lunedì 30 luglio 2012

Una favola moderna

C'era una volta una bambina di nome Phaedra, che frequentava la seconda media. Amava le piante, gli insetti e le stelle e le piaceva molto scrivere. Un giorno, all'inizio dell'anno scolastico, la professoressa di Inglese portò in aula dei cartoncini. 
- Oggi ho una sorpresa per voi - disse l'insegnante - qui ci sono i nomi e gli indirizzi di alcuni ragazzini stranieri che vorrebbero corrispondere con voi in Inglese. Qualcuno è interessato ad avere degli amici di penna?
Phaedra non amava molto l'Inglese, ma era affascinata dall'idea di entrare in contatto con altre culture, così si fece avanti e prese due cartoncini.
- Li avete presi tutti? - chiese la professoressa.
- Sì, li abbiamo presi - disse una compagna di classe di Phaedra - ma chissà se questi bambini ci risponderanno!
- Chissà! - disse l'insegnante - potrebbero non ripondere, oppure magari lo faranno e diventerete amici. Una volta ho letto la storia di due ragazzi che si sono conosciuti così e poi si sono sposati. Non si può mai sapere!
A Phaedra erano toccati in sorte una bambina russa e un ragazzino inglese. Scrisse ad entrambi, ma non ottenne mai una risposta.

Gli anni passarono. Phaedra finì le medie e cominciò il liceo classico. L'Inglese continuava a non piacerle, e si iscrisse alla sezione tradizionale, che prevedeva lo studio delle lingue straniere solo nei primi due anni. Per varie circostanze dovette però cambiare classe, e studiò Inglese (con scarsi risultati) per tutti e cinque gli anni.
Il liceo finì, Phaedra fece varie esperienze universitarie e si laureò. Quasi per caso decise poi di iscriversi ad un corso di Inglese, per migliorare le proprie conoscenze linguistiche. A quel corso ne fece seguito un altro, e poi ancora un terzo. 
Nel frattempo Phaedra aveva scoperto su internet un sito per trovare amici di penna, e pensò che era una buona occasione per migliorare ulteriormente il suo Inglese. Questa volta le risposero quasi tutti, e lei si ritrovò a parlare della propria città e della propria vita con perfetti sconosciuti. C'era la ragazza australiana, che le raccontava la propria vita nel Queensland, il ragazzo texano che le parlava dei rodei e tanti altri. 
Nel frattempo la vita di Phaedra andava avanti, continuò a studiare ed iniziò a lavorare. L'unico fronte sul quale non c'erano sviluppi era quello sentimentale. Non c'erano mai stati sviluppi, e lei si era ormai convinta che sarebbe rimasta sola per tutta la vita.
Tra i suoi corrispondenti c'era un ragazzo della costa occidentale degli Stati Uniti che era molto carino e gentile, e riusciva ad indovinare al volo i suoi stati d'animo. Ma era solo un corrispondente, viveva a migliaia di chilometri di distanza, e Phaedra non si faceva illusioni.
Un giorno però, dopo pochi mesi di corrispondenza lui le disse che era interessato a lei. 
- Se anche tu fossi interessata, ti chiedo una cosa - le scrisse lui - potresti non uscire con nessun ragazzo finchè non riusciamo a vederci?
Lei promise senza problemi. Non c'erano ragazzi con cui sarebbe potuta uscire.
I mesi passarono. Lui si trasferì a lavorare in Medio Oriente. Un giorno le disse che aveva una settimana libera, e poteva venire a trovarla. 
Lei non riusciva a crederci. Razionalmente era sicura che questo genere di cose non potessero accadere davvero, e cercava di non illudersi. 
- Lo dice tanto per dire - pensava - Non verrà. E se dovesse davvero arrivare scoprirò che è una persona completamente diversa da quello che immaginavo. 
Ma lui parlava seriamente, e pochi giorni dopo le scrisse il giorno e l'ora in cui il suo aereo sarebbe atterrato.
Il giorno stabilito lei andò in aeroporto, in preda ad una terribile agitazione. La sua fervida immaginazione aveva creato almeno una ventina di motivi diversi per cui lui poteva aver speso centinaia di dollari per volare in un altro continente per incontrare una tizia conosciuta su Internet.
Magari era un serial killer. Oppure un sessantenne calvo, che le aveva mandato le foto di qualcun altro. O magari un sociologo che voleva studiare con quanta facilità le ragazze sceme abboccano a questo genere di cose. Le idee più strane le frullavano per la testa.
Poi le porte si aprirono, e lui era lì. Si guardarono per la prima volta negli occhi, si abbracciarono e si strinsero forte.
Lui stette a casa di lei per una settimana. Una settimana bellissima. Meravigliosa, incantevole. Lui non era solo la persona fantastica che lei aveva conosciuto online, ma molto di più. 
Al momento della partenza piansero tutti e due come fontane.
Esattamente una settimana dopo, in chat, lui le chiese di sposarlo, e lei per poco non cadde dalla sedia. 
- Sei sicuro che vuoi sposare me? - gli chiese. Probabilmente non era la risposta giusta da dare, ma l'emozione era troppa.

