giovedì 19 marzo 2020

Il Western Australia ai tempi del Coronavirus

Premessa 
(che vale per qualunque cosa riguardante l'Australia)

Durante il mese di Gennaio sono stata contattata da un numero impressionante di persone. Familiari, amici, gente che ho incontrato una volta e mai piu' vista e perfetti sconosciuti. Tutti avevano un'unica domanda: Com'e' la situazione degli incendi, li' da te in Australia?
Lo so, la televisione e i media italiani hanno problemi con la geografia e tendono a fare di tutta l'erba un fascio, pero' io vivo in Western Australia e gli incendi erano in New South Wales e Victoria. Per dire, da qui a Sydney sono quasi cinque ore di aereo. L'Australia e' un continente.
E' come se qualcuno venisse in Italia aspettandosi di trovare i fiordi, avendo letto che questo e' uno dei paesaggi che e' possibile ammirare in Europa. 
Questo per dire, quello che accade a Sydney non accade qui.

La situazione qui adesso

Nel momento in cui vi scrivo, in Western Australia ci sono una cinquantina di persone positive al virus, soprattutto gente di ritorno da viaggi all'estero o turisti, e si sono verificati tutti a Perth.
E' stata introdotta la quarantena obbligatoria per chiunque torni (o arrivi) dall'estero, con multa fino a 50.000 dollari e un anno di detenzione per i trasgressori (la severita' della pena e' differente negli altri stati dell'Australia).
Oggi poi e' arrivata la notizia che l'Australia sta per chiudere le frontiere a chiunque non abbia la cittadinanza o un visto di residenza, si parla di almeno sei mesi.

Detto tra noi, non so quanto sara' utile. Il virus si sta propagando in New South Wales, o aboliscono anche gli spostamenti all'interno del continente, oppure questa misura non mi sembra utilissima.

Nel frattempo la vita continua.
Il paese non e' (ancora) in quarantena, le scuole e le universita' sono aperte, i mezzi pubblici funzionano, si puo' cenare fuori e andare a fare shopping.
L'Australiano medio sta iniziando a recepire che questo virus non e' solo "un'influenza". Le autorita' lo sanno da un pezzo, sono stati aperti ospedali e cliniche, ci sono scorte di camici e mascherine, e nel posto dove lavoro abbiamo gia' fatto due training sul coronavirus, e un altro e' in arrivo, sulla "vestizione" obbligatoria per entrare nella stanze delle persone infette e i metodi di disinfezione.

L'intero stato e' in attesa, pronto a combattere.

Nel frattempo gli Australiani sono andati in panico e stanno svuotando i supermercati. Il primo articolo ad andare esaurito e' stata la carta igienica.


Si', lo so, non e' un virus gastrointestinale, ma parliamo di gente che non sa cos'e' il bidet. Compatiteli.
La corsa all'accaparramento degli ultimi rotoli e' arrivata ad estremi assurdi: la gente si e' accapigliata in alcuni supermercati, e un quotidiano si e' sentito in dovere di stampare alcune pagine bianche, gia' tratteggiate, giusto in caso qualcuno ne avesse avuto necessita' mentre era in bagno.



Dopo la carta igienica e' sparita la pasta, la salsa di pomodoro, il sapone, il latte, i surgelati e la carne. Il governo e' stato un po' ambiguo sull'eventualita' di fare scorte, dicendo prima che non era assolutamente il caso, e poi che e' opportuno avere in casa del cibo in caso ci si trovasse in quarantena. Ieri il primo ministro ha ribadito veementemente che il "panic buying" e' assurdo e va interrotto immediatamente, ma ormai il danno e' stato fatto.

La radio e la televisione ripetono incessantemente notizie sul coronavirus, come probabilmente stanno facendo tutti i media del pianeta.

