sabato 28 giugno 2014

Liebster Award

Un enorme grazie a Margherita di Decluttering-Italia e Memorie di una trimamma per avermi assegnato il Liebster Award.


Ora le regole prevedono di:
- ringraziare chi mi ha nominato (Margherita, lo sai che non avevo mai capito che Decluttering e memorie di una trimamma fossero entrambi scritti da te? L'ho notato solo ora.. sono veramente stordita. Comunque, ancora un enorme grazie!)
- rispondere a 10 domande da parte di chi mi sceglie
- nominare altri 10 blog/siti con meno di 200 followers
- proporre altre 10 domande ai nominati
- avvisare i vincitori

Ecco le domande di Margherita:
1- Se potessi scegliere di vivere in un altro paese dove ti piacerebbe abitare?
Sto aspettando con ansia il trasferimento in Australia...
2- Il viaggio dei sogni che non hai ancora fatto?
Vorrei vedere gli Stati Uniti. Anche mille altri posti, però gli Stati Uniti per primi, perchè sono la patria di mio marito.
3- Perchè hai deciso di aprire il blog?
Mi piaceva l'idea di avere un diario virtuale, dove altri potessero commentare quello che scrivevo. Poi mi sono trasferita nel deserto, e il diario è diventato uno sfogo essenziale, dove raccontare la mia vita qui. 
4- Qual è il tuo colore preferito?
Il blu oltremare.
5- Com'è il tuo rapporto con la cucina?
Ottimo, adoro cucinare!!
6- Meglio immagini o parole?
Le amo entrambe, trovo che si completino a vicenda. 
7- Ma quanta importanza ha il numero dei followers?
Non molta. Mi fa piacere avere chi mi legge, ma che sia uno, dieci o mille non mi interessa granchè.
8- Il momento della giornata preferito?
Quando mio marito torna a casa dal lavoro. Stare con lui è la cosa più bella in assoluto, detesto le ore della giornata in cui non siamo insieme.
9- Qual è il social network che ti piace di più?
Sinceramente? nessuno. 
10- Qual è l'oggetto che non riusciresti mai a buttare via?
Domanda difficile, perchè non sono molto attaccata agli oggetti. I regali di mio marito, credo.


Ecco le mie nomine ( in ordine alfabetico). Alcuni blog non so quanti followers abbiano... ma gli assegno lo stesso il premio.

Ed ora ecco le mie 10 domande.
1- Immagina di avere una giornata libera, tutta per te. Niente lavoro, panni da stirare o faccende da sbrigare. Come occuperesti il tempo?
2- Qual è il ricordo più bello che hai della tua infanzia?
3- Qual è il tuo comfort food, il cibo che cucini (o che compri) per coccolarti?
4- Qual è la cosa che ti fa più arrabbiare?
5- Qual è il tuo fiore preferito?
6- Raccontami un tuo sogno nel cassetto.
7- Qual è il posto più bello che hai visitato?
8- Cosa ti mette in imbarazzo?
9- Com'è la tua colazione ideale?
10- Qual è stata la cosa più assurda che hai fatto, nella tua vita?

Ora corro ad avvisare i vincitori...

martedì 24 giugno 2014

American recipes for dummies

Non ho pregiudizi sulle cucine degli altri paesi, giuro. Cucino felicemente qualunque cosa, dal burek albanese all'hummus arabo, alla palacsinta ungherese. Non faccio distinzioni, e anzi, sono felice di sperimentare nuovi accostamenti di sapori e magari anche nuove tecniche.
Se però devo dirla tutta, con i dolci statunitensi ho qualche problema. Non problemi di realizzazione, è più una questione di concetto. Ovvero, quando comincio a preparare un dolce americano so già che avrò delle difficoltà e che probabilmente mi arrabbierò abbastanza. 

