venerdì 17 giugno 2011

La sindrome da inseguimento e le corsie preferenziali


Camminare per le strade cittadine è sempre un'esperienza interessante, un fenomeno che porta ad interagire con sconosciuti, spesso accomunati dal solo percorso comune.
Si possono incontrare soggetti particolari, si può assistere a scenette che sembrano essere rappresentate apposta per i passanti, ma uno dei fenomeni che mi incuriosisce di più, psicologicamente parlando, è quella che ho battezzato “sindrome da inseguimento”, e che mi capita di notare quotidianamente.
Poiché la mia andatura è piuttosto rapida, mi capita di essere spesso più veloce della maggior parte delle persone che si trovano a percorrere un tratto di strada contemporaneamente a me.
La sindrome da inseguimento insorge nella persona che sto per superare, e come da definizione, è composta da vari sintomi, che seguono varie fasi.

Nella prima fase, la persona si rende conto che c'è qualcuno che cammina dietro a lei. E' ancora abbastanza tranquilla, ma aumenta leggermente il passo.
Nella seconda fase inizia a guardare le vetrine dei negozi che le capita man mano di superare, cercando di scorgere nel riflesso il misterioso inseguitore. Se riesce nel suo intento, di solito rallenta, e recupera il ritmo usuale.
In caso contrario scatta la fase tre: la velocità è elevata, e la persona si rifugerà in un negozio oppure si volterà per guardare in faccia il maniaco che la insegue.
Attenzione, quanto descritto non si riferisce alla famosa strada buia e deserta nel cuore della notte, dove ogni passo alle spalle farebbe rabbrividire chiunque, ma ad una normale strada cittadina piena di gente, in orario diurno.
Cosa porta una persona ad avere questa reazione? Brutte esperienze in passato? Mi interessa sempre vedere l'espressione di chi si volta, un attimo prima di scoprire che l'inseguitore era un'innocua passante.
Paura, sconcerto, rabbia. E dopo? Sollievo, e qualche volta, con mio grande stupore, anche disappunto, come se si fosse cancellata l'opportunità di raccontare una storia interessante ai conoscenti.
In ogni caso, sono per la creazione delle corsie a velocità preferenziale per i pedoni.  

venerdì 10 giugno 2011

From another point of view


Sono sempre stata affascinata dalle farfalle. Dalla loro leggerezza, dai colori, dal loro essere eteree, quasi non fossero insetti, ma entità magiche protettrici dei fiori.
Una domanda che mi facevo spesso, da bambina, era: “Ma se una farfalla potesse pensare, cosa direbbe dei fiori?” Noi siamo abituati a considerare i fiori dal nostro punto di vista, quello di esseri umani a cui un'infiorescenza di glicine serve solo come abbellimento per il terrazzo o per dare quel tocco in più alla foto che stiamo facendo. Magari non notiamo nemmeno quel ciuffo di primule appena schiuse nell'aiuola del parco, presi come siamo dalla vita di tutti i giorni.

Forse una farfalla potrebbe invece parlare di quei grandi e profumatissimi produttori di nettare e polline che visita ogni giorno, mentre svolazza tra gli alberi e tra quegli strani, enormi blocchi di pietra in cui gli essere umani sembrano vivere. E' una questione di punti di vista.
Ho sempre pensato che i punti di vista, la prospettiva con cui vediamo le cose cambi da persona a persona, perché, per quanto possiamo essere simili, su ogni argomento ognuno di noi ha un'idea leggermente diversa da quella che possono avere gli altri.
Qui ci sono le cose secondo un altro punto di vista, il mio. I commenti sono ovviamente bene accetti, perché credo che solo guardando una cosa da ogni prospettiva possiamo capire com'è veramente.