giovedì 10 luglio 2014

Cercasi colf. Pagamento metà in contanti, metà in natura

Cosa volevate fare da grandi, quando eravate bambini?
Io ero sicurissima che sarei diventata entomologa, a causa della mia passione per gli insetti. Tra i miei amichetti c'era chi voleva fare la veterinaria, l'astronauta, il medico, il calciatore, la ballerina e tutta quella gamma di professioni che fanno colpo sull'immaginario infantile.
Non ho mai conosciuto nessun bambino/a che tra i suoi sogni avesse quello di diventare collaboratore/collaboratrice domestica.
Perchè diciamocelo, non è un lavoro a cui le persone aspirino. Non ci sono telefilm, cartoni animati, reality show che ci raccontino quanto sia bella ed appassionante la vita della colf.
E' un lavoro di ripiego. E' un lavoro che molte persone che conosco si vergognerebbero a fare, perchè non è prestigioso. La parola "colf" evoca l'immagine di una persona poco istruita, non molto intelligente, magari straniera e non più giovanissima, e in una società come la nostra, dove l'apparenza è fondamentale, questo è intollerabile.

Sono sicura che nemmeno le due amiche che hanno scritto Cercasi Colf. Pagamento metà in contanti, metà in natura da bambine volevano diventare collaboratrici domestiche.
Il titolo è un reale (e assurdo) annuncio di lavoro, che si trova raccolto, insieme a molti altri, in un capitolo del libro, e che rende l'idea di come molte persone considerino questo lavoro.
Provate solo ad immaginare di sostituire la parola "colf" con qualcos'altro, tipo: Cercasi avvocato. Pagamento metà in contanti, metà in natura. Sarebbe finito sui giornali. Ne avrebbero parlato in televisione, ci sarebbero state querele e proteste dalle associazioni di categoria.
Ma qui parliamo di colf, quindi la faccenda non interessa a nessuno. Chissà quante persone hanno letto quell'annuncio (come tutti gli altri presenti nel libro) e non si sono nemmeno soffermate a pensare su quanto fosse assurdo e fuori luogo.

Il libro, magnificamente scritto, racconta le vicissitudini quotidiane delle collaboratrici domestiche, tra case sporchissime e "padroni" fuori di testa e con pretese assurde. Il tutto è narrato con un'ironia tagliente, che vi farà leggere il libro tutto d'un fiato e - soprattutto - vi farà venire i crampi dalle risate dalla prima all'ultima pagina.
Ma non solo. Questo libro è anche la dimostrazione di come i luoghi comuni spesso non siano che un crogiolo di sciocchezze. Dietro allo pseudonimo AnarchiColf Anonima ci sono due donne giovani, intelligenti, italianissime e con una carriera alle spalle. Due donne che fanno le colf per necessità, e non c'è bisogno che mi lanci in discorsi noti a tutti sulla disoccupazione e la crisi del nostro paese. 
Due donne fortissime, sotto tutti i punti di vista.

Il mio consiglio quindi è: leggetelo. Leggetelo perchè ne vale la pena, perchè vi farà ridere fino alle lacrime e solleverà un velo su un lavoro su cui di solito non ci si sofferma a pensare.
Oltre a tutto questo, al momento il libro è in offerta su Amazon a soli 0.99 € (CLICK!), e sarebbe davvero un peccato farselo sfuggire.

Un messaggio per le AnarchiColf Anonime: ragazze, vi ammiro tantissimo. Per la vostra forza d'animo, per la fatica che fate tutti i giorni, e soprattutto, per aver dimostrato come ogni lavoro che permette di sostentare se stessi e i propri figli sia dignitoso e assolutamente meritevole di rispetto.
Vi auguro col cuore che nel vostro futuro ci sia un altro lavoro, più gratificante, più stimolante e più interessante, e nel frattempo spero che il vostro libro sia letto da tantissime persone.


Autore: AnarchiColf Anonima
Titolo: Cercasi colf. Pagamento metà in contanti, metà in natura
Editore: Narcissus
Anno di pubblicazione: 2014


Cliccando sull'immagine qui a fianco arriverete sul blog delle AnarchiColf Anonime, nella pagina dedicata al libro. Fateci un salto, ci sono un sacco di divertentissimi articoli e anche un'anteprima del libro.

martedì 8 luglio 2014

Perle folcloristiche

Inauguro oggi la sezione delle perle folcloristiche, ovvero piccoli aneddoti sulla mia vita qui, con tre episodi relativi ai mesi scorsi.