Decisero di sposarsi sei mesi dopo, in estate. Lei iniziò i preparativi, e lo disse ad amici e parenti.
Ci fu chi la incoraggiò, chi inaspettatamente fu dalla sua parte e chi le disse senza peli sulla lingua che forse era meglio aspettare ancora un po'.  Ci fu chi si sedette su un divano con un sorrisino ironico negli occhi, chi fece alle sue spalle crudeli scommesse su quanto il matrimonio sarebbe durato.
Lei ascoltò tutti, e poi fece di testa sua, come sempre. 
Lo sposò, e appena potè si trasferì in Medio Oriente insieme a lui, in una casa piena di scarafaggi e muri gocciolanti.

Oggi è passato esattamente un anno da quando la ragazza italiana e il ragazzo americano si sono detti "Sì".
Lei ha imparato a destreggiarsi in un paese completamente diverso, e nella vita quotidiana parla esclusivamente Inglese.
Non possiede la sfera di cristallo, e non è in grado di dire quello che le riserverà il futuro. Può solo dire che se tornasse indietro sposerebbe ancora il suo principe altre cento, mille, diecimila volte.
Perchè da quando è con lui, la sua vita è diventata meravigliosa. Come in una favola.

domenica 22 luglio 2012

Lo strano sapore delle mele

(Avvertenza: questo non è il seguito del post in cui parlo di cosa amo di questo paese, quello lo sto ancora scrivendo.)

Ogni volta che vado a fare la spesa, sia in città che qui nel paesino sperduto, mi viene spontaneo pensare a quelle comodità che in Occidente sono normali, mentre qui non sono mai ovvie. 
Mi riferisco in particolare alla professionalità. Hai bisogno di un idraulico? In Italia basta prendere le pagine gialle e cercarne uno. Possono capitare inconvenienti, ma di solito la persona che arriva a casa tua è qualcuno che conosce il proprio mestiere, e si destreggia abbastanza bene tra tubi e bulloni. 
Ho già raccontato QUI la mia esperienza a riguardo.
Il problema è che da queste parti la maggior parte dei lavori sono svolti da persone che non avevano nessuna esperienza in quel particolare settore, e all'arrivo nel paese si sono improvvisati idraulici, sarti o parrucchieri da un giorno all'altro. 
Questo discorso (fortunatamente) non vale in campo medico, dove anzi, si trovano medici ottimi e di estrema competenza.
Ora, io capisco perfettamente che quando si arriva in un paese straniero c'è l'ovvia urgenza di trovare un lavoro, sia per mantenere se stessi che per provvedere al sostentamento della famiglia rimasta in patria. 
Forse sarebbe opportuno scegliere un'occupazione di cui si è già esperti, o per lo meno un'attività per cui si abbia una qualche attitudine, ma non voglio sindacare su questa questione. 
Il fenomeno è comunque vasto, e se in alcuni casi l'inesperienza può arrecare danni, in altri può anche essere innocuo e a volte divertente.
Ogni volta che in un supermercato entro nel reparto di ortofrutta non manco mai di notare come spesso i nomi dei vari vegetali siano sbagliati. Bietole classificate come spinaci, lime come limoni, e così via. 
Magari è un problema di lingua, non dico di no, però ci si può sempre documentare..
Ieri siamo stati al supermercato. Abbiamo comprato una confezione di pesche classificate come "sandra". Chissà se "sandra" è il corrispondente per "pesca" in qualche lingua o è un lapsus del tizio delle etichette, magari impegnato a pensare alla sua ragazza.
Quanto alle mele, niente da dire, non erano male. Sapevano di mandarino, ma erano buone.


