venerdì 21 giugno 2013

Questioni oleose, uno sfogo

I miei ricordi di bambina sono indissolubilmente legati alla casa di campagna dove vivevamo all'epoca. 
Il terreno comprendeva parecchie piante di ulivo, e durante l'anno era una gioia veder apparire i fiorellini bianchi (che si depositavano poi a quintali sulle scale) e poi i piccoli, preziosi frutti, che maturavano giorno dopo giorno diventando sempre più grossi e turgidi. 
Infine, in autunno, un intero weekend (a volte di più) veniva dedicato alla raccolta, sia delle olive già cadute sulle reti arancioni diposte da mio padre, sia di quelle ancora attaccate al ramo. Ricordo molte ore passate a raccogliere i piccoli frutti caduti, esaminandoli uno ad uno per controllare che non fossero ammuffiti o bacati. Ricordo la sensazione che si prova schiacciando tra le dita un'oliva matura, la sua consistenza, il suo odore, la sua pastosità. Le olive venivano poi raccolte in grossi sacchi o in cassette di legno e portate quindi al frantoio, dove mio padre si metteva in fila dietro "a qualcuno che so che non usa pesticidi" perchè il nostro olio fosse il più genuino possibile.
Infine portavamo a casa le latte o le bottiglie con l'olio nuovo, e nei giorni successivi organizzavamo un pranzo con i parenti perchè potessero godere con noi del piccolo tesoro appena racimolato.

L'olio d'oliva ha sempre avuto un'importanza particolare nella mia famiglia. Non è solo l'unico grasso utilizzato per cucinare, ma anche qualcosa di intrinsecamente prezioso, una sorta di oro liquido da usare senza sprechi.
"Se non hai nulla, tranne un bicchiere di olio d'oliva, allora non sei completamente povero" soleva dire mio nonno, e in famiglia si racconta la storia della mia bisnonna, che, colpita negli anni '50 da appendicite acuta (diagnosticata erroneamente dal medico condotto come un problema alle ovaie) si salvò bevendo dei cucchiaini d'olio d'oliva "buono" che il mio bisnonno andò a prendere apposta per lei dai contadini sulle colline. Forse la guarigione è dipesa dalla sua fibra robusta e non dall'olio, ma la vicenda ha comunque donato un'ulteriore patina di eccezionalità al succo dei piccoli frutti dell'olivo.

L'olio d'oliva, sempre e solamente extravergine, è quindi un cardine della mia tradizione culinaria. Ho imparato ad usare solo ed esclusivamente quello per qualunque tipo di preparazione (eccettuati i dolci), frittura inclusa. L'olio di girasole o quello di arachide vengono "tollerati" ma utilizzati in modo assai sporadico, ed escusivamente in ricette particolari. Tutti gli altri olii nella mia famiglia sono sempre stati guardati con disgusto e mia nonna racconta spesso, con tono carico di pietà, come una sua conoscente utilizzasse l'olio di sansa di oliva, da lei considerato il massimo dell'orrore alimentare.

Poi sono venuta qui, e qui, si sa, è un altro mondo.
Nello scaffale degli olii dei supermercati la parte riservata a quello d'oliva è piuttosto esigua e le bottiglie più grandi non superano il litro. Per qualche tempo ho comprato l'olio extravergine di oliva siriano, ma purtroppo le bottiglie di quella casa produttrice hanno spesso un problema che ne rende quasi impossibile l'apertura, quindi recentemente sono passata all'olio con la marca del supermercato, che dall'etichetta dovrebbe provenire da un paese europeo.
Olio extravergine di oliva, dice la composizione. Apro la bottiglia, lo annuso. Profumo quasi inesistente. Il colore è scialbo, non l'oro intenso con note verdi che conosco.
Ne verso un poco nella pentola, e non posso fare a meno di pensare che non ho mai visto un olio di oliva così liquido, e continuo a ripetermi cento volte, che sì, è sicuramente colpa della temperatura. La temperatura, certo. La temperatura. La temperatura....

Il resto dello scaffale degli olii è uno spettacolo poco edificante. Olio di lino e di canola in grande quantità, ma chi la fa da padrone è l'olio di palma, che non è proprio un toccasana. Anche le poche bottiglie di olio di girasole e di arachide secondo l'etichetta sono addizionate con l'olio di palma.

Il ristorante italiano del centro commerciale mette in bella vista, in caso qualche cliente fosse interessato all'acquisto, una latta da cinque litri che porta l'orgogliosa scritta "Olio di sansa di oliva italiano", come se fosse il non plus ultra della produzione italiana. E' una questione di mentalità.

Ma non resteremo qui per sempre, e questo mi ricorda un pomeriggio, durante il nostro viaggio in Australia, in cui abbiamo percorso una strada di campagna che costeggiava alcuni campi coltivati. Io guardavo pigramente fuori dal finestrino, e ad un tratto ho avuto un balzo al cuore: un oliveto. Quelli sono olivi, indubbiamente, riconosco l'albero anche ad occhi chiusi.
In Australia producono l'olio d'oliva, e questo è confortante, mi fa sentire quest'isola così lontana e diversa molto più vicina al mio cuore.
Trasloco, ti sto aspettando.

4 commenti:

  1. E che arrivi quanto prima il tuo trasloco, tesoro! Per l'olio di oliva e per un nuovo elettrizzante capitolo della vostra vita! Gli oliveti sono così affascinanti, tra l'altro... Un bacio, carissima Phaedra <3

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  2. Spero anch'io che arrivi il più presto possibile!!
    Un abbraccio

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  3. Mia cara ma come è possibile che il reader non mi avvisi dei tuoi post???
    lo odio!!!
    Comunque, ti capisco, anche mia nonna faeva l'olio e anche nella mia famiglia e un liquido quasi sacro.
    Speriamo che il trasloco arrivi quanto prima!
    ti abbraccio stretta!
    Sara

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    1. Cara Sara, purtroppo ho lo stesso problema, e anzi, ho scoperto che in quello che pensavo fosse per te "un periodo di pausa" col forum hai invece pubblicato tantissime cose!! e a me è apparso solo l'ultimo post..

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