La paletta più bella del mondo.
Al supermercato, in coda alla cassa. Tra i miei acquisti c'è un'orrenda paletta per la spazzatura color oro, ovvero quella che costava meno.
La signora in coda dietro di me inizia a guardare insistentemente il mio carrello, e infine mi rivolge la parola.
- Senta, glielo devo proprio dire: quella paletta è bellissima.
- Ehm... grazie.
- No, è proprio stupenda. Dove l'ha presa?
- Nel reparto casa, vicino alle scope e agli spazzoloni.. dove ci sono per l'appunto le palette per la spazzatura.
- Ma in quale supermercato?
- (sono in coda alla cassa e sto per pagare: in quale supermercato l'avrò mai presa?) in questo supermercato...
- Ah! grazie. E' proprio bella.

E' cilindrico, si trova dentro alla lavatrice e gira...
Quando a Gennaio ci siamo trasferiti in questo appartamento, abbiamo ovviamente portato con noi la nostra fidata lavatrice, alla quale, prima di effettuare il trasloco, avevo rimesso i bulloni per bloccare il cestello, gli stessi che quando l'avevamo comprata mi avevano fatto impazzire.
Dopo esserci trasferiti ho quindi cercato un tecnico che venisse a fare gli allacci. Dopo due settimane e mezzo di panni lavati a mano finalmente ne abbiamo trovato uno. L'uomo si presenta un pomeriggio subito dopo pranzo, mentre sto lavando i piatti.
Gli apro, lo porto nello stanzino, gli mostro l'elettrodomestico e torno a pulire la cucina.
Due minuti dopo mi chiama.
- Madam, posso tagliare la spina della lavatrice?
- Come, prego?
- Nel muro non c'è la presa, c'è solo un buco per infilarci il filo... quindi taglio la spina in fondo al cavo elettrico e metto il filo lì dentro.
- Ehm.. non c'è un'altra soluzione? una prolunga?
- No.
- D'accordo.. tagli la spina.
Cinque minuti dopo mi richiama.
- Fatto. Ora dobbiamo far partire un giro di prova per vedere se la lavatrice funziona.
- Prima occorre togliere i bulloni sul retro.
- Bulloni?
- Si, quelli per bloccare il... ehm... - e qui casca l'asino, perchè non avevo idea di come si dicesse "cestello" in Inglese.
- I bulloni che bloccano quella cosa cilindrica che si trova dentro alla lavatrice e gira, ha presente?
L'uomo ha uno sguardo vacuo.
- Madam, ora azioni la lavatrice, così vediamo se funziona.
- No, non la possiamo azionare... dobbiamo prima togliere i bulloni. Ha capito di cosa parlo? Quelli che bloccano il .... cilindro che gira. Altrimenti nelle centrifughe la lavatrice saltella.

L'uomo non ha idea di cosa io stia dicendo, nemmeno dopo avergli indicato i bulloni. Come dire, niente male per un tecnico delle lavatrici!
- Va bene... si sposti.
- Come, madam?
- Si sposti. Li tolgo io. Ce l'ha una pinza?
Ci siamo scambiati di posto e gli ho mostrato come levare i bulloni, mentre lui mi guardava con occhi sgranati, a metà tra l'imbarazzo e l'ammirazione.

Il ratto nel soffitto
Era la fine di Marzo, l'antivigilia della partenza per l'Australia.
Immaginatevi la scena: la casa è piena di pile di panni stirati e da stirare, sacchetti, libri, borse, liste di cose da portare appiccicate ovunque. Le valigie giacciono aperte e piene a metà, io sono impegnatissima a lavare, piegare, pulire, spolverare, recuperare i cavetti delle macchine fotografiche e i caricabatterie, rintracciare quel maglione e quelle scarpe che potrebbero essere utili ma chissà dove sono finiti. C'è il frigo da pulire, l'aspirapolvere da passare, le lenzuola da cambiare e mille altre cose che devono essere ultimate entro domani pomeriggio.

In mezzo a tutto questo bailamme suonano alla porta. E' il tecnico che deve pulire le grate dei condizionatori.
Qui nel deserto il sistema di condizionamento è "di serie". Tutti i palazzi vengono costruiti con dei condotti per l'aria condizionata, e negli appartamenti in ogni stanza ci sono una o più grate da cui esce l'aria fredda.

