martedì 30 agosto 2016

Quando gli Aborigeni mangiarono la torta pasqualina

E' da quando sono arrivata in Australia che cerco di avere un contatto con gli Aborigeni. Li incontro quotidianamente al supermercato, ma le occasioni per parlare insieme non ci sono. Del resto, quante volte vi è capitato di attaccare bottone con sconosciuti in un posto impersonale come un supermercato?
Mentre sono in fila alla cassa li osservo, guardo i bambini che corrono a piedi nudi tra la corsia dei biscotti e il reparto della frutta, e mi chiedo come fare ad entrare in contatto con loro e il loro mondo. 

Per chi pensa che il "loro mondo" sia l'immagine che l'Australia cerca di dare ai turisti da queste parti, quella di una perfetta integrazione, la valorizzazione delle radici culturali e i numerosi programmi governativi per aiutare i nativi, ecco, le cose sono leggermente diverse. 
Il razzismo è dilagante e le condizioni in cui vivono queste persone sono terribili, da tutti punti di vista. Sono troppo spesso ai margini di una società che li tollera solo come attrazione turistica, ma che in realtà li respinge. Certo, oggigiorno le cose vanno un po' meglio: la Generazione Rubata è finita, non ci sono più massacri, non sono più costretti a vivere in baracche di lamiera nelle "riserve", ma dietro questa facciata le loro condizioni sono indegne di un paese civile. Gli abusi perpetrati nel centro di detenzione giovanile di Don Dale nel Northern Territories (click e click) e la scandalosa vicenda di Ms. Dhu, morta in carcere a 22 anni per una setticemia scambiata per crisi di astinenza, sono solo due dei casi di cronaca recenti.
E la cosa che mi fa più rabbia è che non se ne parla. Sono notizie al telegiornale, articoli sui quotidiani, ma non sono argomenti di conversazione di tutti i giorni. Si parla molto di più di altre cose, di integrazione dei musulmani, di lotta al terrorismo, ma gli Aborigeni non sono qualcosa di cui si parla volentieri. Mi verrebbe da dire che i discorsi su di loro sono un tabù, e lo dico per esperienza personale. 
Ci sono programmi governativi di aiuto, ma funzionano poco e male. 

Per mesi ho cercato un modo di aiutare, nel mio piccolo.
E poi, un giorno, finalmente, si è aperta una possibilità. 
La Clontarf Foundation è un'organizzazione che si occupa di aiutare i ragazzini aborigeni maschi (c'è un'organizzazione analoga per le femmine) a terminare la scuola superiore. E' incentrata sullo sport, che viene visto come il mezzo per aumentare la fiducia in se stessi e tenere questi ragazzini a scuola (la percentuale di chi abbandona è altissima). L'associazione offre cibo sempre disponibile e un luogo sicuro dove poter studiare (molti di questi ragazzini vivono in famiglie poverissime devastate dalla droga o dall'alcool). 
La Clontarf organizza ogni venerdì mattina una colazione gratuita per i ragazzini aborigeni del Paesino del Bush dove vivo, e da parecchi mesi passo il giovedì pomeriggio in cucina a preparare a mie spese i cibi per questa colazione. 
Di solito porto i cibi a scuola (la colazione si tiene in alcuni locali della scuola superiore) e poi vado via, ma una volta mi sono fermata. Avevo preparato una crostata alla crema e una torta al cioccolato, più due pasqualine genovesi, una di bietole e una di funghi.
I ragazzini sono entrati, si sono presentati tutti stringendomi la mano ad uno ad uno, e poi si sono seduti al tavolo. 
- Questa torta di verdura è buonissima! - mi ha detto uno.
- Ma davvero hai fatto due torte?  - mi ha detto un altro - hai fatto due torte PER NOI?
Quest'ultimo commento mi ha fatto piangere, la meraviglia di questo bambino nel vedere che avevo preparato ben due torte tutte per loro mi ha spezzato il cuore e da allora ogni settimana mi impegno più che posso perchè la loro colazione sia buona, varia e nutriente. 

Il mio obiettivo per il futuro è ottenere una specializzazione che mi permetta di aiutarli professionalmente. Nel frattempo, preparo torte, biscotti, focacce e pasqualine. E' solo una piccola cosa, non gli cambio la vita, non li proteggo dall'alcool o dalla droga, ma quando mi incontrano al supermercato mi sorridono, e per me è tantissimo.