martedì 9 ottobre 2012

L'anagrafe dei reietti esteri

Che l'Italia sia un paese con molti problemi è noto e risaputo, e questo diventa ancora più evidente nel momento in cui si va all'estero e si osserva il tutto da un altro punto di vista.
Ci sono però anche cose veramente ottime di cui prima non mi ero resa pienamente conto, come la copertura sanitaria gratuita. A meno di non avere esenzioni particolari si paga il ticket, ma il prezzo è comunque irrisorio rispetto al reale costo della prestazione medica, che sia una visita, un accertamento diagnostico o un ricovero ospedaliero. 
Devi fare le analisi del sangue? è facilissimo, se vivi in Italia. Vai dal tuo medico di famiglia, te le fai prescrivere e poi vai in ospedale a fare il prelievo. La facilità con cui abbiamo accesso a visite e test diagnostici è tale che conosco parecchie persone ipocondriache che sono andate dal medico di famiglia e si sono fatte prescrivere una marea di TAC, risonanze, ecografie ed esami ematochimici di cui non avevano assolutamente necessità, e che il medico ha firmato per evitare discussioni.

Per quanto criticato, a volte carente e problematico, questo mondo, questa facilità di accesso mi ha sempre rincuorata, mi ha fatto sentire tranquilla e protetta, sicura che se fosse successo qualcosa a me o ai miei cari qualcuno si sarebbe preso cura di noi.
Qui mi sono imbattuta per la prima volta in una realtà differente, dove non c'è la copertura sanitaria statale, ma tutto è legato alle assicurazioni.  
Se hai un problema riconosciuto come tale dall'assicurazione allora va tutto bene, paghi il ticket e basta. Se il tuo problema non è tra quelli coperti la cura è a tuo carico, e i costi sono alti. Molto alti. 
Qualche tempo fa ero rimasta sconvolta quando l'assicurazione aveva negato a mio marito la copertura per effettuare i normali esami del sangue di routine e lui, visto il costo, aveva deciso di non farli.
Ne abbiamo parlato con gli amici americani, abituati alle assicurazioni, e mi si è aperto davanti un mondo insospettato, dove quando hai un problema se l'assicurazione non ti copre e i soldi non ci sono devi lasciare il tuo paese e volare ad esempio in Thailandia, dove le cliniche private costruite apposta per gli Occidentali sembrano avere ottimi standard qualitativi per prezzi molto bassi (per noi).
I nostri amici ne parlavano come di una cosa normale, ma io, abituata al sistema sanitario italiano ero sconvolta, e l'idea di andare in Thailandia mi suonava strana e pericolosa.

Ero orgogliosa di appartenere ad un paese dove sicuramente la salute non è un diritto, ma la cura sì, quella lo è (pur con eclatanti casi di malasanità) e dentro di me covavo la tranquilla certezza che se avessi avuto problemi sarei potuta andare a curarmi nel mio paese.

Tutto questo è durato fino ad un paio di settimane fa, quando facendo i documenti per l'Australia mi sono resa conto che non avevo ufficialmente detto a nessun ente del mio trasferimento in Medio Oriente e che quindi per lo stato italiano io continuavo ad essere residente in Italia. 
Prima di partire ero andata all'anagrafe, dove mi avevano informata dell'esistenza dell'AIRE, Anagrafe Italiani Residenti all'Estero, facendomi però capire che la mia adesione era solo opzionale ma non obbligatoria.
Informandomi meglio scopro che in realtà l'iscrizione è obbligatoria per tutti gli Italiani che abbiano intenzione di risiedere all'estero per più di un anno, eccettuati gli studenti.
Vabbè, mi dico, farò questa iscrizione. Ma che vantaggi può portarmi?

Ho fatto un rapido giro su internet, e di vantaggi per me non ne ho trovati nemmeno uno. In compenso ho trovato una cosa che mi ha lasciata di sasso, e mi ha portata alle lacrime: con l'iscrizione avrei perso il diritto ad usufruire del sistema sanitario nazionale italiano. 
Non vivi qui? per noi non sei più nessuno. In caso di bisogno niente più medico di base, medicine, assistenza. 
Io sono Italiana. Lo sono i miei genitori, i miei parenti. Sono andata a scuola lì, i miei amici vivono lì. Conosco l'arte italiana, la sua cultura, la sua politica.
Eppure, se mi sentissi male, in Italia tutto quello a cui ho diritto sono le prestazioni di emergenza del pronto soccorso, esattamente come se fossi un'immigrata clandestina.
Non ci sono parole per descrivere come mi sono sentita, la paura, la sensazione che il mio paese, la mia patria, lo stato in cui ero nata mi avesse abbandonato. 