Il tecnico non l'abbiamo chiamato noi, la pulitura tocca a tutti gli appartamenti obbligatoriamente, a rotazione.
Lo faccio entrare e torno alle mille cose che sto facendo.
Lui sistema la scala in soggiorno, si arrampica, svita le grate del sistema di condizionamento e le pulisce con uno straccio. Nel frattempo, visto che io sono nella stanza accanto, facciamo conversazione. L'uomo viene dal sub-continente indiano, probabilmente dal Pakistan o dal Bangladesh, come la maggior parte delle persone che vivono qui. Il nostro colloquio è difficoltoso perchè lui non capisce il mio accento e io faccio molta fatica a capire il suo.
- Da dove viene, madam? è americana?
- No, sono Italiana.
- Come?
- Vengo dall'Italia.
- Ah, l'Italia... e il marito è Italiano?
- No, mio marito è Americano.

La cosa scatena in lui un incomprensibile scroscio di risate. Nel frattempo finisce di pulire le grate del salotto e mi grida che va a pulire quelle del bagno.
Io gli dico che non ci sono problemi e continuo a stirare, piegando le camicie alla velocità della luce.
Poi prendo una pila di roba stirata e la porto in camera da letto. Così facendo passo davanti alla porta del bagno, giusto in tempo per vedere il tecnico che sta per salire sul ripiano dove c'è il lavandino, e dove, tra le altre cose, ci sono i nostri spazzolini da denti.
Butto la roba sul letto e torno indietro in fretta.
- Aspetti, tolgo gli spazzolini...
- Come? - risponde lui, poggiando la sua scarpa fangosa sul mio spazzolino.
- Oh, mi scusi, ho pestato questo - aggiunge subito dopo.
- Va bene, non c'è problema - gli dico. Pazienza, mi dico, gli spazzolini li ricompriamo.

Torno a stirare. Dopo poco sento una risata proveniente dal bagno, subito seguita dalle parole dell'uomo.
- Madam, può venire un attimo?
Corro in bagno.
- Madam, c'è un ratto, qui.
- COSA??? dove? ma vivo?
- Nel condotto dell'aria condizionata, morto.
La cosa sembra divertirlo enormemente. Io non ci trovo niente di divertente. Mi chiedo come sia possibile che il senso dell'umorismo cambi così tanto da paese a paese.
- Posso avere un sacchetto, madam? - mi chiede, mentre lo guardo sconvolta.
Gli porto il sacchetto. Lui infila una mano nel condotto e afferra il ratto morto, mettendolo nel sacchetto, il tutto ovviamente senza guanti.
Non ho parole. L'animale è grosso come un piccolo gatto.
Lui scende dal ripiano, chiude il sacchetto e lo depone nel corridoio.
- Poi lo porto via, madam.

Annuisco, senza parole, e torno a stirare, mentre pianifico una super disinfezione del bagno, più che altro per far andare via quel brividino che ho nella schiena.
- Ho finito, madam - mi urla.
Poi sento che apre il rubinetto della cucina. Vorrà lavarsi le mani? il fatto è che, accanto al lavandino, c'è la pila dei piatti puliti lasciati ad asciugare e non vorrei che dell'acqua sporca ci finisse sopra...

Corro in cucina per spostare i piatti. In effetti l'uomo non si sta lavando le mani. Sta lavando lo straccio lercio, quello che ha usato per pulire le grate.
- ASPETTTTIIIIIIIII!!! - gli urlo, ma è troppo tardi.

Calma. I piatti si possono lavare. Rilassati. Rilassati. Rilassati.

Mentre sto cercando di non dare in escandescenze lui mi fa un discorso incomprensibile.
Io lo guardo e, cercando di non pensare alla montagna di stoviglie che dovrò in qualche modo disinfettare, gli chiedo se gli sia già successo di trovare ratti in questo edificio.
Lui mi guarda.
- Non ha capito madam, vero?
- No.
Lui sospira e ricomincia a parlare. Mi concentro. Tip, sta dicendo tip. Vuole la mancia.
Se lui fosse stato Occidentale gli avrei dato una pedata nel sedere, altro che la mancia. Ma qui è diverso.
Lui ha davvero fatto del suo meglio e non ha colpa se i miei standard igienici sono diversi dai suoi. Il suo stipendio è probabilmente molto basso e la mancia che gli posso dare io, per quanto scarsa, per lui è preziosissima, e a fine mese sarà qualche moneta in più da spedire alla sua famiglia, nel suo paese.
Lo guardo, sospiro, e penso alle interminabili file di Pakistani che alla fine di ogni mese sostano davanti alle agenzie di money transfer.
Gli allungo una banconota.
- Grazie madam, grazie! - mi dice. Poi afferra il sacchetto col topo morto e se ne va.
Ora mi resta solo da disinfettare il bagno. E la cucina. E i piatti. Per fortuna che per finire di fare le valigie c'è anche la notte...

