamo pianificato il nostro trasloco in Australia abbiamo subito pensato di portare con noi solo i libri, la biancheria per la casa e poche altre cose. Niente piatti, bicchieri, niente divano o tavoli, niente letto. E' stato facile dirlo, una soluzione semplice e razionale. Il motivo è che non erano mobili comprati per tenerli per anni, ma solo economiche soluzioni di fortuna durante la nostra permanenza in questo paese. Il letto, per dirne una, era durissimo, non c'erano reti nè doghe, il materasso poggiava su una superficie legnosa e dura. I piatti, per dirne un'altra, erano di plastica rigida, vecchi e rigati. Niente insomma che valesse la pena di essere portato a caro prezzo in Australia a Gennaio.

Così ieri pomeriggio è venuta una ditta specializzata nel ripulire le case. Take my junk, si chiama, tu telefoni e loro vengono a portarsi via tutte le cose che tu non vuoi più, incluse le scatole aperte di detersivo, inclusi i pantaloni rotti, incluso il pacco iniziato della farina.
Sono arrivati e con metodica precisione hanno portato via tutto, chiuso in grossi sacchi. Hanno portato via la mia amata lavatrice, il divano pieno di macchie. Si sono presi la pentola dove ero solita fare il ripieno per il tacchino del Thanksgiving, il nostro letto e tutto il resto.
E io sono rimasta a guardarli, con un groppo in gola e tante lacrime negli occhi. 

Non è per gli oggetti in sè, perchè ovviamente le cose si possono ricomprare. E' per i ricordi. E' per tutte le scaglie di vita che sono rimaste attaccate a quelle suppellettili, le emozioni, i sogni. 
E' per la trepidazione con cui ho acceso per la prima volta quella lavatrice, dopo quattro mesi che lavavo i panni a mano, è per la soddisfazione della prima cena importante fatta su quei tavoli, è per la gioia di aver imparato ad usare "il ferro da stiro di Barbie" come ho sempre chiamato quel ferro mezzo scassato dove non c'era modo di aggiungere l'acqua ( e che funzionava più o meno quanto un ferro da stiro giocattolo che avevo da bambina).
Ho pianto, ho pianto tantissimo a veder portare via le nostre cose. Alcuni oggetti erano legati a ricordi così intensi che mi sembrava impossibile che gli uomini della ditta non se ne accorgessero. 
Voglio dire, quelli non sono dei bicchieri. Quelli sono i bicchieri, i primi che ho comprato insieme a mio marito, per la nostra disastrata casa in mezzo al deserto. Sono gli economicissimi bicchieri del supermercato, che abbiamo rotto uno ad uno, ma che sono stati sulla tavola per tantissime cene con gli amici.

Lo so, lo so. Ci saranno altri bicchieri, un'altra lavatrice, un'altra casa da arredare e da riempire di nuovi ricordi. Ne sono cosciente. Ma questa angoscia non è un sentimento razionale

Mentre la casa lentamente si svuotava, ogni rumore iniziava a rimbombare. Alla fine siamo rimasti solo io e mio marito seduti sul pavimento di una casa vuota, mentre le nostre voci echeggiavano nelle stanze. Noi due e un materassino gonfiabile.
E' stato tutto incredibilmente simmetrico. Quando siamo arrivati in quell'appartamento, a Gennaio, non c'era nulla, tutte le stanze erano vuote. Poichè tutte le nostre cose erano ancora nella casa in mezzo al deserto e non sapevamo esattamente quando sarebbe stato possibile portarle lì, abbiamo comprato un materassino gonfiabile, per avere almeno il posto dove dormire. Abbiamo dormito sul materassino per un po', mangiando il cibo pronto del supermercato.
Poi sono arrivate le nostre cose, l'appartamento si è riempito dei nostri mobili, delle nostre pentole, delle nostre voci, delle nostre vite. 
E ora, dopo quasi un anno, si è svuotato con la stessa simmetrica precisione. Siamo rimasti noi due, il materassino e il cibo del supermercato.

Questa mattina, guardando fuori dalla finestra il panorama che mi era ormai familiare, mi sono resa conto che quella non era più la nostra casa. Era un appartamento vuoto, che attendeva di essere riempito con gli oggetti e le vite di altre persone.
L'ultima cosa che ho visto, prima che la porta si chiudesse alle mie spalle, è stato un tratto di pavimento illuminato dal sole, là dove prima c'era il nostro divano. 
Poi la porta si è chiusa.

Ora siamo in hotel, dove resteremo alcuni giorni prima di tornare in Italia per le feste.
A Gennaio comincerà la nostra avventura australiana.