In preda all'ansia ho postato domande su Internet, in vari forum di Italiani espatriati. Non l'avessi mai fatto: sono stata insultata da perfetti sconosciuti. Chiedi informazioni? allora sei egoista, sei quella che vuole "fare la furba" ed evitare di attenersi all'obbligo di legge dell'iscrizione al registro, vuoi tenere il piede in due scarpe, vuoi godere di vantaggi a cui non hai diritto.

Poi ho capito che c'è sì l'obbligo di legge all'iscrizione, ma non essendoci sanzioni per gli inadempienti parecchi non si iscrivono e pur vivendo all'estero per lo stato italiano continuano a risiedere in Italia. Questo causa ovviamente l'ira degli iscritti, che vorrebbero che tutti i residenti all'estero fossero nella stessa (brutta) barca.
Io mi sono iscritta lo stesso, perchè mi ritengo una persona onesta, e se c'è una legge io la seguo. 
Non entro in merito alle polemiche tra gli iscritti e i non iscritti.
Forse sono davvero egoista, ma lo stato italiano mi ha abituata all'idea che la cura è un diritto, e non mi va giù l'idea che il diritto sia solo di alcuni. 

C'è chi dice che è un peso per lo stato. Ma se io non usufruisco del sistema sanitario nazionale come faccio ad esserlo? Voglio dire, vivo in Asia. Se ho bisogno dell'aspirina me la compro qui. In Italia sarei tornata solo per cose più serie.
C'è chi dice che il problema è che, visto che i medici di medicina generale possono avere solo un certo numero di assistiti, vivendo all'estero "rubo" il posto a qualcuno che vive in Italia. Ma era così difficile fare una categoria a parte? anche qui, ne avrei usufruito ben raramente.

Ma pazienza, magari queste obiezioni sono giuste e sono io che non le capisco.
Personalmente posso dire solo una cosa: l'Italia mi ha già disgustata abbastanza, e questa per me è stata la goccia che fa traboccare il vaso. 
Se un giorno, avendo due cittadinanze, dovessi decidere di abbandonarne una, non sarei certo presa dai dubbi su quale lasciare.



5 commenti:

  1. Mi dispiace.
    Mi rendo conto che vivere fuori sia difficile e ancor di più quando s'incontrano problemi di questo tipo.
    Comunque, qui in Italia, c'è una situazione insostenibile, ormai.

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  2. Ma dai, questa del "registro degli espatriati" non la sapevo proprio...

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  3. Ciao Phedra, sono Monica, quella che vive in Giappone. Ti capisco benissimo, anche io faccio ancora fatica a capire fino a che punti la nostra assicurazione ci copre p eventuali malattie serie. Ma deco dire anche che qui con la mia esperienza di parto e cure mediche p il bambino mi trovo molto bene. Quest'anno mi e' capitato tornata in Italia un piccolo incidente e all'ospedale siamo stati trattati molto male secondo me. Quindi per me e' stato un sollievo tornare qui e fare curare qui il mio piccolo, per fortuna eravamo coperti se no avremmo dovuto pagare un sacco di soldi!
    Comunque anche io prima di trasferirmi non avevo pensato anche a questi dettagli. E a volte e' dura accettare certe realta'. Forza e coraggio! E spiamo che la salute ci assista sempre!
    Per quanto riguarda la cittadinanza, forse non sei stata un po' esagerata, magari sull'onda della frustrazione del momento?

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    1. Probabilmente sì, sono stata esagerata. Mi sono sentita davvero abbandonata, soprattutto pensando alla pessima assicurazione che abbiamo qui. Ora stiamao vagliando varie altre assicurazioni, per essere un pochino più tranquilli.
      Sono contenta che in Giappone le cose vadano diversamente!

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    2. Non è' tutto rose e fiori, anche qui la copertura normale non ti garantisce per le cose serie e così si deve fare una assicurazione privata per le evenienze più gravi. Capisco perfettamente come ti sentì!

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