mercoledì 2 luglio 2014

Di luoghi mitici e ricette deliziose

Ho sempre amato la mitologia greca, da quando ho memoria. Una delle mie storie preferite è sempre stata il mito di Giasone e gli Argonauti e il loro rocambolesco viaggio verso la Colchide, alla conquista del vello d'oro. 
Come per tutti i miti, anche questo si presta a molteplici livelli di lettura. Quando ero bambina ne amavo soprattutto l'aspetto avventuroso, gli imprevisti, l'incontro con le Arpie, la minaccia delle Simplegadi, poi crescendo sono diventata più sensibile al lato umano della vicenda, la superficialità di Giasone e soprattutto, grazie ad Euripide, il dolore straziante di Medea e la sua atroce ed inumana vendetta. 
Penso che sia una storia bellissima, che, spogliata dall'aspetto mitico, è attuale in ogni epoca, in quanto propone sentimenti che sono propri di ogni essere umano e per questo comprensibili da chiunque.

Al di là dell'aspetto letterario, il mito contiene qualcosa di reale: la Colchide esisteva davvero, e la storia di Giasone è la prova di rapporti tra questa e la Grecia già nel V-IV secolo avanti Cristo.
Oggi l'antica regione è parte della Georgia, lo stato caucasico che si affaccia sul Mar Nero.

Tutto questo sproloquio era solo il preambolo per raccontarvi che, durante la nostra luna di miele, mentre visitavamo la bellissima città vecchia di Tallinn, in Estonia, mio marito ed io ci siamo imbattuti in un ristorante georgiano. 
Io non sapevo assolutamente nulla della cucina di questo paese, anzi, non sapevo nulla in assoluto sulla Georgia, eccetto quanto scritto sopra. Il nome della capitale, Tbilisi, mi ricordava vagamente vecchie notizie del telegiornale su disordini da quelle parti nei primi anni '90, ma ero troppo piccola per capire esattamente di cosa si trattasse.
Mio marito invece conosceva bene la cucina georgiana, e visto che era l'ora di pranzo mi ha proposto di entrare e mangiare lì e io ho accettato subito, affascinata dall'idea di provare "i piatti che mangiava Medea".
Ne sono rimasta conquistata, e la cucina georgiana è balzata in testa alla lista dei ristoranti etnici che preferisco.

Poco tempo fa abbiamo trovato un bellissimo sito che spiega nel dettaglio e con abbondanza di foto come realizzare i piatti georgiani.
Così, in quattro e quattr'otto, la scorsa settimana abbiamo invitato una coppia di amici e abbiamo organizzato una cena georgiana.
I piatti che ho cucinato sono stati:
- i khinkali, deliziosi fagottini di carne, una via di mezzo tra i ravioli e i dim sum cinesi (ricetta QUI)
- il kachapuri, una focaccia davvero squisita e particolare, con formaggio e uova (ricetta QUI)
- le polpette dell'Ossezia, decisamente caloriche ma molto buone (ricetta QUI)
- i gozinaki, delle losanghe di noci caramellate col miele (ricetta QUI)
- una sana insalata verde, per smorzare l'eccesso proteico :-)

La cena è stata un successo strepitoso, i nostri ospiti hanno spazzolato via quasi tutto quello che avevo cucinato (sono avanzati quattro khinkali e una polpetta), continuando a mangiare anche dopo che avevo portato via i piatti e servito il dolce. 
Le ricette sono davvero buone e i piatti vengono identici alle foto del sito. Ho solo qualche appunto da fare:

- per quanto riguarda i khinkali, il diametro del bicchiere usato per ritagliare i cerchi di pasta, nella ricetta è di 2,5 pollici ( circa 6,5 cm). A mio parere, per ottenere la misura "standard" occorre un diametro maggiore, sugli 8-10 cm. Io ho fatto metà dose, e avrei dovuto ottenere 15 khinkali. Con questo diametro ne ho ottenuti invece più di trenta.

- i minuti indicati per la cottura del miele dei gozinaki per me sono stati troppo pochi, al termine le losanghe di noci fuori dal frigo non stavano insieme ( il piatto è stato comunque molto apprezzato).

Concludo con una foto dei miei khinkali, l'unica che sono riuscita a fare.


PS: il sito che vi ho linkato non mi paga per pubblicizzare le sue ricette, ovviamente :-D