giovedì 12 luglio 2012

Cosa mi piace di questo paese


Nel post della presentazione alla caccia al tesoro ho accennato alle meraviglie di questo paese, e mi sono resa conto solo ora di non averne mai parlato. Lo so, leggendo il mio blog questo posto sembra il regno della disorganizzazione e dell'incompetenza, tutt'altro che favoloso.
Eppure anche qui, in questo desertico paese, ci sono delle cose meravigliose e ho deciso di scrivere un post per raccontarle.

La natura.
Questo primo punto è scontato. Che il deserto abbia un suo fascino magico e misterioso è risaputo, ma finchè non l'ho visto con i miei occhi non me ne sono resa conto pienamente.
Non ci sono parole per descrivere quello che la sabbia può fare. Ci sono dei punti dove, viaggiando sulla strada, sembra di essere dentro ad una coppa di gelato, appena appena sciolto. Le dune sono morbide, vellutate, sembra quasi un tessuto.
In altri punti invece il vento ha accumulato i granelli creando margini netti, spigolosi, apparentemente taglienti e affilati, come se la duna fosse stata scolpita nel marmo.
E poi, i colori. La sabbia non ha le stesse sfumature ovunque, ma va dal bianco perlaceo al rosso vivo, un arcobaleno di tinte che è una gioia per gli occhi. Come essere dentro ad una variegato all'amarena.
Poi, benchè la flora sia carente, la fauna è strepitosa. Il mare pullula di conchiglie di ogni dimensione, colore e forma, l'acqua è cristallina, sugli scogli ci sono infiniti animaletti, dai granchi alle stelle marine.
Passeggiando nei giardini pubblici si possono avvistare lepri del deserto, pernici e una marea di uccelli, per non parlare delle orme sulla sabbia, che testimoniano un mondo animale ben più ricco.

L'ospitalità.
Il senso di ospitalità degli Arabi è speciale, impossibile paragonarlo all'Occidente.
“Fai come se fossi a casa tua” è una frase fatta che per me in Italia non si è mai realizzata. Per quanto una persona possa essere accogliente, non ho mai sentito “mia” la casa di un estraneo.
Questo qui non succede. Nel momento in cui entri nella casa di un Arabo, ti senti davvero a casa tua, o meglio, ti senti parte della sua famiglia. E' una sensazione bellissima, difficilissima da spiegare a parole a chi non l'ha provata.
Inoltre, nella cultura locale non essere in compagnia è una sciagura tremenda. Ho passato qui una settimana senza mio marito, ma grazie alle mie amicizie arabe non mi sono mai sentita sola. Sono con te quando li desideri, senza mai essere invadenti.

La cucina.
Questo punto è soggettivo. Io adoro la cucina del Medio Oriente. Adoro la crema di ceci e quella di melanzane, gli involtini di foglie di vite ripieni di riso, il kebab di agnello. Adoro la pasta di semi di sesamo che costituisce la base di molti dolci e salse salate.
Inoltre, benchè quando vivessi in Italia non fossi un'appassionata, da quando sono qui ho scoperto le spezie. L'amarognolo dei semi di cardamomo usati per aromatizzare il caffè, il sapore fresco e piccante dello zenzero, la deliziosa fragranza di limone del sumac. I mercati di spezie sono dei posti favolosi, dove l'occhio si bea del contrasto tra il rosso scuro del peperoncino e il giallo della curcuma, mentre i profumi deliziano l'olfatto.