Il primo problema è sempre nelle dosi. Io sono una persona precisa ( quando cucino) e misuro gli ingredienti al grammo, quando ne ho la possibilità. Penso che l'invenzione del Sistema Internazionale delle unità di misura sia stata una cosa fantastica. Quanta farina dobbiamo usare in questa torta? 250 grammi. Lineare, semplice, ottenibile ovunque tramite una qualunque bilancia.
Il motivo per cui gli Stati Uniti, nel XXI secolo, ancora non abbiano adottato questo sistema resta per me un mistero. Tirare la sfoglia a 1/8 di pollice di spessore. Ogni volta che sono alle prese con una ricetta americana so già che dovrò spendere un po' di tempo a fare i calcoli.
Non tanto per i pollici, che quelli almeno sono una misura fissa, quando piuttosto per le tazze e i cucchiai. 

A volte su internet si trovano affermazioni assurde a riguardo, tipo: "Una tazza equivale a 115 g", come se fosse un valore adatto ad ogni ingrediente. In realtà ogni cosa ha il suo peso specifico, e se 115 grammi sono una tazza di farina 00, una tazza di zucchero semolato ne pesa invece 200, una di acqua 236 e così via.
Per gli ingredienti di uso più frequente (farina, burro, zucchero, etc) si trovano facilmente delle tabelle di conversione, ma nelle ricette spesso ci sono componenti particolari la cui conversione in grammi non è facilmente reperibile. 
Lo so, lo so. Mi devo decidere a comprare il set standard di tazze e cucchiaini usati come misura per fare questi dolci.

Una volta risolto il problema delle dosi, mi trovo spesso davanti ad ingredienti sconosciuti. Una tazza di biscuit mix. Una tazza di Graham crackers. Al supermercato qui non c'è niente del genere, per cui mi ritrovo  a vagare su internet alla ricerca di una ricetta sostitutiva e subito dopo a dover decidere quale tra le ricette trovate (spesso diverse tra loro) assomiglia di più a qualcosa che non ho mai visto e non so che sapore abbia.
Infine, di solito il risultato ottenuto ha un gusto che non mi entusiasma. Questo però passa in secondo piano, in quanto di solito cucino questi piatti per mio marito, quindi l'importante è che piacciano a lui.
Dietro sua richiesta ho cucinato innumerevoli pies, dalla classica apple pie (quelle che Nonna Papera metteva a raffreddare sul davanzale, per intenderci) alla Key lime pie, mi sono cimentata con gli English muffins (che sono una specie di panini, non c'entrano niente con i muffins che si cuociono nei pirottini), con i buttermilk biscuits e con innumerevoli altre ricette.

In questi giorni, dietro richiesta del coniuge, ho preparato due ricette a lui care.
La prima è la coffee cake, che non è una torta al caffè ma una torta da mangiare insieme al caffè. Negli Stati Uniti ovviamente si trova al supermercato e la preferita di mio marito è la Entenmann's, di cui, dopo lunga ricerca su internet, ho trovato una buona ricetta QUI. Non ho foto di questa torta, in quanto mio marito l'ha portata al lavoro e i colleghi l'hanno spazzolata tutta.

Poi è stata la volta degli S'more cookies, la cui realizzazione è stata più complessa, a partire dalla comprensione di quello che mio marito mi stava chiedendo.

- Dear, can we have S'more cookies?

Io ho capito "more cookies" più biscotti, e sentendomi un verme per non cucinare i biscotti abbastanza spesso, gli ho chiesto preoccupata come potessi supplire a questa mancanza di zuccheri :-)

Chiarito l'equivoco mi sono messa alla ricerca della ricetta e alla fine ne ho trovata una che mi ispirava abbastanza QUI.
Le dosi, lo dico subito, mi hanno fatto impazzire. 
"1/2 cucchiaino + 1/8 di cucchiaino di baking soda". Mi sembrano gli esercizi sulle frazioni che facevo alle medie.
I graham crackers, uno degli ingredienti, mi hanno dato qualche preoccupazione, soprattutto perchè al supermercato non ci sono e non capivo come poterli sostituire. Inizialmente avevo pensato che fossero una specie di Oro Saiwa, ma ovviamente non c'entrano niente. Mio marito li descriveva come "uguali alle sfoglie del napoleon" ( la millefoglie) e mi ero già rassegnata a mettermi ad impastare la pasta sfoglia quando ho trovato una foto dei biscotti in questione, e ho capito che con la pasta sfoglia non c'entravano niente.
Alla fine ho seguito QUESTA ricetta, che nonostante sia senza miele ( quelli originali sono biscotti al miele) a detta di mio marito sono "abbastanza simili" ai biscotti in questione.