Ieri mattina alla radio:

Primo DJ: avete sentito, la pasta nei supermercati e' finita. Ne e' rimasto solo un tipo.
Seconda DJ: e quale?
Primo DJ: i risoni (risata di sottofondo di una terza persona).
Seconda DJ: i COSA? (risata)
Primo DJ: i risoni.
Seconda DJ: vuoi dire il riso?
Primo DJ: no, la pasta si chiama "risoni" (altra risata).

Forse erano sotto l'effetto di droghe, chissa'. Certo, considerando che l'Australiano medio si intende di pasta quanto io di trattori, tutto e' possibile.

Dieci minuti dopo:

Primo DJ: ... e poi ho sentito questa cosa, che in Italia adesso escono sui balconi e cantano.
Seconda DJ: ma che schifo, a me darebbe fastidio!!! magari sei li' che mangi e i vicini ti disturbano!!

A questo punto ho fermato la macchina e ho preso il cellulare, per cercare su internet il numero telefonico dell'emittente radiofonica e protestare.
Che ne sai tu dell'Italia e della situazione che c'e' adesso per permetterti di dire "ma che schifo".
Ovviamente non c'era campo.

Io non sono terribilmente preoccupata per il virus in se'. Ero in Medio Oriente quando e' scoppiata la MERS, ho fatto il callo all'ansia da Coronavirus (e la MERS ha una mortalita' del 35%).
E' piu' il fatto che ho la famiglia e gli amici a 12.000 km di distanza in un paese prostrato dal virus e sotto chiave.
Al lavoro mi chiedono: "Come stanno i tuoi genitori?" e la risposta e' sempre la stessa: " Bene... per adesso".

Poi stanotte ho sognato che un mio compagno di universita' si era infettato ed era morto. Allegria, direbbe Mike Bongiorno.

Speriamo che passi presto. Teniamo duro. E laviamoci le mani, nel frattempo.

venerdì 6 marzo 2020

La storia infinita del passaporto

Dopo avervi raccontato del giorno in cui sono diventata australiana, oggi volevo condividere con voi le gioie della burocrazia, nello specifico quello che ho dovuto fare per  ottenere il passaporto. 

Il passaporto australiano
Antefatto
Che meraviglia, sono australiana!!! e  oggi completero' il form online per richiedere il passaporto! emozione alle stelle!
La procedura e' la seguente: completare il modulo, stampare i due fogli che appaiono al termine, prendere appuntamento con l'ufficio postale, portare all'appuntamento il materiale richiesto (passaporto italiano, patente australiana, fogli stampati, certificato di cittadinanza e fototessera) e pagare 300 dollari.
Il form online e' lunghissimo e diviso in tipo dodici diverse sezioni, che vanno compilate una per una. Tra queste, una deve essere compilata da una persona che conosci e che in pratica ti fa da garante per ottenere il passaporto. I requisiti sono che la persona sia Australiana, possieda un passaporto e mi conosca da piu' di un anno.
Dopo una veloce revisione delle mie conoscenze, opto per una collega con cui ho un buon rapporto, la contatto e le chiedo se puo' portare il proprio passaporto al lavoro il giorno seguente. Lei accetta, e il giorno dopo, in un momento di pausa, la collega compila diligentemente la parte mancante del modulo online, indicando i propri dati anagrafici, l'indirizzo, il numero di telefono, il luogo di nascita e il numero del proprio passaporto. Torno a casa, stampo i fogli e li metto dentro ad un raccoglitore insieme alle altre cose richieste.
Il giorno seguente non lavoro, per cui prendo un appuntamento con l'ufficio postale del Freaky Village alle 9 del mattino utilizzando l'apposito servizio online. Mi sembra facilissimo. Andra' liscio come l'olio.