I profumi.
I profumi arabi, sia quelli maschili che quelli femminili, sono composti da varie fragranze, miscelate tra di loro. Sono una cosa strepitosa, ti prendono il naso e lo portano via. Mi capita spessissimo di incrociare le scie profumate di quelli che mi stanno camminando davanti, ed ogni volta è un'esperienza sensoriale fantastica. Hanno un costo relativamente alto, ma ne vale davvero la pena.

I prezzi.
Non voglio essere prosaica o materialista, ma sicuramente questo è uno dei vantaggi di vivere in questo paese. Qui non c'è l'inflazione, e lo stato non ha nessun problema economico. 
Per fare un esempio, il pieno di benzina per la macchina( 33-35 litri) costa intorno agli 11 euro, e mi fermo qui.

C'è ancora un sesto punto di cui voglio parlare, ma ho così tanto da dire sull'argomento che lo rimando al prossimo post.


giovedì 5 luglio 2012

Caccia al tesoro

I blog sono come le ciliegie, incominci a leggerne uno e ne scopri cento altri, e la lista dei post da leggere si allunga sempre di più. Da quando ho scoperto questo mondo variegato e coloratissimo sono sempre alla ricerca di nuove storie, nuove realtà, nuovi pensieri e orizzonti.
Oggi ho scoperto Mammafelice, e girellando tra i vari post ho scoperto che è in corso una caccia al tesoro davvero particolare, che porterà alla scoperta di nuovi blog. Che dire? è un'idea fantastica, non me la posso davvero perdere.
Eccomi dunque qui, alle prese con la prima tappa, ovvero scrivere un post in cui racconto qualcosa di me.

Carta di identità:
Trent'anni, arrivati di soppiatto senza che me ne accorgessi. Sposata con un Americano, da Gennaio mi sono trasferita in Medio Oriente. Adoro il cielo stellato, i fiori profumati e i colori delle farfalle.
Sto cercando un lavoro, e nel frattempo coltivo i miei hobbies: cucinare, leggere e, naturalmente, scrivere.


Nome del blog e obiettivi:
From another point of view, diario di una farfalla curiosa. Quando il blog è nato, un anno fa, il titolo alludeva solo al fatto che i post riguardavano il mondo dal mio punto di vista, potenzialmente diverso da quello degli altri. Oggi è diventato qualcosa di differente, la cronaca della vita in un paese dove il mio punto di vista di donna occidentale è sempre "diverso", e si mescola a quelli, totalmente differenti, della società eterogenea di questo paese.


Un buon motivo per seguirvi:
Vivere all'estero è sempre una sorpresa. Qui lo è più che mai, in un Paese completamente diverso per lingua, abitudini, cultura, religione, temperatura e mille altre cose. Tutto quello che in Occidente è normale qui non lo è, ma in cambio questo posto riserva fantastiche sorprese.


Due post che vale la pena leggere:


Come seguirvi (newsletter, FB, twitter…):
Per ora solo unendosi ai lettori del blog tramite l'apposito tasto o tramite newsletter, ma a breve aprirò una pagina facebook.


Indirizzo RSS feed:
Credo sia questo: http://farfallacuriosa.blogspot.com/feeds/posts/default
NB: non ne sono sicura. Se poi il link di cui sopra porta ad un sito di compravendita di salamandre maculate, io non c'entro.

domenica 1 luglio 2012

Post impopolare

Attenzione, questo post parla di calcio, esprime idee impopolari e può urtare la sensibilità di qualcuno. Ecco, l'ho scritto. Ora non ditemi che non avevo avvertito.