Una volta cotti e sbriciolati i crackers, ho preparato l'impasto per gli S'more cookies. 
Per chi volesse cimentarsi, il brown sugar indicato nella ricetta non è lo zucchero di canna, ma il normale zucchero semolato bianco miscelato con melassa. Questo zucchero ha un aroma molto intenso e particolare e una consistenza sui generis. La prima volta che ne ho aperto un pacco, sono stata cinque minuti a rovistarci dentro, sicura che ci fossero degli insetti, delle larve di farfallina, un qualche tipo di animale, perchè lo zucchero si muoveva. In realtà è fatto così, non c'è niente dentro, tranquilli, i chicchi si muovono in modo diverso e più lento del normale zucchero semolato a cui siamo abituati.
Per quanto riguarda il cioccolato, ho utilizzato del cioccolato al latte Lindt, in quanto per principio non mangio e non uso il cioccolato della marca indicata nella ricetta (i cui ingredienti mi lasciano sempre perplessa: il cacao è pochissimo rispetto ai (pessimi) grassi utilizzati, e vogliamo parlare dell'olio di illipe?)

Infine, un appunto sui marshmallows: nella ricetta viene detto di dividere l'impasto in palline e schiacciare i marshmallows all'interno, per evitare che restino sui lati o sotto il biscotto. Io ci ho provato, ma non ci sono riuscita. I marshmallows sono come pezzetti di gommapiuma, io li schiacciavo, loro si deformavano ma non si spostavano di un millimetro, restando fissi sull'esterno del biscotto. Ho provato a rifare le palline mettendo i marshmallows all'interno, ma non riuscivo a farle stare insieme. 
Ho pensato pazienza, tanto poi nel forno si fondono... ecco, errore. Io poi ho fatto un errore doppio non guardando la temperatura indicata nella ricetta e accendendo automaticamente il forno a 200. Risultato: i marshmallows si sono liquefatti ben prima che il biscotto fosse cotto, colando giù e formando un piastrone nero e bruciato alla base del biscotto. La prima teglia l'ho buttata. 
I 350° indicati nella ricetta sono ovviamente gradi Fahrenheit, che corrispondono a circa 175°C. Nel mio forno sono comunque tanti, e le successive teglie le ho cotte a 160°C.



Nonostante tutto, sono venuti bene. La cosa più strana, quando preparo queste ricette, è che alla fine c'è sempre qualche Americano che assaggia, si complimenta e mi chiede la ricetta, e io passo per una esperta di cucina statunitense, tanto che dopo la ricetta seguono richieste di consigli vari, e mio marito mi dice: "Puoi preparare degli altri biscotti? i miei colleghi li hanno chiesti...".


mercoledì 18 giugno 2014

Esami di Inglese e salamandre gonfiabili

Sto studiando per l'IELTS Academic, esame che ho già dato due anni fa, ma il cui risultato, ahimè, vale solo per due anni.
Non voglio parlarvi dell'esame, una cui esauriente descrizione si può trovare nella pagina di Wikipedia che ho linkato, ma soffermarmi su un paio di cose.

La prima è che in questo esame può capitare di dover parlare o di dover scrivere di qualunque argomento, da come salvare la foresta amazzonica al problema dell'erosione del suolo.
Ovviamente, visto che questo è solo un esame di Inglese, in realtà quello che si scrive o di cui si parla non ha importanza, purchè sia corretto e coerente. Nessuno richiede che sia vero.
Ho sperimentato personalmente questa cosa la volta scorsa, dove una delle due prove scritte era sulle motivazioni e sulla prevenzione della criminalità giovanile. Dopo un attimo di smarrimento (non so NULLA a riguardo) mi sono inventata di sana pianta teorie "di un'università americana" su come l'ambiente influisca sui bambini imprimendo un'impronta indelebile sulla loro psiche e influenzando fortemente la loro vita, e ho proposto rimedi adeguati. E' andata bene.