Primo tentativo
La giornata si apre con un imprevisto, la macchina del consorte ha un problema, ci sono due spie accese sul cruscotto, per cui lui prende la mia macchina e va al lavoro, chiedendomi di portare la sua dal meccanico. Alle 8.30 esco di casa e prendo la macchina. Il Freaky Village, in cui si trovano sia l'ufficio postale che l'officina, dista 15 km. La macchina ha problemi ad accelerare e vibra come se ci fosse il terremoto. Procedendo molto lentamente arrivo infine in paese e vado dal meccanico.
Sulla porta dell'officina c'e' un foglio di carta che avvisa che oggi e' chiuso. Magnifico.
Vado poi all'ufficio postale. Entro brandendo la mia cartellina, mi dirigo verso l'impiegata e le dico che ho un appuntamento.
Sguardo vago. Mi risponde che i passaporti li fanno solo al pomeriggio, al mattino sono troppo occupati e che no, non guardano mai se qualcuno ha prenotato online. 
Sono gia' arrivata alla macchina quando sento la voce dell'impiegata che mi chiama: si e' ricordata in quel momento che in effetti la loro licenza per fare passaporti e' scaduta.

Secondo tentativo
Sto meditando di andare fino alla cittadina dove lavoro, a 70 km di distanza. Essendo piu' grande, sicuramente l'ufficio postale avra' la licenza in regola e senza dubbio trovero' un meccanico disposto a dare un'occhiata alla macchina del consorte.
Unico dubbio, non so se riusciro' ad arrivare alla cittadina, ma pazienza, ci provo. Prendo appuntamento con l'ufficio postale per l'una e mi metto in marcia.

70 km con questa spia accesa. Riusciro' ad arrivare?
La strada sale e scende dalle colline. Quando sono in salita la velocita' della macchina e' di 25 km/h, mi hanno superato persino i camion col rimorchio.
Finalmente, dopo un tempo infinito e un po' di ansia arrivo nel centro abitato e mi dirigo dal primo meccanico suggerito da Google. Devo sistemare la macchina oggi.
- Hai l'appuntamento? - mi chiede l'uomo dell'officina. Poi si impietosisce e promette che ci dara' un'occhiata.
Ho ancora un'ora prima dell'appuntamento all'ufficio postale e decido di andare in libreria. 

Il negozio in questione e' un piccolo e adorabile bookshop indipendente. Qua e la' tra gli scaffali ci sono dei cartellini che contrassegnano alcuni dei libri come i preferiti di questo o quell'altro membro dello staff. Mi immagino i librai intenti a leggere nei momenti di pausa tra un cliente e l'altro.
Mi avvicino al bancone.
- Come posso aiutarti? - mi chiede sorridendo una ragazza.
Incoraggiata, le espongo il mio quesito. C'e' un libro di cui ho letto la trama qualche mese fa. Non ricordo ne' il titolo ne' l'autore, ma si svolge in India e la trama mi aveva ricordato Jane Austen.
- Un libro di Jane Austen ambientato in India...  - mormora tra se' la ragazza, facendo ricerche sul computer.
Mentre Jane si rivolta nella tomba, le spiego di nuovo cosa sto cercando. La ragazza coinvolge altra gente. Alla fine sono in tre a cercare sul computer. 
- E' questo? mi chiede il proprietario del negozio. 
- No, quello l'ho letto. Non si svolge in India e non e' quello che sto cercando.
- E' quest'altro? - mi chiede la moglie.
- No, ho letto anche quello. Non c'entra niente con Jane Austen e nemmeno quello e' il libro che stavo cercando...
Alla fine compro un altro volume e mi dirigo all'ufficio postale. 

Ci sono due code. una e' per il banco dove si spediscono pacchi e lettere, l'altra mi e' ignota e mi metto in coda li'. Quando e' il mio turno mi viene ovviamente detto che e' la fila sbagliata.
Mi rimetto in coda e finalmente arrivo davanti all'impiegata. Le porgo la cartellina che contiene i documenti ed estraggo il bancomat dal portafoglio per pagare.
Lei mi guarda. 
- Li vedi questi triangolini nella parte alta dei fogli che hai stampato? - mi chiede.
Mi informa che gli stessi triangolini devono apparire anche nella parte inferiore del foglio. E' la prova che il documento e' stato stampato bene. Nei miei fogli i triangolini inferiori sono stati tagliati dalla stampante. Devo ristampare tutto.
Con un diavolo per capello recupero l'auto e torno a casa.
Mannaggia ai triangolini.