Ogni mattina, finito di rassettare la casa do un'occhiata a Internet. La posta, i blog che seguo, le principali notizie dei quotidiani. Due giorni fa apro la homepage del mio quotidiano preferito, e in alto, bene in evidenza, campeggia la notizia che l'Italia ha sconfitto la Germania. 
Questa scelta editoriale (comune a diverse testate giornalistiche) non mi fa impazzire, al primo posto preferirei una notizia politica o economica e non certo lo sport, ma in fin dei conti è un riquadro piccolo, pur con numerosi link ad approfondimenti vari.
L'ultimo sito che apro è Facebook. Non amo particolarmente questo social network, lo uso più che altro per i giochi, ma lo trovo un interessante specchio della società. Percorrendo la bacheca si individuano le notizie che hanno più colpito gli utenti, la musica preferita, i nuovi trend, e così via.
La notizia che campeggia su tutte è, naturalmente, la vittoria della squadra italiana. Ci sono improbabili vignette di Angela Merkel che commenta ( in Italiano, ovviamente) la sconfitta, frasi racchiuse dentro grossi cuori, fotografie ritoccate e piene di glitter luccicanti, e, su tutto, una moltitudine di bandiere tricolori.

Sono seria e impopolare: la bandiera l'avrei lasciata in pace. Non la esporrei, non la userei per proclamare una vittoria sportiva di questo tipo. 
La bandiera rappresenta il nostro Paese, il nostro orgoglio di essere Italiani. Quel tricolore è la nostra Storia, quella con la S maiuscola. Il suo rosso è anche quello del sangue delle migliaia di persone che sono morte per fare dell'Italia  lo stato che è oggi, unito e libero da dominazioni straniere. 
Ormai le guerre di indipendenza sono un ricordo lontano, il Risorgimento è diventato solo un noioso capitolo del libro di Storia, e leggere Cuore non va più di moda, ma non posso fare a meno di fare il paragone tra l'Italia di oggi, che espone la bandiera per una vittoria calcistica, e la piccola vedetta lombarda, il bambino che veniva avvolto dal tricolore per essere morto per il suo Paese.
In Italia è normale: appena la nazionale di calcio ha una vittoria, le finestre, i terrazzi, a volte anche i muri e i marciapiedi si riempiono di tricolori.
Perchè non si espone invece la bandiera quando un ricercatore Italiano fa una scoperta importante, quando un connazionale vince un premio Nobel, o, semplicemente, quando andiamo alle urne per scegliere il partito che dovrà guidarci?


Ancora peggio sono i video caricati su Youtube, che mostrano persone riversarsi nelle strade a piedi, in moto, in macchina, con la bandiera in mano e in preda ad un'incredibile euforia, come se da quella vittoria dipendesse la loro vita o fosse merito loro.

Io non riesco a capire il rapporto che gli Italiani hanno col calcio. E' diventata una valvola di sfogo, qualcosa dove veicolare sentimenti che dovrebbero invece essere propri di altri eventi, più "personali".
A me lo sport piace, davvero. Mi piace la ginnastica artistica e ritmica, il pattinaggio, i tuffi, il nuoto. Guardo con piacere le Olimpiadi, mi piace ammirare la bravura dei singoli atleti, a prescindere che siano Italiani o meno. Sono contenta quando qualcuno bravo vince una medaglia perchè la merita.
Il calcio, sinceramente, non mi fa impazzire. Soprattutto ai giorni nostri, dove in campo sembra che spesso invece degli atleti giochino montagne di soldi, per assoldare questo o quel giocatore o per comprare l'esito della partita.

Perdonatemi questo post impopolare. Per chiudere, condivido con voi la fantasia che mi passa davanti agli occhi ogni volta che vedo esposta una bandiera italiana per una vittoria calcistica.


Dicembre 2002. Riccardo Giacconi, ricercatore italiano, viene proclamato Premio Nobel per la Fisica per i suoi studi sulle sorgenti cosmiche di raggi X. Gli Italiani, che hanno seguito a milioni l'evento incollati davanti al televisore, si riversano nelle strade, con la bandiera sventolante.
"Giacconiiiiiiiiiiiiii, ha vinto Giacconi!!! Il Nobel quest'anno è nostroooooooooooo!!!"
Lo so, non è accaduto e non accadrà mai. Ogni tanto però mi piace immaginarlo.