Da un certo punto di vista è anche divertente. Il problema, per me, è che, soprattutto nelle domande orali, ho la tendenza a dire sempre la verità, in quanto è molto più semplice ed immediata rispetto all'invenzione di una storiella.
L'esaminatore della prova orale, la volta scorsa, dopo una serie di domande generali sull'Italia (il clima nelle varie zone, le città d'arte, la cucina, il mare) è passato allo sport, focalizzandosi sul calcio.
E io, di calcio, non so assolutamente nulla. Per dire, non sapevo neanche che quest'anno ci fossero i mondiali, e quando l'ho scoperto ero convinta che fossero in Qatar.
L'esaminatore è passato da domande generali ( quali devono essere le qualità di un calciatore) fino a quesiti sempre più specifici sulla mia squadra preferita (ehm) fino ad arrivare a: "Nominami un calciatore italiano" al che io l'ho guardato preoccupata e mi sono spremuta le meningi.

In realtà avrei potuto dire qualunque cosa, proprio perchè per l'appunto la veridicità di quello che viene detto non ha importanza. Mi sarei potuta inventare un certo Mario Parodi che gioca nella Sampdoria e sarebbe andata benissimo.
Invece ho cercato disperatamente di ricordare il nome di qualcuno, senza riuscirci. In realtà conosco il nome di parecchi giocatori, ma quando sono sotto pressione nella mia mente si crea il vuoto.

- E allora, questo giocatore italiano?
- Ehm...
- Dai su, uno qualunque!
- ....
- ....
- ....
- ....
- Ehm..boh... Maradona?

Lui ha sgranato gli occhi ed è passato ad un'altra domanda.
Solo una volta a casa ho scoperto che Maradona non è italiano :-)

Le domande dell'orale comunque, sono veramente interessanti, e sarei curiosa di conoscere chi le ha ideate.
Io le suddivido in varie categorie.
Normali, ovvero domande a cui prima o poi tutti nella vita dobbiamo rispondere, tipo:
- Di cosa ti occupi? Studi o lavori?
- Come mai stai sostenendo l'IELTS?
- Da dove vieni?

Eccentriche, ovvero domande che difficilmente qualcuno mi rivolgerà mai nella vita reale, ma che tutto sommato non sono poi così folli o lo sono solo limitatamente, tipo:
- Perchè la gente compra dei souvenir?
- Quali sono i problemi degli adolescenti, nel tuo paese?
- Credi che i viaggi in treno siano comodi?
- Credi che i governi possano influenzare il tipo di sport praticato dalle persone?
- Chi, a tuo parere, dovrebbe avere il diritto di giudicare come un edificio si debba presentare esternamente, dal punto di vista estetico?

Poi ci sono le domande della categoria "In che senso?" ovvero quelle a cui, dovendo rispondere, non riesco a trattenermi dal fare mille distinzioni, tipo:
- L'arte del tuo paese è simile a quella estera? 
Risposta: dipende dal periodo, dipende da cosa si intende per "estera", certo se parliamo dell'Isola di Pasqua no, non c'è niente in comune a meno che bla bla bla, ma poi il Rinascimento, l'arte europea, bla bla bla.

Una sottocategoria di "In che senso?" è composta dalle domande "Ehm... cosa?" ovvero quesiti che forse hanno un senso in altri contesti, ma che non si possono applicare alla situazione italiana, almeno nella zona che mi è nota, tipo:
- Nel tuo paese, tra le persone che vivono in città e quelle che abitano in campagna c'è un senso di rivalità o di cooperazione?

Infine c'è l'ultima categoria, quella della "Follia senza speranza di recupero", che comprende domande che mi farebbero spalancare la bocca, e la cui sola risposta sensata sarebbe: "Lei sta scherzando, spero".
Un esempio è la seguente:
- Cosa faresti se il livello degli oceani si alzasse e sommergesse la tua città natale?
Ovviamente vale sempre lo stesso discorso, quindi inventare, inventare, inventare. E a domande folli, dare risposte folli. Ad esempio a quest'ultima assurda domanda potrei rispondere, con un sorriso e la massima nonchalance:
- Oh, non c'è problema. Tengo sempre con me una salamandra gonfiabile gigante, proprio per poterci salire sopra caso mai il livello degli oceani salisse...