Terzo tentativo
Ho stampato il documento tipo quindici volte. Ho mosso la risma di carta, il carrello della carta, ho preso a pugni la stampante. Non c'e' verso di stampare i benedettissimi triangolini inferiori, accidenti a loro. Prendo un altro appuntamento con l'ufficio postale e, dopo una veloce ricerca, decido di andare a stampare i fogli in biblioteca. 
Il giorno seguente, quando termino il mio turno di lavoro, vado in biblioteca. Non ho mai usato i computer qui, per cui chiedo informazioni. La signora dietro al banco mi guarda come fossi deficiente. 
Mi spiega che, una volta che ho dato l'avvio alla stampa, devo recarmi in fondo alla stanza dove si trova la stampante, inserire le monete nell'apposita macchinetta e aspettare che la stampante faccia il suo lavoro.
Mi scoccia un sacco aprire con un computer pubblico la pagina del sito governativo da cui devo stampare. Mi da' fastidio che il tizio seduto accanto a me possa vedere mentre inserisco username e password, ma non ho alternative. Do l'avvio alla stampa e mi scollego immediatamente dopo dal sito, in maniera da non dover lasciare la pagina incustodita mentre vado a stampare.
Uno schermo mi avvisa che ho ben 40 secondi per terminare la procedura. Inserisco le monete, non succede niente. Ora ho solo 20 secondi!!! in panico, chiamo l'impiegata.
Il suo sguardo e' la certezza di avere a che fare con un perfetta cretina. Mi dice che per fermare il conto alla rovescia dei secondi basta toccare lo schermo. La stampa non si e' avviata perche' le mie monete non sono state accettate, scivolando direttamente nella feritoia da cui si prende il resto.
Ripeto la procedura, stampo.

Vabbe', ho fatto la figura dell'idiota, ma ora ho i fogli, con tutti i triangolini necessari.
Corro all'ufficio postale. L'impiegata controlla i triangolini e annuisce, soddisfatta. Poi prende la mia patente, la guarda e il suo viso diventa improvvisamente serissimo.
Mi fa notare che l'indirizzo sul modulo non corrisponde a quello sulla patente. Le spiego che la casa ha due indirizzi. 
- Non e' valido, mi spiace - mi dice con una certa soddisfazione.

Quarto tentativo
Il giorno dopo torno in biblioteca per modificare il modulo e stamparlo e di nuovo, ma non e' piu' possibile nessuna modifica. Occorre ricominciare da capo. Oltretutto, non posso vedere la pagina compilata dalla mia collega, e questo significa che devo chiederle di nuovo di portare il passaporto al lavoro. 
Torno a casa depressissima. Mio marito mi suggerisce di cambiare ufficio postale e, senza rifare tutta la trafila, portare semplicemente con me il foglio dell'agenzia immobiliare che dichiara che i due indirizzi sono relativi alla stessa proprieta'. 
Il giorno dopo prendo appuntamento in un altro ufficio postale, quello del paesino dove lavora il coniuge. Non ho nessuna speranza. Come minimo ci sara' qualcos'altro che non va, magari ho fatto male la firma, oppure la foto non rispetta i canoni richiesti.
L'impiegata e' una pacioccona col viso a forma di cuore.  
- Ma certo che va bene, tesoro - mi dice, quando le tendo il foglio dell'agenzia. 
- Non ti preoccupare, ora in quattro e quattr'otto facciamo tutto - aggiunge, con un sorrisone.

E cosi' e' stato. Ho pagato i 300 dollari e ieri, per posta, e' arrivato il mio nuovo passaporto. 
Quando ho letto "Nazionalita': Australiana" ho avuto una stranissima sensazione, un misto di gioia e stupore. 
Sono Australiana. E ora ho anche il passaporto, nonostante il doppio indirizzo e i malefici triangolini.