Ah, per chi se lo stesse chiedendo: sì, tutte queste domande provengono da elenchi di quesiti davvero posti durante l'esame. 

lunedì 16 giugno 2014

Di street food e cibi del cuore

Questo mese, leggendo che il tema dell'MT Challenge era la piadina ma più in generale lo street food, il mio cuore ha fatto un balzo.

Questa volta niente falafel, niente hummus: almeno per questo mese mi è stato subito chiaro che la mia ricetta avrebbe incluso sapori per me noti e familiari.
Non sono sicura sul perchè di questa scelta, ma sicuramente è legata al fatto che, almeno in Liguria, tra gli street food ci sono alcuni tra i cibi più noti e amati della regione.
Parlare di street food è parlare dei profumi e dei sapori che impregnano le strade, è parlare di un cibo che è patrimonio di tutti, senza distinzione, è parlare di qualcosa che è strettamente legato all'anima, allo spirito di un posto.

Se chiudo gli occhi e penso ai profumi della mia città, nella mia mente affiora l'odore umido di ombra e di ardesia che sale dal selciato dei vicoli, e che a tratti si accavalla con l'odore intenso del pesce fresco, il sentore della trippa, l'aroma di pasta di mandorle delle pasticcerie.
Su tutto, però, prevalgono due profumi: quello untuoso e fragrante della focaccia appena sfornata e l'aroma della farinata.
E' tra questi due profumi che si estendono, per me, le parole "street food", e visto che fare la piadina con la focaccia è una cosa che non si può sentire, la mia ricetta per la sfida sarebbe stata con la farinata, senza nessun dubbio. Farinata e una salsa saporita.

Piadina con farinata e salsa di cipolla e peperone

Per la piadina
500 g di farina 00
125 g di acqua
125 g di latte parzialmente scremato
100 g di strutto (per me 80 g di olio extravergine di oliva)
15 g di lievito per torte salate
10 g di sale fine
un pizzico di bicarbonato

Per la farinata
farina di ceci ( 1/4 rispetto alla quantità di acqua)
acqua
sale

Per la salsa
Una cipolla rossa
un piccolo peperone rosso
50 g di noci
3 cucchiai di aceto balsamico
un rametto di timo
olio
sale

Come da regolamento, per la ricetta della piadina ho seguito fedelmente le indicazioni Tiziana. Qui ovviamente lo strutto non c'è, e l'ho quindi sostituito con l'olio evo.
Per la farinata, ho messo la farina setacciata in una ciotola (200 g), e ho quindi incorporato lentamente 800 g di acqua, mescolando a lungo prima con una frusta e poi con un cucchiaio, finchè tutti i grumi non si sono dissolti e la pastella è diventata omogenea. Ho quindi lasciato la ciotola a riposare per sei ore, dando una mescolata ogni tanto.

Nel frattempo ho abbrustolito sul fornello il peperone, l'ho pelato e l'ho messo da parte. Ho affettato sottilmente la cipolla e l'ho cotta in padella con un filo d'olio, il rametto di timo, un pizzico di sale e un po' d'acqua. Al termine della cottura ho aggiunto l'aceto balsamico. Ho quindi messo il peperone e la cipolla nel mixer, aggiungendo le noci e un filo d'olio. Ho frullato il tutto e ho regolato il sale. 



Ho creato le piadine secondo le indicazioni di Tiziana. 


Nel frattempo ho acceso il forno a 250°C e ho oliato abbondantemente una teglia, versandovi quindi sopra la pastella. Con l'aiuto di una forchetta ho quindi miscelato la pastella con l'olio sottostante, fino ad avere la superficie piena di bollicine di olio. Quando il forno ha aggiunto la temperatura, ho acceso il grill e ho infornato la farinata nel ripiano più alto.
Dopo circa 15' l'ho sfornata. Purtroppo il mio forno pende in avanti, quindi non ho ottenuto uno spessore uniforme, ma il risultato complessivo è stato comunque abbastanza sottile.




Ho quindi farcito le piadine con la farinata e abbondante salsa. 


Con questa ricetta partecipo all'MT Challenge di Giugno.